Greco cerca greca. Senza metafore: è un annuncio sentimentale, di quelli resi desueti dalle app di incontri, a dare vita a questo romanzo. Un'opera teatrale in prosa, nell'intestazione dell'autore: ripensata oggi sarebbe la storia di uno sfigato che trova non solo la sua anima gemella su Tinder, ma riesce anche a svoltare senza nemmeno aver capito come ha fatto. Un funzionario anonimo che diventa il re degli influencer: il parallelo è puramente arbitrario, visto che stiamo parlando di un libro la cui prima edizione risale al 1955, ma in fondo i meccanismi delle relazioni sociali non cambiano mai, se non nella formalità dei mezzi che utilizziamo per comunicare. Arnolph Archilocos è il greco del titolo, trapiantato in Francia da generazioni, che rispolvera le sue origini quando è ora di cercare una compagna di vita. La cerca greca, come lui: forse un richiamo alle origini della cultura occidentale, europea, e insieme il desiderio di un futuro che ritorni in qualche modo alle radici. La tentazione di leggere l'annuncio che dà il titolo al libro secondo questa interpretazione è forte, anche se del tutto speculativa, perché il mood del libro sembra suggerire un'atmosfera d'altri tempi e, contemporaneamente, uno slancio verso il futuro che recuperi l'importanza che si dava alle domande, alle relazioni, alle persone. La Grecia, poi, è un elemento che ricorre anche nella carriera da pittore di Friedrich Dürrenmatt: Urano, Prometeo, centauri e minotauri. Si può leggere la società attraverso il filtro della mitologia?
La descrizione dell'aspetto di Archilocos ha un non so ché dello sfigato dostoevskijano, e vale la pena di citarla perché Dürrenmatt è un maestro della caratterizzazione. Il protagonista è uno “scapolo grassottello, nonché schivo filantropo, confinato in una fetida mansarda, trincerato dietro il suo latte e la sua acqua minerale”. Il classico burocrate grigio, medio, insipido e insipiente: la tonalità di contrasti perfetta per la grecità solare della controparte. L'incontro con la greca che ha risposto all'annuncio sembra la descrizione di un ritorno, di un incontro con la bellezza. Come quando ci si trova sotto le colonne del Partenone, al mare o al cospetto di qualsiasi altro monumento, naturale o artificiale che sia: “a questo sottocontabile di un sottocontabile, oberato di princìpi e sovraccarico di inibizioni, con i suoi calzini perennemente umidi e bucati e la sua camicia non stirata, i vestiti scappati di misura, le scarpe scalcagnate e le opinioni controcorrente si avvicinò una creatura di tale fascino, una vera favola di bellezza e grazia, una tale autentica giovane signora che Georgette non osò muoversi e Auguste imbarazzato nascose le gambe da ciclista dietro la stufa”. Georgette e Auguste, è utile dirlo, sono marito e moglie, e anche se sono due personaggi minori nell’intreccio della storia rappresentano un altro aspetto della società che fa un po’ da contraltare alla scala gerarchica idealizzata da Archilocos: la medietà piccolo borghese. O meglio, la vita vera, contro l’idealizzazione verticale della gerarchia adorata dal protagonista. Friedrich Dürrenmatt era anche un pittore, ricordiamolo, e questo aiuta a capire come i suoi romanzi siano un affresco in cui le ombre servono a sottolineare la luce, in questo caso rappresentata dalla greca provvidenziale che ha risposto all’annuncio.
Chloé Saloniki, questo il nome della ragazza, è un'orfana di immigrati cretesi salvata da una coppia di archeologi che aveva condotto degli scavi in Grecia. Come un reperto. L'importanza, di nuovo, di preservare la bellezza. La cultura è salvifica, e non può essere altrimenti; l'alternativa è la media ordinarietà di Archilocos, con il suo modo di vivere standardizzato e il suo “ordinamento morale del mondo”. Una gerarchia di importanza strettamente burocratica che serve al protagonista per dare un senso alla propria vita, e al cui vertice si trova il Presidente della Repubblica, in quanto massimo esponente dei funzionari. Da quando Arnolph incontra Chloé la sua vita cambia, ed è come se improvvisamente tutti i piani alti del mondo sociale si accorgersero dell'esistenza di colui che prima era soltanto un sordo e invisibile funzionario. Ottiene quella che oggi è una parola chiave del successo: la visibilità. Oggi la si usa, tramite gli hashtag, anche per pagare al ristorante o per farsi regalare dei vestiti, e Dürrenmatt ne è riuscito a cogliere l'aspetto assurdo già quasi un secolo fa. Tutti i vari imperativi del mondo social, diventa te stesso, conosci te stesso, imperniati sull’individualismo spinto, non hanno senso se non quello di mostrarci che, senza il riconoscimento della società, ma soprattutto del bel mondo, siamo tutti degli Archilocos. Finché però, come accade al protagonista del romanzo, non si scopre davvero cosa c’è dietro l’alta società che veneriamo, di cui parliamo tutti i giorni o che seguiamo sui social, credendo di vedere la loro vera vita reale. Lo scrittore svizzero è riuscito a dimostrare quasi un secolo fa che tutti, influencer e follower, sono dei grigi funzionari social, destinati a rimanere tali se non ci si sforza di cercare la bellezza altrove. Fosse anche Tinder, o la storia del pensiero e dell'arte occidentale.