Le guardi mentre non ci pensano e ridono, scherzano, fanno battute dopo aver ascoltato un vocale di un loro amico. Sono ragazze felici. Spensierate. Lo sembrano, in realtà. Perché sono due delle ragazze che accusano Alberto Genovese, che agli inquirenti hanno raccontato gli stupri e le violenze subite dall’imprenditore e che, per questo, sono state addirittura additate, giudicate e spesso offese. Ylenia e Martina. Sono le prime che ci mettono la faccia, che escono a viso scoperto, prima qui su MOW e stasera a Non è l’Arena su La7, e che dimostrano una cosa: questa storia, questa brutta storia, sarebbe potuta succedere a chiunque. Anche a te che leggi. Anche a te che giudichi. A tua sorella, a tua figlia. Anche a te che dici: io i miei figli li controllo, li chiamo continuamente. Anche a te che pensi: a me no, non sarebbe potuto succedere perché non andrei mai a infilarmi in una situazione del genere frequentando feste dove la droga viene servita nei piatti. Ebbene, anche loro pensavano così. Anche loro sono state attente. Anche loro hanno genitori presenti, che le hanno cresciute con una educazione severa. Anche loro hanno fratelli con cui si confidano, gruppi di amici che non c’entrano niente con quei party e quei giri. Non sono escort. Non sono ragazzine pronte a tutto, Ylenia e Martina sono ragazze normalissime che per una serie di leggerezze, di errori di valutazione si sono ritrovate nel posto sbagliato nel momento sbagliato. In questa storia, sul banco degli imputati, non c’è solo Genovese. C’è un sistema, una parte di Milano, e poi, come si spinge a dire Martina, «ci sono la mia ingenuità e la mia curiosità». Ingenuità e curiosità. Ma Martina ha 22 anni e se non si può essere ingenui e curiosi a 22 anni, quando è possibile esserlo? Con loro non abbiamo potuto evitare di parlare della violenza che hanno subito, delle conseguenze, ma questi argomenti li hanno affrontati già nella trasmissione di Giletti, due settimane fa, di schiena e con delle parrucche a coprirle. Quello che ci interessa di più è scoprire chi sono, da dove vengono, la loro infanzia, la loro adolescenza, quali sono le tappe che le hanno portate in camera di Alberto Genovese, a Ibiza o nella Terrazza Sentimento, perché hanno deciso di mostrare il loro volto e dove hanno trovato il coraggio per farlo.
Ylenia e Martina: chi sono
Ylenia Demeo ha 20 anni, bionda, alta 1,85, di Bari. Ha una camicia bianca, un filo di trucco, un jeans e Nike fluo ai piedi. Fa la modella di professione da quando ne ha 17, ha un fratello più grande di otto anni. I suoi genitori l’hanno chiamata Ylenia in onore della figlia scomparsa di Al Bano e Romina. Lei, al contrario di Martina, con Genovese ha avuto una vera relazione. Martina Facchini invece è a nata a Milano, ha il padre pugliese e la madre cinese, di Wenzhou: «Mio padre è di Bari come Ylenia, i miei si sono incontrati a Milano, mia madre si era trasferita in Europa con sua sorella». Anche lei indossa una camicia bianca, una collanina. Studia allo Ied di Milano. Le intervistiamo insieme. E durante l’intervista piangono diverse volte, ma trovano anche la forza di sdrammatizzare e ridere per cose futili.
Cominciamo dall’inizio. Cominciamo da chi siete.
Y: «Sono stata una bambina felice, spensierata, il rapporto con i miei è sempre stato molto bello, ci vogliamo bene, mio padre mi ha sempre coinvolto nell’azienda di famiglia. Poi a 16 anni mi sono un po’ ribellata, e appoggiata da mia madre a 17 ho fatto il concorso per entrare nell’agenzia Elite Model e sono stata scelta. Così mi sono trasferita a Milano».
M: «I miei invece sono separati quando avevo 12-13 anni, da allora non ho più avuto un buon rapporto con mio padre, ora è pensionato. Mia mamma è la persona per cui darei la mia vita, ha fatto di tutto per me, lavora con mio fratello nella loro azienda».
C’è un momento della vostra infanzia che vi è rimasto nel cuore?
M: «Il mio primo ricordo. Stavo temporeggiando sulla terrazza di casa in attesa di andare a scuola. Ero su un’altalena, sono caduta e mi sono fatta male, ho ancora la cicatrice sotto il mento. Ho tuttora in testa le immagini di mio padre preoccupatissimo che mi fa sdraiare dietro in macchina e mi porta in ospedale».
Y: «Per me il mometo più bello riguarda l'adolescenza, quando sono entrata in Elite: non avevo mai viaggiato, mio padre è sempre stato molto possessivo e venire a Milano ha significato tanto per me: la mia libertà, la mia occasione per crescere».
M: «Io sono cresciuta con una madre molto severa, per lei l'istruzione viene prima di ogni cosa. Ho praticato sei anni danza classica, tre di ginnastica artistica, suono l'arpa cinese. Ho passato tre anni in collegio in Cina, perché mia mamma voleva che imparassi le basi della lingua, una scelta di cui la ringrazio ancora. E adesso parlo 5 lingue: italiano, inglese, cinese, spagnolo e francese».
Scherza Ylenia, forzando la cadenza pugliese: «Io parlo il barese! E so fare molto bene le orecchiette, le lasagne, la parmigiana».
Il primo bacio?
Ylenia ride… «Alle elementari, a stampo, quello vero a 15 anni!».
M: «È imbarazzante! Io passavo le mie estati in Costa Azzurra e c'era questo ragazzo più grande di me, di Brescia, una sera mi ha portato sulle rocce a guardare le stelle, mi ha regalato un braccialetto e poi ha aggiunto: “Ti posso baciare?”. Ma dai, non si chiede! Così gli ho dato solo un bacio a stampo e dopo una settimana l'ho lasciato».
Che studi hai fatto?
M: «Ragioneria, ma volevo fare l’artistico. Però, appena mi sono trasferita a Milano, due anni fa, mi sono iscritta allo Ied, design della comunicazione».
Qual è il vostro sogno?
M: «Io voglio diventare un'art director, mi ci vedo tantissimo a realizzare le campagne».
Y: «Per questo fatto di Genovese mi sono dovuta fermare con i servizi di moda, non sto facendo più casting, devo recuperare la fiducia della mia agenzia, del mio booker, spero di potermi riaffermare in questo campo».
Aspetta un attimo. Tu sei la vittima. Perché dici che devi recuperare la fiducia della tua agenzia?
Y: «Li ho delusi molto, perché quando stavo con Alberto ero irreperibile h24, non rispondevo al telefono, ero inaffidabile».
L'incontro e le notti con Genovese
Adesso Ylenia e Martina si fidano una dell’altra, sono diventate molto amiche, si proteggono a vicenda. Per raccontare della loro amicizia non si può non parlare di Alberto Genovese, perché è stato lui il trait d’union. Il percorso che le ha portate da lui è quello che hanno già raccontato: le discoteche, un pr che propone di andare a finire la serata a casa di un amico, quell’amico era Genovese.
Ylenia: «Ci siamo conosciute a casa da Alberto, ma non ci eravamo parlate molto perché io non sono una che fa amicizia facilmente».
Martina: «Io invece sono più espansiva, poi siamo state tutte e due a Ibiza e adesso in pratica viviamo insieme».
Ibiza, attenzione. In una delle ville di Genovese delle feste sotto accusa. Qui avviene uno degli episodi di cui tanto si è parlato in questi mesi. Una ragazza si chiude in stanza con Genovese e la fidanzata Sarah Borruso e ne esce alle dieci di mattina in stato confusionale, non riusciva nemmeno a camminare. La ragazza era un’amica di Martina.
Martina: «Quando l’ho vista ho cominciato a piangere anche io, mi sono spaventata. Ed è stato lì che ho iniziato a realizzare che anche a me era successa la stessa cosa, perché, dopo aver frequentato Genovese, mi ero svegliata con dei buchi temporali e dei dolori atroci addosso».
Ylenia: «Quella sera avevo visto che Alberto era già aggressivo, mi prendeva i fianchi e mi stringeva, mi faceva male, quindi sono andata in camera, mi sono chiusa e poi la mattina alle 10 sono andata a fare colazione. E poco dopo ho visto Daniele Leali, l’amico di Genovese, che consolava Martina».
Facciamo un passo indietro, però. Come si concilia la genuinità di due ragazze normali con contesti del genere?
Ylenia: «Si concilia perché Alberto Genovese un mostro lo diventava. Di base era bravissimo, buffo, intelligente, ti prendeva con la testa. Stavo a casa sua, ci dormivo, ci pranzavo e cenavo. Si trasformava quando non dormiva per due, tre giorni, strafatto di cocaina, si incupiva e delirava».
Tu a Non è l’Arena hai dichiarato di volergli ancora bene, di non odiarlo.
Y: «Io l’ho conosciuto nel 2019 e già allora dopo qualche rapporto sessuale mi risvegliavo con dei segni sul corpo, dei graffi, ma io mai ho pensato a uno stupro, e avevo ricordi confusi. Poi, visto che Alberto non mi interessava, mi sono allontanata, ma a fine 2019 mi ha richiamato per andare con lui a Londra e a maggio abbiamo ripreso i rapporti, lui però era fidanzato e quindi erano occasioni sporadiche».
Tu ti drogavi?
Y: «Facevo uso di cocaina e basta, ma è successo poche volte».
E poi?
Y: «Siamo stati a Ibiza, a luglio, dove è successa quell’episodio».
Interviene Martina: «Ripeto, vedendo la mia amica mi sono detta: “Aspetta, qualcosa non va, ma non avevo realizzato fino in fondo. Lì per lì ho solo provato rabbia potentissima, volevo urlare».
Y: «Perché tu non pensi mai che puoi essere vittima di uno stupro, in camera con lui sono sempre entrata consenziente».
M: «Anch’io mai avrei pensato di aver subito uno stupro. Ma a Ibiza ho deciso di rompere i rapporti con Alberto».
Tu Martina quante volte ci sei stata a letto?
M: «Mai in maniera consenziente. Io mi sono resa conto, ma solo dopo, di essere stata violentata due volte. La prima a fine maggio, a Milano, la seconda a Ibiza».
Ma già questa promiscuità non vi risultava strana?
Y: «Ma noi non sapevamo una dell’altra».
M: «Io neanche, perché la promiscuità non era palese. Alberto era lì con la sua fidanzata e io ero molto vicina a un altro ragazzo dell’entourage, mi sentivo al sicuro con lui vicino ed era sempre lui che mi diceva: “Stai attenta perché lui è un tipo estremo”. E poi mi ha detto quella frase che è già venuta fuori: “Prima o poi ci scapperà il morto”».
Y: «Questo fa intendere che tutti sapevano. Io sono testimone di una volta in cui Daniele Leali, due giorni prima dell’arresto, dice ad Alberto: “Oh fra’, mi raccomando stai tranquillo, dormi perché sei fuori, datti una calmata”. Alberto all'inizio diceva: “Sì fra’, va bene, hai ragione sto esagerando” però poi comunque perdeva la testa. Tutti sapevano quello che accadeva, ma tutti lo temevano perché era potente e offriva tutto e tutti».
M: «Quando mi diceva quelle frasi io pensavo, ok Alberto è un po' feticista, gli piace giocare con le corde, legare… Ma non collegavo queste sue raccomandazioni con i miei buchi temporali nelle notti passate con lui. Le mie amiche mi dicevano: “Marti, figurati se non ti ricordi che hai avuto un rapporto, anche se ti eri fatta qualche botta di cocaina”. Invece, vedendo la mia amica in quelle condizioni, sono cominciati a balenarmi dei flash. E mi è tornata in mente una frase che Alberto mi aveva detto qualche giorno prima».
Racconta.
M: «Una sera che eravamo ad Ibiza siamo rimasti noi due a chiacchierare sul divano, continuava a dire: “Sono una bestia, sono una bestia”».
Come hai reagito?
M: «Sono rimasta zitta, in imbarazzo, non sapevo se credergli o meno. Anche perché era in una di quelle fasi in cui non capivo se riuscisse a distinguere la realtà dall’immaginazione».
Spiegatevi meglio.
M: «Dopo giorni e giorni che si drogava cambiava, lo vedevi dallo sguardo, e aveva le allucinazioni».
Y: «Diceva: “Shhh, le senti le voci? Oppure era convinto di capire cosa pensava tramite il mio respiro e si arrabbiava perché sosteneva che non gli stessi dicendo la verità».
M: «Era paranoico, ingigantiva tutto, sentiva rumori strani, passi che si avvicinavano o voci che gli dicevano che era una persona cattiva. Poi si fermava e aggiungeva: “Sì, io sono una bestia”».
A Ibiza si lascia con Sara, che lo tradisce con un suo amico…
Y: «Ne parlava spesso, non capiva come fosse possibile che una donna potesse tradirlo. E dopo un po’, tornati da Ibiza, continua a cercarmi. Alla fine cedo e vado a Mykonos con lui. Qui passiamo una vacanza bellissima, normalissima, non succede niente».
Ma perché non ti sei allontanata?
Y: «Perché non ero consapevole fino in fondo di quello che mi stava succedendo e delle altre ragazze non ho saputo niente fino all'arresto, quindi mai avrei immaginato una storia di tali dimensioni. Ma a ottobre, poco tempo prima che succedesse il casino che poi ha scatenato tutto il caso, io subisco la violenza che ricordo».
Vuoi raccontarla?
Y: «Ho solo dei flash, ma sono flash più lunghi: ricordo il dolore che provavo e adesso che ne riparlo è come se lo risentissi. Piangevo e gridavo e lui rideva, a lui piaceva sentirmi piangere…». Gli occhi di Ylenia diventano lucidi.
Ma per arrivare a non farvi ricordare niente qual era il suo modus operandi?
Y: «Noi non sappiamo nei dettagli come lui ci stordisse. Lo suppongo…».
M: «Io, sforzandomi, mi sono ricordata un momento…».
Quale?
M: «La prima volta che è successo il mio ultimo ricordo buono è che ero sdraiata sul letto, sballata sicuramente dalla cocaina, con lui che mi fa: “Dai, fatti un’altra botta”. Gli rispondo: “Albi, sono già molto fuori, sto bene così”. “Dai, su” insisteva lui. Allora ho fatto finta di tirare ma lui se n’è accorto e si è incazzato, quasi offeso: “Guarda che non mi devi prendere in giro”. Io negavo, lui continuava. E a un certo punto ha preso qualcosa e con un dito me l’ha passato sotto il naso. Ho cercato di pulirmi ma non è bastato. Da lì in poi blackout. Non mi ricordo più niente».
La vita adesso («Non drogarsi più»)
Quando è scoppiato il caso su tutti i giornali Martina contatta Ylenia: «A me non piace mostrare le mie debolezze, io non lo avevo detto a nessuno quello che avevo visto, sentito e provato, ma quando ho capito che lei era nella mia stessa situazione l’ho cercata». Ylenia: «E nel conforto ci siamo trovate, la nostra amicizia è l’unica cosa bella che ci ha lasciato questa storia».
Le altre quattro ragazze che lo accusano le conoscete?
M: «Conosciamo la protagonista che ha fatto scoppiare il caso, poi ci siamo noi e c’è la mia amica di Ibiza. Le altre due non sappiamo chi siano».
Adesso chi vi sta vicino?
M: «Stiamo tra di noi, Elisa Rivoira (l’ex amica di Genovese che adesso le assiste come una sorella maggiore) e pochi intimi».
I vostri genitori?
Y: «I miei hanno saputo tutto. O meglio, l’ha saputo mia madre, mio padre lo ha scoperto due settimane fa, ha 70 anni e una mentalità antica, quindi dirgli che frequentavo un uomo di più di 40 anni e che avevo subito uno stupro è stata dura. Ancora oggi lo vorrebbe menare. Anche perché, quando frequentavo Alberto, a mia madre ne avevo parlato. Lei, seguendomi su Instagram, era riuscita anche a mettersi in contatto con l’entourage di Genovese, vedendo le persone che taggavo e che erano con me nelle mie storie. Mi controllava, vedeva quello che facevo. Infatti si preoccupava, perché sparivo per giorni e giorni. Mia zia è riuscita a contattare anche il driver, non so come abbia fatto, che le aveva passato il numero dell’assistente di Genovese».
M: «I miei e mia madre in particolare ancora non lo sanno». Martina comincia a piangere. «La mia paura è deludere mia madre, farle scoprire quel lato mio che lei non conosceva, quello che si è lasciato andare. Io non voglio che lei pensi di avere buttato via tutti gli sforzi che ha fatto per crescermi».
Perché vi siete drogate?
Y: «La prima volta ero in discoteca, ero stra ubriaca, mi veniva da vomitare. Un ragazzo mi ha detto: “Vuoi un aiuto?”, ho detto sì. E lui: “Non fare niente, respira”, io ho respirato e boom, ho sniffato».
M: «Io non fumavo, non mi facevo le canne, la mia prima discoteca l'ho frequentata un anno fa a Milano, per capirsi. Il ragazzo che mi ha offerto il primo tiro è stato un professore della mia università, di lui mi fidavo e non c'è voluto tanto per convincermi, ma lui poi non ci ha provato con me, sia chiaro».
E poi?
Y: «E poi la droga a Milano è ovunque, in tanti sniffano, ma per fortuna nessuno è come Alberto».
M: «Dopo la prima volta, che era a maggio di due anni fa, ho fatto tutta l'estate senza toccare niente, non ne vedevo il motivo, poi a ottobre 2019, ritornata a Milano, oltre al mio gruppo di amici universitari, tutti ragazzi puliti, mi sono inserita in un altro che faceva vita mondana, là l'ho riprovata ed è iniziato un periodo che se me la offrivano ne usufruivo ma sempre senza esagerare. A me non piace nemmeno ubriacarmi, ma mi ha fregato la curiosità».
In che senso?
M: «Sono una persona responsabile, ma la curiosità mi ha spinto a capire che sensazioni potevo trovare trasgredendo, anche per questo ho accettato di andare a Ibiza. La mia, la nostra, è stata proprio ingenuità, perché ci siamo trovate alla scoperta di un mondo che non conoscevamo. E prima di conoscere Alberto capitava molto raramente di sniffare».
Y: «Quando tu, da ingenua, vieni catapultata in un mondo come quello di Milano, è veramente facile cadere in errore. Prima mi divertivo senza fare uso di cocaina. È vero che la prima volta l’ho provata senza Alberto ma è da quando ho cominciato a vederlo che ho iniziato a esagerare».
Dopo quello che avete vissuto cosa direste alle ragazze che si drogano?
M: «Che non bisogna drogarsi, mai. Che la droga è il male di tutto. Perché tu pensi di conoscerti, di essere una persona forte, capace di non farti prendere dalla dipendenza, ma non è così. Quello che ho imparato è che bisogna lavorare su sé stesse, capirsi nel profondo».
Y: «È il mio stesso pensiero».
La risposta alle accuse
Ingenuità. Sembra questa la parola chiave. Per questo anche l’avvocato che le assiste, Ivano Chiesa, ha deciso di difenderle: «Mi sono reso conto che sarebbe potuto succedere anche a mia figlia». Dice Martina: «Sì, può succedere a chiunque. È la convinzione che a te una cosa così non ti possa capitare che ti fotte». Ylenia: «La parola stupro non era proprio nel nostro vocabolario».
Eppure sono state molte donne ad attaccarvi. Vi hanno detto: “Andavate a drogarvi a casa di un milionario. Cosa vi aspettavate?”.
M: «Di divertirci, tutto qua».
Y: «All’inizio io non sapevo nemmeno chi fosse Alberto, che lavoro facesse, si vedeva che era agiato ma non mi interessava quello, mi interessava la leggerezza, il frequentare gente divertente, più grande».
M: «Io non ho mai percepito un centesimo da lui, zero, Genovese a me non ha dato mai niente».
Avete mai pensato di trovare un lavoro grazie a lui, di avere una raccomandazione?
Y: «No, anzi… La mia agenzia ha perso fiducia in me proprio perché quando stavo con lui non rispondevo al telefono e ho tralasciato tantissime opportunità. Davo retta a lui che mi diceva che la donna non deve andare all’università e non deve lavorare».
M: «Anche con me faceva certi discorsi, che la donna è stupida e anche se è intelligente non si deve applicare e non deve lavorare. Mi faceva: “Tu a 24 anni ti trovi uno che ti mantiene, a 27 fai una famiglia, così hai il futuro garantito, perché una donna a 27 anni è da buttare”. Io mi infuriavo, sono cresciuta con mia madre che mi ha sempre ripetuto: “Martina, mi raccomando, non devi mai dipendere da nessuno, devi essere una donna forte, hai le tue capacità, le tue abilità, realizzati».
E la sua fidanzata?
M: «Alberto diceva che si era innamorato della Sara perché lei sopportava i suoi atteggiamenti che ci provava con tutte anche davanti a lei, convincendola a fare anche giochi a tre. Quando c’era lei e lui cercava di toccarmi, io lo scansavo, mi sentivo proprio male.».
Vi hanno detto che siete ragazze senza educazione né punti di riferimento…
M: «Non c'entra niente, ho sentito dire: chissà dove erano i genitori? Mia mamma mica mi chiama alle 3 di notte per chiedermi dove sono! Non vivendo insieme come può controllarmi 24 ore su 24? Eppure è super presente».
Quante volte vi sentite con i vostri genitori?
M: «Tutti i giorni».
Y: «Mia mamma mi chiama 5-6 volte al giorno e come spiegavo, dopo due giorni che non mi sentiva, ha cominciato a cercare tutti gli amici che menzionavo su Instagram».
Vi hanno detto: "Queste ragazze non fanno niente dalla mattina alla sera, cercano la vita facile, sono delle escort".
M: «È quello che mi ha fatto più male, io studio, mi sono creata da sola, non mi mantiene nessuno, quando ho cominciato a studiare a Milano mia mamma mi ha detto che avrei potuto fare la pendolare senza alcun problema e che se volevo vivere da sola mi dovevo mantenere. Per un anno ho studiato e lavorato come cassiera, tornando a casa tardi dopo la chiusura».
Y: «Sentirci dare delle escort è assurdo, noi siamo lontanissime da quel mondo».
Vi hanno detto che avete un uso dei social provocatorio…
M: «Guarda qui». Prendono il telefono, aprono i loro account Instagram: nessuna foto provocatoria, nessun atteggiamento mal interpretabile. Sono solo i profili di una studentessa e di una modella.
Troppi uomini e troppe donne vi accusano, ma nessuno vi ha chiesto chi siete. Cosa leggete o guardate?
M: «Io da romanticona amo quei classiconi americani alla Bridget Jones, Notting Hill, Laguna Blu. Ultimamente mi sono fissata con Wes Anderson».
Y: «Mi piacciono molto i romanzi, nell'ultimo periodo sono onnivora di serie tv».
Vi piacerebbe finire in televisione? Tipo all’Isola dei Famosi?
M: «Non è assolutamente il mio, per questo motivo è stato difficile accettare tutto ciò, non voglio che la gente pensi che io stia marciando su sto fatto per avere un po' di notorietà. La mia aspirazione non è andare in televisione o ridicolizzarmi davanti a tutti quanti. Anche perché mia mamma mi darebbe una bella bastonata».
Y: «Non mi piace il trash».
Quando in tv vi hanno definite bambine avete pianto…
M: «Sì, perché mi sono resa conto di non esserlo più e che ho ancora tanto da imparare».
Y: «Ho pianto perché a 18 anni sono stata catapultata a Milano senza avere avuto una formazione e sono dovuta crescere troppo in fretta, e ho sbagliato, sono caduta nel peccato». Piange…
Quali sono i vostri valori?
M: «La libertà, l’educazione, l’amore».
Y: «La famiglia, il coraggio, l’indipendenza e una mentalità aperta che rispetti i valori e il lavoro altrui».
Qual è la vostra giornata tipo?
M: «Molto tranquilla, sto facendo la tesi sul design e la storia di Luxottica».
Y: «Divano, Netflix, tele, una sigaretta, caffè, divano di nuovo, e poi avvocato, questura, basta».
Perché metterci la faccia
Cosa rimarrà di questa vicenda a livello processuale è ancora troppo presto per dirlo, ma cosa questa vicenda abbia lasciato dentro le ragazze è chiaro. Martina si rivolge ad Ylenia: «Sono molto cambiata». Ylenia continua: «Tutti siamo cambiati non abbiamo più voglia di divertirci, abbiamo paura con chi uscire e con chi parlare». «Io sono tornata un po’ quella di prima» chiarisce Martina. «A 16, 17 anni ero fidanzata, facevo viaggi on the road, facevo surf, mi svegliavo presto. Nell’ultimo anno sono diventata meno seria, mi sono un po' lasciata andare, per fortuna il mio percorso universitario non ne ha risentito più di tanto; adesso voglio finirlo».
Con gli uomini come è cambiato il vostro rapporto?
M: «Su Instagram non rispondo a nessuno che non conosco. Nella vita reale tuto questo mi ha reso molto più egoista, nel senso che se una persona non mi piace divento maleducata».
Y: «Non so più se mi posso fidare o no di una persona. Io prima ero veramente una ragazza spensierata che pensava che la vita non mi avrebbe mai fatto del male. Non sto più vedendo nessuno se non le quattro persone di cui ho parlato prima».
Avete avuto un’altra storia d’amore dopo la vicenda?
Y: «Io sono inavvicinabile. Ogni volta che ho un uomo davanti penso che potrebbe essere al posto di Alberto».
M: «Sì, adesso mi sto frequentando con una persona che già conoscevo, perché non riesco ad aprirmi e conoscere gente nuova, ma sono anche molto stressata da questa situazione».
Perché?
M: «Perché lui non sa niente. Lui è un uomo che non si droga, sa che io ho conosciuto quel giro là e gli ha dato molto fastidio. Infatti devo dire che è anche per merito suo che che mi sono allontanata. E ho paura che quando glielo dirò non mi parlerà più». Piange ancora.
Vi siete più drogate?
M: «Adesso non mi faccio più, zero».
Y: «Neanche io».
Riuscite a dormire?
Y: «Vorrei cominciare un percorso terapeutico perché la notte è un inferno, non riesco a dormire. Chiudo gli occhi e ho la faccia di Alberto impressa davanti a me, a volte mi vengono dei flashback. E quando mi addormento faccio sogni confusi, rivivo momenti delle feste in cui stavo esagerando. Ma, è incredibile, spesso provo anche molto dispiacere per lui, ne soffro».
M: «Io ho dei crolli nervosi, mi sono resa conto che il male esiste. Mia mamma mi diceva sempre: “Tu sei troppo buona”. Ora non riesco a fidarmi di nessuno fino in fondo, nemmeno di Ylenia per esempio. E questa cosa mi fa impazzire. Quindi sì, vorrei andare in terapia».
Perché avete deciso di mostrare la vostra faccia?
Y: «Anche se mi fa male, io seguo ogni giorno tutte le notizie che escono sul caso Genovese e vedo cosa scrive la gente sui social. Voglio difendermi da questi attacchi. Io non sono una escort, i miei genitori lo sanno, per me la gente può pensare quello che vuole. Ma voglio avere la possibilità di difendermi, non voglio nascondermi. Perché penso sul serio che quello che è successo a me può succedere a qualche altra ragazza».
M: «Io ho più paura, soprattutto perché non voglio che la gente provi pietà, che mi dica: “Mi dispiace per quello che ti è successo”». Si emoziona…
Che consiglio vi ha dato l'avvocato Chiesa?
Y: «Lui ci ha sempre detto che i nostri genitori sono le persone che ci saranno sempre accanto e di affidarci a loro, sono le uniche persone che ti diranno sempre la verità e che non ci potranno mai fare del male».
Quindi Martina, come farai ad avvertire tuo padre che non senti da un po’?
M: «Un altro mio motivo di ansia è questo, dovrò trovare la forza di dirglielo. Non voglio che lo venga a sapere in televisione. E poi devo spiegarlo a mia madre». Piange ancora…
Se Alberto Genovese fosse qui davanti cosa gli direste?
M: «Lo ringrazierei, in modo sarcastico naturalmente. Per colpa sua sono entrata in un buco nero, ho iniziato ad esagerare, ma questo esagerare mi ha dato la nausea. Alberto mi ha aperto gli occhi sul fatto che abbiamo frequentato un mondo malato, io non sono così non sono questa qui. Ora ne ho la certezza».
Y: «Di ripigliarsi, di riprendere la sua vita in mano, perché aveva tutto per godersi la vita, di curarsi e di circondarsi di persone sincere, non di cagnolini, come faceva prima, i suoi amici erano tutti comprati».
Mandate un messaggio alle altre donne.
M: «Parlate di più, denunciate situazioni al limite, sono cose sotto gli occhi di tutti. E fidatevi del vostro istinto, cosa che io ho fatto quando era ormai troppo tardi».
Y: «Di divertirsi ma con la testa, tenendosi sempre molto distanti da situazioni ambigue».
Vi siete mai sentite in colpa?
M: «Sì, ne ho parlato con un mio amico e me ne sono vergognata. E questa sensazione mi perseguita ancora adesso. Mi vergogno per il fatto di non sapere cosa mi è successo fino in fondo, di aver perso i sensi, di essere stata stuprata. Io non voglio che la gente provi pietà per me assolutamente».
Y: «Io no, non mi sento in colpa».
Qualcuno vi ha riconosciuto a Non è l’Arena anche se eravate di spalle?
M: «Solamente un amico. Mi ha scritto due settimane fa e mi ha detto: “Ti abbraccio forte mi manchi tanto, ti ho visto in televisione e ti ho riconosciuta dalla voce”».
Y: «Chi doveva saperlo già lo sapeva, non ho nascosto niente a nessuno».
I tuoi genitori, Ylenia, che ti hanno detto?
Y: «Io sono due giorni che non parlo con i miei genitori perché vogliono farmi tornare in Puglia ma per me tornare in Puglia è darla vinta a chi mi ha fatto male». Comincia a piangere.
Tuo fratello?
Y: «È d'accordo con loro».
Dove trovi la forza per essere così coraggiosa?
Y: «Perché è una cosa giusta, io non mi vergogno di quello che mi è successo, non l'ho deciso io, non l'ha deciso nessuno, è capitato, e ora devo andare avanti».
M: «Non ci dobbiamo nascondere, non ci dobbiamo vergognare di niente. Chi si deve vergognare, chi si deve nascondere, in questa storia, sono altri».
Se poteste tornare indietro?
M: «Non avrei frequentato quel giro di persone che mi ha portato da Alberto. Sarei rimasta con i miei amici dell’università».
Y: «Troppo facile dirlo adesso, io sono una ragazza che voleva solo andarsi a divertire».