Settimana barocca, questa, per i singoli. Soprattutto per merito di una Rosalía estremamente queer-friendly che gioca con eccessi (visivi e uditivi) di ogni sorta. Pop che osa, certo, ma il gusto? Quello che per dire ha Ornella Vanoni? Il pezzo etnico di Gigi D’Alessio/Khaled/Jovanotti (sì, avete letto bene) per quanto “conscious” ci riporta invece a terra. Dove Fedez polemizza con i media, Marracash rappa accanto a un sample di Ivan Graziani e la coppia Von Hausswolff/Cain stupisce per delicatezza e freschezza.
ROSALIA feat. BJORK & YVES TUMOR, Berghain
Cosa accade se una delle più grandi popstar contemporaneamente – nonché icona queer – va in modalità OTT? Accade che esce “Berghain”, pezzo che pare ideato e concepito (video incluso, ovviamente) da un Paolo Sorrentino che evoca lo spirito di un ipotetico nuovo Stephen Sondheim. Sì, “Berghain”, che vede allineati anche Björk e Yves Tumor è uno stilosissimo esercizio di stile saturo di archi esagitati, tocchi lirici e vezzi assortiti, un brano dove gli effetti speciali oscurano di gran lunga qualsiasi brandello di trama. Ma potevamo forse attenderci qualcosa di diverso da un’artista che qualche giorno fa ha presentato il nuovo album “Lux” – registrato con la London Symphonic Orchestra sotto la direzione di Daníel Bjarnason – lungo la Gran Vìa di Madrid con uno spettacolare evento da “dolce vita” al cubo? Attenzione, Rosalía è anche questo, non solo questo. Prendiamo quindi il teaser in questione per quello che è. Uno sfavillante e abbastanza vuoto divertissement. Che “Lux” accenda la vera luce.
GIGI D’ALESSIO/KHALED/JOVANOTTI, Diamanti e oro
Dove va in scena il sud del mondo. In chiave pop, ma in modo non del tutto stereotipato. Poi arriva il solito “conscious” Jovanotti che riporta tutto brutalmente a terra. Non che Gigi D’Alessio e Khaled stessero volando ad altezze siderali, ma il brano bilingue in questione – un ponte fra culture diverse, quella occidentale e quella araba – non suonava poi malaccio. Pop edificante ma non fastidioso. Poteva andare peggio. O diversamente.
FEDEZ, Telepaticamente
Poteva andare così, con Fedez che si lancia in uno strano “Non cambierò mai per i giornali che poi mi uccidono online ancora”. Sì, perché questa “Telepaticamente”, che non svetta ma non si inabissa neppure, è un discreto momento electro-pop in cui Federico si leva un sassolino dalla scarpa nei confronti dei soliti media sciacalli. Peccato che “The Ferragnez”, l’unico prodotto a suo nome di cui forse dovrà sempre vergognarsi un po’, se lo sia fabbricato lui, in compagnia ovviamente di Chiara Ferragni. Per il resto, quando Fedez ha tirato fuori il meglio di sé (alcune puntate di “Muschio selvaggio”, il rivelatore faccia a faccia con Dikele Distefano) i media (noi certamente) lo hanno applaudito, mica affossato. Vabbè, lui parla ai fans e fa bene. E infatti per il nuovo album (a quando?) l’attesa sembra alta.
MARRACASH, È finita la pace
Atterra in radio questo pezzo mica tanto nuovo che Marra estrae dall’omonimo album. Bello, dove il rapper – prima di Fabri Fibra con il maestrone Guccini – apre con un sample del grande canzoniere pop italiano (protagonista “Firenze (canzone triste)” di Ivan Graziani). Funziona tutto in questo pezzo che gira attorno al conflitto Tra verità e intrattenimento. Fuffa e coscienza. Forse “far fuori tutti questi brand”, detta da Marracash, fa un po’ sorridere, ma tant’è. Pop-rap adulto e inquieto.
ANNA VON HAUSSWOLFF feat, ETHEL CAIN, Aging young women
Esce il nuovo “Iconoclasts” e la talentuosa svedese Von Hausswolff ce lo anticipa, insieme a Ethel Cain, con questa “Aging young women”. Due voci femminili, unite e solidali, che emanano delicata ed eterea classe a ogni verso. Forse il ritornello, rispetto a tutto ciò che lo precede, suona come un anti-climax, ma il brano c’è tutto. Insinuante e insidioso. Un incontro nel nome del gusto.
ORNELLA VANONI, Senza di te
Gusto che non ha mai fatto difetto a Ornella Vanoni. Qui protagonista non un brano di 30 anni fa, ripescato dagli archivi, composto da Giorgio Conte. Siamo nel territorio, superbamente arrangiato (più per sottrazioni che per addizioni), di una Vanoni intima e quasi brasiliana. Bravissima nel fare propria una melodia mai invadente, ma anzi squisita nel suo entrare sotto pelle a piccoli passi. Un gioiellino (ora non più) sommerso che rende legittima un’agrodolce nostalgia per un’epoca ormai perduta della nostra canzone. “Senza di te” era fuori tempo massimo nel 1995. Oggi, trent’anni dopo, di quel tempo maledetto che tutto scandisce e misura non si occupa più e suona, semplicemente, come una breve masterclass.