C’è una curiosa coincidenza di idee tra Massimo Cacciari, Ilaria Salis e Zerocalcare. Idee espresse da Cacciari in una lunga intervista sul Corriere, e dalla coppia Salis-Zerocalcare a Milano nello spazio Fabbrica del Vapore. E non si tratta dell’antifascismo, anche se l’incontro con l’europarlamentare e il disegnatore aveva come titolo “Questa notte non sarà breve. L’antifascismo è una responsabilità collettiva”, con oltre 1500 partecipanti. Il look è sempre quello: un po’ camouflage, un po’ etnico, molto attivismo e tendente al punkabbestia. Lo stesso attivismo che si vide al porto di Catania nel caso della Open Arms per il quale a Matteo Salvini sono stati chiesti dal pubblico ministero sei anni. Ma se all’etnico e al camouflage aggiungi anche i tweet di Cacciari allora potrebbe essere, come si dice, tanta roba. Il filosofo lo dice chiaramente: “Ci vorrebbe un altro ‘68. Non come quello vecchio, distruttivo ed estremista. Ma un ‘68 riformatore. Una rivoluzione culturale, che svecchi il linguaggio conservatore che domina sia a destra che a sinistra: nella politica, nei giornali, nella tv”. Come dire: un nuovo ‘68, con Cacciari al posto di Toni Negri. L’idea è allettante. Più che allettante. Anche perché, in epoca di Calippo Tour e OF non abbiamo più alcuna rivoluzione sessuale da fare: la caduta di tutti i valori profetizzata da Nietzsche - il nichilismo - è nei nostri device oltre che nella nostra anima. Sono stati anzi proprio loro a “realizzare” il vecchio ‘68 con la “fantasia al potere” e la sessualità liberissima (anzi il capitale si è appropriato felicemente di tutti gli ideali del “vecchio” ‘68). Al di là di queste considerazioni teoriche il discorso è molto più pratico. Cacciari lamenta una sinistra dedita a slogan, con le parole del filosofo: “Vanno avanti per titoli e zoppicano sui contenuti”. E invece, all’incontro con la Salis e Zerocalcare, nonostante il tema fosse l’antifascismo, si è parlato di contenuti, dalla situazione abitativa, a quella carceraria, persino della “pratica” della tutela delle minoranze.
La Salis ha spiegato di essere stata arrestata a causa di una legge approvata per contrastare gli assalti da parte di gruppi neonazisti (lei ha fatto il contrario). Quasi da controcanto, Cacciari sul Corriere critica gli slogan privi di contenuti di questa sinistra: “Va bene, più soldi per la scuola. Ma per fare cosa? La sanità, evviva quella pubblica. D’accordo. Ma anche qui siamo alle predicazioni”. Questo movimentismo, attivismo, noglobalismo o come volete chiamarlo, sembra in grado di dare insomma più fastidio alla sinistra che alla destra. Anche questo celeberrimo “campo largo” sembra più un gioco di poteri e spartizione, di posizionamento per attrarre una qualche area elettorale, che un vero e proprio laboratorio di idee e programmi. Peccato, perché pure da privilegiata la Schlein conosce bene quel mondo giovanile al quale si riferisce Cacciari parlando di un nuovo ‘68 culturale. Siamo alle solite: alla spasmodica ricerca del “centro” rimangono inascoltate le sollecitazioni che vengono dalla base. Non che la base e i giovani siano esenti da slogan, ingenuità e anfibi. Ma ci si potrebbe lavorare su. Cosa che la sinistra non vuole fare o che addirittura potrebbe temere di fare: il potere, appena lo si ha, si tende a conservarlo. (Caro Massimo Cacciari, tutti si dimenticano che Karl Marx era un hegeliano, e che la sua visione storica prevedeva le tre fasi del pensiero hegeliano, mentre mi pare, si fermino sempre a due, tesi e antitesi, e che si cada sempre nel materialismo dialettico, spero di averne la possibilità di parlarne con lei più estesamente, qui sulle pagine di MOW). Sembra insomma che i cosiddetti fermenti non preoccupino tanto la destra, quanto la sinistra. E questo è un paradosso politico conservatore.