Mi si nota di più se mi espongono in libreria ma sto in disparte, o se non mi espongono proprio? Direbbe il generale Roberto Vannacci, se mai il suo ghostwriter volesse parafrasare Nanni Moretti. Il coraggio vince, certo, ma il marketing è più forte anche del coraggio richiesto a un lettore per applicare le sue meningi a quasi trecento pagine di sciatteria egomaniaca, al netto delle teorie politiche o sociologiche che lasceremmo comunque da parte. Ma, considerazioni letterarie a parte, il caso Vannacci ormai è stato creato, e ce lo dobbiamo tenere, perché siamo entrati tutti in quel loop pubblicitario autoerosivo per cui le critiche valgono come altrettanti inviti alla lettura. Il fatto che Feltrinelli abbia scelto di non mettere il libro del Generale sugli scaffali lo prenderei anche come un favore fatto agli eventuali lettori, un po' come si faceva con i giornaletti porno nelle edicole, all'epoca della gnocca stampata, quando nascondevi le riviste sconcerelle dentro alla Gazzetta dello sport. Solo che le 300 pagine del Vannacci non le puoi nascondere nemmeno dentro a Guerra e Pace di Tolstoj, quindi ben venga, direi, se il lettore se lo fa spedire direttamente a casa. Ma non siamo qui per fare l'ennesima critica inutile e sterile al testo del generale, l'hanno già fatta tutti, compreso Saverio Tommasi, il cui semplicismo esasperato ci ricorda un po' lo stile di Vannacci; come si era detto per Biden rispetto a Trump, un Vannacci dal volto umano. Anche se poi forse è Vannacci a essere, malauguratamente, umano, troppo umano. Ad ogni modo, il fatto è che, dopo le polemiche che vi abbiamo già raccontato, per le dirette saltate durante le presentazioni in libreria, il generale aveva in programma un'intervista in diretta facebook, sempre con Rosy Canale e Sonia Cassiani, domenica, alle 19, in onda sulla pagina "Adesso parla Rosy" e non potevamo perdercela.
Immaginate una qualunque intervista di Fabio Fazio. Dimenticatela. Siamo su un altro livello, o dislivello. La parola d'ordine è libertà. Dopo qualche domanda introduttiva sulla libertà di parola, infatti, sul fatto che il pensiero del generale sia stato spesso travisato, Rosy Canale introduce un tema forte per i follower della sua pagina. Un problema sul quale è stata attaccata dal fuoco amico, soprattutto per le posizioni del generale a riguardo: i vaccini Covid. I cosiddetti no-vax, dice la giornalista, facendo il segno delle virgolette con le mani, sono un grande popolo che va anche rivalutato e rispettato, e tra questi ci sono stati anche molti militari: lei, chiede al generale, come si è posto di fronte a questa libertà di scelta? Vannacci dribbla la polemica da vero incursore, facendo la cosa che gli riesce meglio: la chiacchiera da bar. Premette che non è uno scienziato, dice che lui è stato personalmente nei paesi dove i bambini non si vaccinano, e che li ha visti morire come mosche, aggiunge che i vaccini sono stati realizzati frettolosamente, conclude che comunque la libertà finisce dove inizia la libertà degli altri, motivo per cui era giusto vaccinarsi ma anche no, perché poi la scienza, anche se lui non è scienziato, ricordiamolo, ha affermato che non era vero che un vaccinato non potesse contagiare un non vaccinato. A giudicare dai funambolici giri di parole, è pronto per le elezioni europee, a quanto pare. Lei è stato sospeso per aver liberamente detto la sua parola, gli si chiede: prova empatia per i dottori che sono stati sospesi per aver "salvato delle vite prescrivendo dei farmaci che il governo diceva di non prendere?" Vannacci è nuovamente salomonico: può essere d'accordo con chi segue le proprie idee, ma d'altro canto ha anche una ferrea deontologia sul rispetto categorico delle regole. Va bene la libertà, insomma, ma meglio le regole. Socrate sarebbe impazzito, ma non importa. Proseguiamo.
Passiamo alla realpolitik: se lei fosse stato al posto di Giuseppe Conte, cosa avrebbe fatto? Bisogna essere nella situazione, risponde Vannacci. Non lo sa. Probabilmente avrei impostato un atteggiamento più liberale, perché io sono così, dice. Incalzato, ripete: bisogna trovarsi nelle situazioni, sentirsi la responsabilità addosso. Bisogna avere lo zaino bello pesante. Niente da fare, per le intervistatrici, così passiamo a un altro tema caldo: la querela per diffamazione da parte di Paola Egonu. Ma non è facile mettere in difficoltà un generale, e magari non è che lo si vuole mettere davvero in difficoltà, così Vannacci ripropone il suo piano d'azione collaudato. La libertà, di nuovo. Lui è contrario a tutti i reati di opinione. Si definisce liberista, lo abbiamo capito, ma ci tiene a ribadirlo in ogni risposta. Di più: rispetto al caso Egonu mostra tutta la sua apertura mentale. La diversità è il motore che muove il mondo, parola del generale. Viva la diversità, ma la discriminazione è un'altra cosa, spiega. Identificare diversità e discriminazione porta all'immobilismo, aggiunge. Poi si vola: tanti anni fa si facevano i processi alle opinioni. Galileo Galilei ha dovuto ritrattare una verità. Galileo. Galileo Galilei. Roberto Vannacci. Roberto Vannacci come Galileo Galilei. Potremmo anche chiudere qui, ma le domande non lasciano scampo. Arriva la questione dell'uomo con la gonna, rispetto al quale Vannacci non si dichiara contrario, ma pretende la libertà di poter sorridere se lo vede. Vannacci si sente discriminato se viene chiamato genitore 1, anziché padre. Vannacci non sopporta le imposizioni dell'ideologia gender nelle scuole e nei media. Non si tratta di scontro generazionale, spiega, ma è stato un atto sistematico di indottrinamento. Un "procedimento sistemico", parola del generale, che poi si lancia in una critica al marxismo, non è uno scherzo: "se lei ci fa caso, il femminismo, l'ideologia green, per esempio l'essere tutti contro lo Stato di Israele, porta a quello che è una sorta di movimento contro il sistema per sfasciare quella società occidentale che negli ultimi anni ha garantito a tutti la libertà e il progresso e guarda caso è la stessa cosa che predicava il marxismo quindi io non vorrei che ci fosse una sorta di marxismo che però si è dipinto con altre salse ma che poi che diventa Woke". State anche voi immaginando Karl Marx che si dipinge il barbone lanoso con la maionese e la salsa barbecue? La cultura woke nasce come complotto contro Trump, saremo tutti cinesizzati, poi si cita il solito povero George Orwell, che se dovesse mai risorgere citerebbe mezzo pianeta in giudizio per danni di immagine, poi c'è il discorso sulla normalità, io non sono normale, dice Vannacci, e gli afroamericani sono fieri di definirsi tali, mentre se dici afroitaliano a qualcuno vai in tribunale. Vannacci non conosce bene Milei, non conosce bene Bandecchi, Vannacci non sa se si candiderà, ma è un poliglotta, è uno dei pochi poliglotti che abbiamo in Italia, gli dice chi lo intervista, Carla Bruni era molto carina, da piccolina, e stava di più coi maschi che con le femmine, e l'intervista si chiude così, col ricordo agrodolce del Vannacci bambino, che giocava parlando in francese con madame Carla, in un mondo che ancora non poteva conoscere l'ideologia gender e il marxismo woke in salsa rosa; un mondo in cui la libertà di parola era garantita, un mondo in cui non esistevano genitori numerali. Un mondo in cui non esistevano i libri del generale Vannacci.