Il dibattito sull’acquisizione di Banco Bpm da parte di Unicredit si è acceso con l’annuncio di un’offerta pubblica di scambio (Ops) da parte del colosso guidato da Andrea Orcel. Un’operazione ambiziosa che promette di creare il secondo gruppo bancario italiano e un campione europeo del credito, ma che ha incontrato un ostacolo inatteso: il governo, attraverso il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, ha evocato il “golden power”, mettendo in discussione il destino dell’operazione.
Cos’è il golden power?
Introdotto in Italia nel 2012, il golden power è uno strumento che permette allo Stato di intervenire in operazioni societarie che coinvolgono settori strategici per il Paese. Nato per superare le limitazioni della precedente golden share (bocciata dall’Unione Europea), il golden power consente al governo di porre condizioni, opporsi a determinate operazioni o dettare vincoli specifici su acquisizioni che potrebbero minacciare gli interessi nazionali. Originariamente limitato ai settori della difesa, sicurezza, energia e trasporti, il suo ambito si è esteso nel tempo includendo telecomunicazioni, intelligenza artificiale, robotica e, dal 2020, anche il settore finanziario e creditizio.
L’offerta di Unicredit su Banco Bpm
L’operazione proposta da Unicredit è una classica Ops, cioè uno scambio di azioni senza esborso di cassa, con un prezzo implicito di 6,66 euro per azione. L’obiettivo? Integrare le due banche per competere a livello europeo, realizzando sinergie operative e strategiche. Tuttavia, l’intervento del governo complica i piani. Giorgetti ha dichiarato che l’operazione “non è stata concordata con il governo”, ricordando che il golden power potrebbe essere applicato per proteggere la stabilità del sistema finanziario italiano.
Il governo può fermare l’acquisizione di Bpm?
Tecnicamente, no. Il golden power non consente al governo di bloccare direttamente un’operazione, ma gli permette di imporre condizioni stringenti o di dettare regole per tutelare gli interessi nazionali. Nel caso specifico, il governo potrebbe richiedere garanzie su aspetti come la governance, la tutela dei posti di lavoro o la sicurezza dei depositi.
L’operazione si inserisce in una strategia più ampia di consolidamento bancario, auspicata da molti esperti, tra cui l’ex premier Mario Draghi, per rendere le banche europee più competitive a livello globale. Unicredit è impegnata su più fronti, tra cui l’acquisizione di Commerzbank in Germania, dimostrando ambizioni che vanno oltre i confini nazionali.
La mossa di Giorgetti segnala la volontà del governo di esercitare un controllo sulle operazioni che coinvolgono asset strategici. Tuttavia, l’uso del golden power in questo caso solleva domande: si tratta di una vera tutela degli interessi nazionali o di un intervento politico in un mercato che dovrebbe essere libero?
Il destino dell’operazione dipenderà dalle negoziazioni tra Unicredit, Banco Bpm e il governo. Nel frattempo, l’intervento del golden power accende i riflettori sul delicato equilibrio tra iniziativa privata e protezione degli interessi nazionali. La partita è aperta: il superpotere evocato da Giorgetti sarà la chiave per risolverla o un ostacolo al consolidamento bancario italiano?
Solo in determinati casi, si può permettere una certa flessibilità o dialogo tra lo Stato e specifiche categorie economiche o imprese:
1. Accordi preventivi (Advance Pricing Agreement, APA): In materia di imposte sui redditi, le grandi imprese o gruppi multinazionali possono stipulare con l'Agenzia delle Entrate accordi preventivi, principalmente per quanto riguarda la determinazione dei prezzi di trasferimento (transfer pricing). Questi accordi servono a evitare conflitti e contenziosi fiscali.
2. Ruling fiscale: Questo strumento consente a determinate categorie di contribuenti di ottenere, da parte dell'amministrazione finanziaria, chiarimenti anticipati su questioni fiscali specifiche che riguardano l'interpretazione delle normative tributarie.
3. Regimi agevolativi: Ci sono regimi fiscali agevolati, che vengono concessi a determinate categorie economiche o settori. Ad esempio, esistono regimi fiscali agevolati per start-up innovative, per i lavoratori autonomi con regime forfettario o per i settori agricoli. Anche se queste agevolazioni sono stabilite dalla legge, possono essere frutto di negoziazioni o pressioni da parte di gruppi di interesse o associazioni di categoria durante il processo legislativo.
4. Convenzioni con associazioni di categoria: In alcuni casi, lo Stato o le Regioni possono stipulare convenzioni o accordi con associazioni di categoria per gestire la riscossione di determinati tributi o la regolamentazione di specifiche situazioni fiscali (es. il settore artigiano o agricolo). Tali accordi non modificano l'obbligo fiscale, ma possono facilitare il processo di pagamento o ridurre la complessità amministrativa.
5. Concordato preventivo e concordato di massa: Questi strumenti possono riguardare la definizione agevolata di controversie o la sanatoria di situazioni irregolari, ma di solito non rappresentano una negoziazione sulle modalità di assolvimento del dovere fiscale per una categoria intera, bensì piuttosto su singole posizioni debitorie.
In generale, mentre ci possono essere forme di dialogo e cooperazione tra lo Stato e specifiche categorie economiche, i principi di capacità contributiva e uniformità del trattamento fiscale restano alla base del sistema tributario italiano. Pertanto, una categoria economica non può trattare liberamente con lo Stato l'assolvimento del proprio dovere fiscale, se non all'interno dei limiti e delle condizioni stabilite dalla legge. Soprattutto non può trattare di non pagare imposte ma di anticiparne il pagamento previa totale esenzione di quanto sarebbe dovuto. Non fosse altro quale ristoro alla collettività di quanto indebitamente prelevato con l’esercizio asimmetrico delle prerogative di mercato.