Scrittore estremo e irriverente, firma su Il Giornale, voce caustica e allergica alla banalità, Massimiliano Parente è anche uno che ti spiazza quando parla di ciò che ama davvero. Tipo i fagioli di Bud Spencer. Sì, proprio quelli. La storia di questi barattoli è già leggenda: nati quasi per scherzo da un’idea della famiglia di Carlo Pedersoli (al cinema Bud Spencer), portano il suo volto sorridente in primo piano e promettono un’esperienza culinaria “da film”, letteralmente. Lanciati sul mercato con il marchio Bud Power, sono arrivati nel giro di due anni a fatturare 10 milioni di euro. Dentro ci sono ricette rustiche, “da scazzottata” come nei film con Terence Hill: fagioli Tex-Mex, fagioli in salsa, fagioli “originali”, rigorosamente in barattolo da 400 grammi, pronti da scaldare e divorare possibilmente con il cucchiaio in piedi, come in una bettola del West. C’è chi li compra per collezionarli, chi per nostalgia, chi per fare una foto Instagram ironica. E poi c’è Massimiliano Parente che, appena li ha visti online, ha fatto quello che farebbe solo un vero fan: ne ha ordinate due scatole da sei, senza nemmeno pensarci. Per lui non è solo una questione di marketing o di culto da social: è una missione personale. “Era una vita che chiedevo a tutti di farmi i fagioli alla Bud Spencer, ma non mi fidavo mai che fossero veramente alla Bud Spencer. Le mamme e le nonne sono diffidenti… io invece amo i cibi in scatola”, racconta. Ciliegina sulla torta — o cucchiaio nel barattolo — è il ricordo del 1989, quando Parente faceva il servizio militare nella marina e si trovò per caso faccia a faccia con Bud Spencer in carne: “Mi sarebbe piaciuto mangiare i fagioli con lui, su quel rimorchiatore”, dice con la serietà di chi, anche solo per un attimo, ha sfiorato il proprio mito. Insomma, se questi fagioli stanno conquistando l’Europa, un motivo c’è. Anzi, ce ne sono sei per barattolo. E a Parente non ne è rimasto nemmeno uno.

I fagioli alla Bud Spencer sono buoni davvero o è più una trovata nostalgica?
Se li ho assaggiati? Appena li ho visti ne ho ordinati due scatole da sei, era una vita che chiedevo a tutti di farmi i fagioli alla Bud Spencer, ma non mi fidavo mai che fossero veramente alla Bud Spencer. Le mamme e le nonne sono diffidenti, ti dicono che preferiscono farteli loro, io invece amo i cibi in scatola.
Hai notato differenze tra i vari gusti o confezioni?
Ho provato solo la ricetta originale, ma sono attratto dai Tex-Mex, li riprenderò presto.
Secondo te sono più un prodotto da collezione o hanno anche un vero valore gastronomico?
Potrebbero essere anche da collezione, ma per diventarlo dovrebbero sparire, e spero proprio di no, anche perché stanno andando benissimo. Come la Campbell’s Soup Cans di Andy Warhol, c’è chi la compra solo per esporla, però essendo ancora in produzione non è da collezione. In ogni caso un barattolo su una mensola, magari vicino agli action figure non ci sta male.
Cosa ti ha spinto a comprarli, curiosità, affetto per Bud Spencer, marketing?
Sono cresciuto guardando i film di Bud Spencer e Terence Hill, appena li ho visti li ho ordinati senza pensarci due volte. Tra l’altro nel 1989 feci il servizio militare in marina, a Porto Santo Stefano, e a un certo punto arrivò Bud Spencer, che aveva un rimorchiatore adibito a barca da diporto. Mi sarebbe piaciuto mangiare i fagioli con lui, su quel rimorchiatore.
Li ricompreresti?
Certo che sì. Ne ho anche spedite delle scatole in regalo agli amici, come al mio migliore amico Gian Maria Sintoni, che vive a Udine e mi maledice amichevolmente perché ne è diventato dipendente. Quando diventi dipendente da qualcosa è bello, significa che ti piace. Almeno per me è così. Amo le dipendenze.
Hai notato se sono diventati un fenomeno tra fan o collezionisti, magari anche all’estero?
Sì, e non mi stupisce. I film di Bud Spencer e Terence Hill sono cult in tutto il mondo. A proposito, non sono stato pagato per dire queste cose, sia chiaro.
