È bastato il danno economico per far tornare la Disney sui suoi passi. Non alti ideali come la democrazia o la libertà di espressione, no: è bastato disdire gli abbonamenti, e nel giro di una settimana, il late show di Jimmy Kimmel è tornato in onda. Già circolavano in rete le immagini degli operai che stavano sgombrando lo studio, ma tempo sei giorni, il comico e conduttore è già di nuovo in onda. Sono bastati la solidarietà dei colleghi di late show, una lettera firmata da circa 400 artisti e, soprattutto, un danno economico notevole.

I fatti sono noti: all'indomani dell'omicidio dell'attivista trumpiano Charlie Kirk, durante il suo monologo nel Jimmy Kimmel Live!, il comico aveva detto che la “gang MAGA” stava cercando di raccontare l'assassino di Kirk come qualcosa di diverso da loro per poterne trarre un vantaggio politico. Suboto dopo, a testimonianza di quanto Trump fosse affranto per l'omicidiodel giovane Kirk, Kimmel aveva mandato in onda uno spezzone in cui un giornalista porgeva le sue condoglianze a Trump e gli chiedeva come stesse; il Presidente, dopo aver risposto di stare bene, passava subito a illustrare la presenza di camion per l'inizio della costruzione di una sala da ballo alla Casa Bianca. Il monologo di Kimmel non era piaciuto ovviamente a Trump e a molto esponenti della destra, con successiva cancellazione dello show.
Che i comici venissero presi di mira, non è la prima volta: era già toccato al late show di Stephen Colbert, ufficialmente non rinnovato per bassi ascolti, ma additato pubblicamente da Trump sul suo social, Truth, per mancanza di talento. Nello stesso messaggio, il Presidente degli Stati Uniti aggiungeva: “Gira voce, ed è solo una voce, che Jimmy Kimmel sarà il prossimo ad andare via nella gara dei talk show serali privi di talento e, poco dopo, se ne andrà anche Fallon”. In effetti, poco dopo la mannaia si abbatteva su Kimmel: e così come già per Colbert, a cui i colleghi avevano subito dimostrato solidarietà pubblicamente durante i loro show, altrettanto è avvenuto con Jimmy Kimmel. Colbert, in onda in contemporanea al ritorno di Kimmel, ha ironizzato sostenendo che lo stessero guardando solo la moglie e il pubblico in studio: perché tutti gli altri, appunto, erano sintonizzati su ABC per il collega.
Cos'è successo dunque in appena una settimana? Che non solo gli altri comici come Jimmy Fallon, Stephen Colbert, Jon Stewart e Seth Meyers hanno preso apertamente le difese di Kimmel, ma il supporto è diventato una protesta: una lettera firmata da oltre 400 artisti, tra cui molti volti della stessa Disney, manifestanti sotto gli studi televisivi e soprattutto, una marea di abbonamenti Disney+ disdetti. Una perdita stimata in ben 4 miliardi di dollari in borsa, ragion per cui l'azienda è tornata sui suoi passi nel tentativo di correre ai ripari. Sebbene il il ritorno di Kimmel sia stato parziale, dato che mancavano all'appello le tv che lo trasmettevano localmente, il comico ha ripreso il suo posto forte del consenso di pubblico: ha chiarito che l'assassino di Kirk fosse una persona instabile, che non intendeva attribuire la colpa a un intero gruppo, per poi ringraziare tutti quelli che hanno speso parole per lui, incluse le persone distanti dal suo pensiero. Non solo, perché Kimmel ha potuto rincarare la dose: “Ho sentito anche conduttori di programmi di altri Paesi, dall'Irlanda e dalla Germania. Quello in Germania mi ha offerto un lavoro. Potete immaginare? Questo Paese è diventato così autoritario che persino i tedeschi dicono: vieni qui”. "La libertà di parola -ha aggiunto- è ciò che più viene ammirato di questo Paese, ed è qualcosa che mi vergogno a dire di avere dato per scontato, finché non hanno licenziato il mio amico Stephen e hanno costretto le emittenti che trasmettono il nostro show localmente a cancellarlo. Non è legale. Non è americano. È anti-americano". Infine, ha aggiuno riguardo Trump: "Ha provato in tutti i modi a cancellarmi. Invece ha costretto milioni di persone a guardare il mio programma. Ora forse vi tocca pubblicare i file su Epstein per distrarre il pubblico!”. Naturalmente non è mancata la stoccata a Disney, con tanto di messaggio che l'azienda gli avrebbe chiesto di leggere: per favore, riattivate gli account di Disney+ e Hulu.

La vicenda di Jimmy Kimmel è la dimostrazione che le pressioni si possono esercitare, che le proteste non sono inutili: basta puntare ai soldi. Che sia il tg in cui una giornata in solidarietà alla Palestina viene raccontata come un coacervo di facinorosi che distrugge le città, l'informazione di Report che soffre, per lo spottone governativo durante la domenica pomeriggio o, più in generale, per una Rai appiattita sulle posizioni governative. Oppure la satira che viene azzoppata. Ah giusto, noi un programma televisivo in cui si fa satira non ce l'abbiamo proprio: nel frattempo possiamo prendere esempio dagli americani, che avanno pure eletto un perosnaggio come Trump, ma alla democrazia non hanno ancora rinunciato.
