Un’immagine disgustosa, di questo si tratta. I terroristi di Hamas che sfilano per le strade di Gaza, con il corpo mezzo nudo e straziato di una donna uccisa. Come se l'orrore non fosse già abbastanza, la foto ha ricevuto un prestigioso premio come foto dell’anno dal Donald W. Reynolds Journalism Institute, una delle più importanti scuole di giornalismo al mondo. Ovviamente, il premio ha suscitato la feroce indignazione di coloro che hanno definito la vittoria “un’oltraggiosa profanazione della vita ebraica”. La povera ragazza ritratta nella fotografia era Shani Louk, una tatuatrice tedesco-israeliana di 23 anni, che era tra le decine di innocenti partecipanti al rave nel deserto del 7 ottobre, la festa dove i terroristi di Hamas hanno effettuato il loro attacco mortale che ha dato il via alla recrudescenza del conflitto. Shani è diventata rapidamente uno dei simboli della guerra, dopo che le immagini scioccanti del suo corpo senza vita nel retro di un camioncino hanno iniziato a diventare virali. La tristissima foto che ritrae il corpo martoriato di Shani Louk faceva parte di una raccolta di 20 immagini che fatto sì che l'Associated Press si assicurasse il primo posto in una delle categorie del premio International Pictures of the Yea. Il concorso, gestito dal Donald W. Reynolds Journalism Institute presso la Missouri School of Journalism, si autodefinisce come il concorso di fotogiornalismo più antico del mondo. La notizia della vittoria dell'Associated Press nella categoria "Team Picture Story of the Year" ha suscitato un'ampia reazione sui social media. Molti hanno criticato la vittoria , e hanno definito l'uso dell'immagine di Louk come un oltraggio al popolo di Israele.
L'orrore viene premiato, ma non è abbastanza. Nell'annunciare la vittoria dell'AP, infatti, gli organizzatori del premio hanno pubblicato l'immagine del corpo senza vita di Louk sulla loro pagina Instagram, immagine poi sparita (per scelta o per algoritmo, che di solito blocca i contenuti per molto meno?). Nel frattempo, comunque, molti utenti si sono lamentati, sostenendo che il concorso stesse disonorando la memoria di Louk. “La famiglia della vittima del 7 ottobre Shani Louk vuole che venga ricordata viva e sorridente. Uno dei più grandi premi di fotogiornalismo del mondo, organizzato da @RJI, ha calpestato i loro desideri, premiando una foto @AP del suo corpo mutilato", ha scritto un utente su X. Un altro ha twittato: “È così che scegliamo di ricordare la bellissima Shani Louk. Non permetteremo che la sua memoria venga calpestata dai delinquenti disumani che celebrano la foto AP del suo tragico omicidio”. Sul caso è intervenuto anche un politico repubblicano, il senatore Tom Emmer, definendo la vittoria, senza troppi giri di parole, come qualcosa di rivoltante: "disgusting". La bufera si è accanita anche su Ali Mahmud, il fotografo che ha scattato l’immagine, accusandolo di connivenza coi terroristi. Diversi sopravvissuti israelo-americani e americani hanno citato in giudizio l'Associated Press, nel mese scorso, per aver utilizzato le foto scattate da alcuni fotoreporter freelance, come Mahmud, ritenuti "affiliati di lunga data di Hamas e partecipanti a pieno titolo all'attacco terroristico".
Gli organizzatori del Pictures of the Year International hanno dichiarato al New York Post che la selezione di foto nella categoria esprimeva "le maggiori emozioni legate al conflitto in corso in Israele e Gaza". "Quest'anno e ogni anno, le foto in concorso vengono selezionate da una giuria di giornalisti professionisti incaricati di identificare rappresentazioni convincenti degli eventi di cronaca significativi dell'anno", ha affermato in una nota il direttore del concorso di fotografia, Lynden Steele. “Sebbene comprendiamo le reazioni alle immagini, crediamo anche che il fotogiornalismo svolga un ruolo importante nel portare l’attenzione sulla dura realtà della guerra”. Il punto è proprio qui. La questione riguarda non più soltanto il modo di fare giornalismo, ma investe una problematica sociale più ampia, quella del voyeurismo che non si ferma nemmeno di fronte all'orrore. Portare l'attenzione sulla dura realtà della guerra vorrebbe dire normalizzare la brutalità del martirio e della tortura? Premiare una fotografia del genere non vuol dire deprezzare il valore della vita? Se diventa instagrammabile anche la tortura, ci sarà ancora qualcosa che rimane inaccettabile? C'è bisogno di vedere questo genere di foto, per condannare la guerra? Non si potrebbe farlo a prescindere?