Le ultime settimane per le auto elettriche sono state a dir poco devastanti. Un mercato in completo stallo, soprattutto qui in Italia dove non è mai esploso, numeri in continua discesa, e un cambio di direzione europeo che ha spiazzato tutti. Adesso anche l’Ue, prima con i report della sua Commissione e poi con quelli della Corte dei Conti, a cui si sono aggiunti vari studi di diverse società, come l’ultimo condotto da Goldman Sachs riguardo la crescita della richiesta di petrolio nei prossimi anni, sembrerebbe aver cambiato idea sui motori a emissioni zero. E chissà, magari si tratta solamente di una strategia in vista delle prossime elezioni di giugno; fatto sta, però, che le Ev (electric vehicle) hanno decisamente perso il loro fascino. Un tempo, nemmeno troppo lontano, venivano considerate l’unica soluzione per il futuro, oggi, invece, sono solamente un sogno infranto. E a calpestare i suoi frammenti adesso ci pensa anche l’Anfia, ovvero l’Associazione delle imprese della filiera italiana dell’automotive, che chiede una “pausa di riflessione - come chiamata da Filomena Greco su Il Sole 24 Ore -, nella regolamentazione europea e un deciso cambio di passo per riaprire la strada allo sviluppo dei motori alimentati con carburanti a basse emissioni”. Secondo il presidente Roberto Vavassori, “è necessario che la Commissione consenta, in maniera flessibile e competitiva, di continuare a produrre in Europa veicoli che utilizzino carburanti e vettori energetici decarbonizzati”. Insomma, la soluzione potrebbe nascondersi proprio nei carburanti alternativi, fino a questo momento quasi ghettizzati dalle politiche europee che hanno premiato solamente l’elettrico; e l’Italia in questo campo si giocherebbe una grande opportunità…
“I prossimi cinque anni - riporta Greco - saranno cruciali per la tenuta competitiva di un settore che in Italia rappresenta il 5,6% del Pil, fattura oltre 100 miliardi e occupa 230 mila addetti”. Il Belpaese, quindi, dovrebbe puntare sulla “pausa di riflessione” chiesta ad alta voce da Vavassori, secondo cui “al 2035 non basterà avere ‘zero local emission’ ma dovremo pensare a emissioni zero lungo tutta la catena di produzione, inclusa la parte relativa all’energia”. A dire il vero, questo punto toccato dal presidente dell’Anfia, è stato per lunghi tratti snobbato dalle politiche green, pur rappresentando un dettaglio fondamentale per la cosiddetta corsa alle famigerate emissioni zero; che poi in realtà zero non sono, almeno fino a questo momento. Comunque sia, si legge ancora sul 24 Ore, “il fattore competitività legato all’energia […] è al centro del futuro delle filiere produttive, una variabile - sottolinea la giornalista - che rende più fragili gli asset produttivi del Vecchio Continente rispetto a Usa e Cina”, e proprio per questa ragione, ha evidenziato Vavassori, “la futura Commissione dovrà dare risposte nel breve e nel medio-lungo termine”. Inoltre, sempre secondo il presidente, l’attuale stallo del mercato elettrico “può rappresentare un aiuto per l’industria italiana dell’auto perché prolunga la vita dei motori endotermici” che vedrà, sottolinea Greco, “un ruolo rinnovato per i processi di ibridizzazione dei motori”. Il segreto adesso sta nel saper utilizzare la filiera italiana “per pianificare - dice Vavassori - la transizione verso le nuove tecnologie, non solo l’elettrico”. Insomma, un po’ come la tesi sostenuta da Matteo Salvini e tutti gli altri ministri dei trasporti europei che hanno partecipato allo scorso G7 a Milano. Dovremmo, quindi, dare il via a una seconda vita per il motore endotermico, che deve affiancarsi, afferma sempre Vavassori, “allo sviluppo di una via europea all’alimentazione elettrica con nuove chimiche, nuove batterie e nuovi inverter, accanto a strategie di transizione innovativi basati su sistemi di ricarica ad induzione o smart grid capaci di sfruttare le batterie dell’auto”. Insomma, basse emissioni sì, ma non (solo) con l’elettrico.