Il pezzo s’intitola “Alièn a Milàn”, è fuori ora (sono fuori ora se contiamo anche il suo ideale lato B, “Palù a Palude”) ed è firmato E-Wired Empathy. Tutto troppo oscuro? Beh, l’enigmatico progetto vede allineati diversi musicisti coi fiocchi: Moreno “Il Biondo” Conficconi al clarinetto in Do (prima braccio destro di Raoul Casadei; poi con gli Extraliscio, ricordate?), Luca Nobis (chitarre), Stefania Morciano (voce), Siria (chitarra elettrica), Giovanni Amighetti (sintetizzatori e organo Hammond), Valerio “Combass” Bruno (basso) e Roberto Gualdi (batteria). Abbiamo quindi approfittato dell’uscita di questo brano per fare due chiacchiere con Moreno Il Biondo, autentico monumento vivente del più inconfondibile suono romagnolo, il liscio.
Partiamo dai gatti (veri) che campeggiano nel video di “Alièn a Milàn” e del gatto (di peluche) che ne è protagonista.
(sorride, nda) I gatti sono simbolo di Gatteo Mare, località dove vivo, molto cara a tutti noi. C’è un micione collocato in mezzo alla rotonda che dà accesso alla località. Inoltre i miei attuali compagni d’avventura hanno in repertorio una canzone intitolata “Drogatti”. Tutto torna, dai.
Che tipo di progetto è E-Wired Empathy?
Beh, si tratta di un gruppo di livello altissimo. Giovanni Amighetti è il produttore, ma con noi è anche musicista. Roberto Gualdi è stato batterista della PFM, Valerio “Combass” Bruno ha suonato con Raf e alla Notte della Taranta, Luca Nobis è direttore musicale del CPM di Franco Mussida a Milano. La nostra idea è che la musica sia un linguaggio empatico. Ci si ritrova e si suona come quando eravamo ragazzi e dovevamo scoprire un sacco di cose nuove. In realtà, di cose ne abbiamo scoperte già tante durante le nostre lunghe carriere, ma i vari progetti che ci vedono coinvolti ci permettono di mettere in condivisione suggestioni diverse. Musica come linguaggio assolutamente aperto. Una liberazione per uno come me che viene dal liscio, che è una musica particolarmente metodica
Ecco il liscio. Ma è vero che è un genere dannatamente difficile da suonare?
È difficile perché esige un’interpretazione. Lo devi conoscere bene per poterlo interpretare. E poi presenta difficoltà prettamente tecniche legate all’esecuzione. È un po’ come suonare musica classica. Soprattutto, è una musica che viene donata da chi la suona. Perché davanti hai gente che si diverte ballando. La priorità è il ballo. Mentre suono una polka osservo il ballerino, guardo se balla bene o male. La partitura, in fondo, è per lui. Quando si scrive un pezzo per il liscio bisogna subito pensare alla ritmica, basso e batteria. La melodia, talvolta, può essere sacrificata un po’, ma il ritmo no. Se poi su melodie che, di base, sono abbastanza semplici, si è in grado di armonizzare in modo originale, la questione si fa più interessante e si riesce a creare qualcosa di davvero speciale... Perché davanti hai gente che si diverte ballando.
Perché dopo Raoul Casadei nessun interprete del liscio ha conquistato le ribalte (e l’interesse) nazionali?
Perché Raoul è stato il Francesco De Gregori del liscio. Il nostro Guccini, il cantautore, il poeta. Aveva intuizioni melodiche folgoranti, adattissime per il ballo. Nonostante diverse orchestre siano state capaci di fare numeri altissimi, dopo di lui non c'è stato nessuno. Raoul pensava anche alla canzone e al testo oltre che al ballo. Ed era anche un grande manager musicale. Quando ho iniziato a suonare con lui negli anni ’90 – ed erano venticinque anni che suonavo ovunque con varie orchestre – ho scoperto un approccio completamente diverso alla musica. Era un artista vero, era il numero uno di un genere e poteva tranquillamente stare al tavolo con altri numeri uno di altri generi. Sapeva come entrare nel cuore della gente. Con la frase giusta, con un clarinetto che suonava in modo particolare. Hai mai sentito il sax ridere? O una tromba fare scale discendenti assurde? Quelli erano tutti elementi che lo rendevano unico e inconfondibile.

La sua eredità è andata forse un po’ perduta perché le orchestre hanno trascurato melodia e testi preferendo spingere sull’acceleratore del ritmo?
Si sono sbilanciate verso il pop. Oggi si scimmiotta il pop trascurando la grana e il suono di quegli strumenti che hanno sempre caratterizzato il liscio. Il sax, la fisarmonica. È come se la musica da ballo fosse diventata un format. Un format generico per il divertimento. In una sola serata si possono sentire salsa, merengue, cha cha cha, samba, disco music. È un frullatore di stili che prevede anche tante basi pre-registrate. La mia orchestra, di basi, non ne usa, questo è certo. Oggi molte orchestre usano la cassa dritta, infilano nei pezzi tastiere bruttissime. Che poi, a pensarci, c’è una canzone che ha fatto da spartiacque per il liscio: “L’emozione non ha voce” di Adriano Celentano. Quel brano aveva una velocità ideale per i ballerini, è diventata un apripista. Da quel momento le orchestre si sono sempre più tuffate nel pop. Pezzi di Vasco Rossi e Donna Summer, per dire. Un tempo si inseguiva Raoul, non il pop. Così finisce che un’orchestra si confonde con una qualsiasi cover band.
Invece tu cos’hai voluto fare con gli Extraliscio, progetto fantastico finché è durato?
Volevamo riportare l’attenzione su testi e melodie. Con armonie vicine alla tradizione. Mirko Mariani, inoltre, esprimeva la sua creatività con gli strumenti vintage come il mellotron, i sintetizzatori analogici. Un progetto che è diventato realtà grazie a Elisabetta Sgarbi, che ci ha indirizzato verso una direzione ben chiara.
Potremmo dire che E-Wired Empathy, per quanto ti riguardi, sia la continuazione del discorso iniziato con Extraliscio?
Sì, assolutamente, con un particolare in più. Giovanni Amighetti fa un lavoro grandioso prendendo come riferimento la mia musica. E così E-Wired Empathy mi permette di dialogare con qualsiasi tipo di musica. Abbiamo fatto un concerto con Trilok Gurtu, un altro con David Rhodes, chitarrista storico di Peter Gabriel. Trilok è stato da antologia. Mi seguiva, con le sue percussioni, sul mio fraseggio folkloristico. Straordinario. Ma è musica che si può immaginare (e fare!) solo se i musicisti che incontri sulla tua strada sono di altissimo livello.
Una curiosità che spesso insegue soprattutto chi abita da Bologna in giù. Qual è il segreto degli emiliano-romagnoli? Perché nasce tanta musica su questo asse? C’è un video su YouTube in cui Vasco, davanti a Ligabue, ospiti di Serena Dandini, afferma che il segreto è la gnocca.
Può essere (ride, nda)! Ma sai, noi siamo quelli dell'accoglienza, noi siamo felici quando vediamo un locale pieno, la gente che balla. Quando facciamo le jam sessions. Siamo esuberanti in tutto. L’ultima volta che ho incrociato Zucchero con la Nazionale cantanti abbiamo finito la serata duettando insieme su alcune sue canzoni. Zucchero adora il mio clarinetto in Do. Dice che è blues. Credimi, è una fortuna essere emiliano-romagnoli.
Altri duetti celebri al di fuori del tuo genere di riferimento?
Con Enrico Ruggeri, che mi piace molto. Anche il liscio è rock, dai. E il clarinetto in Do è rock-blues. Suoniamo viscerali, suoniamo ciò che sentiamo dentro, senza artifici.
