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La Mostra (o la messa?) del cinema è finita. A Venezia i premi: “Oh Shit”, Jarmusch è il Leone d’Oro, Servillo “anti-prolisso” e Pizzaballa da Gerusalemme (“vero Papa” o “equidistante”?)

  • di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

  • Foto: Ansa

7 settembre 2025

La Mostra (o la messa?) del cinema è finita. A Venezia i premi: “Oh Shit”, Jarmusch è il Leone d’Oro, Servillo “anti-prolisso” e Pizzaballa da Gerusalemme (“vero Papa” o “equidistante”?)
Il Leone d’Oro va a sorpresa a Jim Jarmusch con Father Mother Sister Brother, mentre il favorito The Voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Haifa si ferma al Gran Premio della Giuria. La serata finale è stata segnata da interventi politici sulla Palestina, tra la denuncia di Ben Haifa, le parole di Buttafuoco e il videomessaggio del cardinale Pizzaballa. Premi anche all’Italia: Gianfranco Rosi per il miglior documentario, Benedetta Porcaroli e Giacomo Covi in Orizzonti, Toni Servillo alla sua prima Coppa Volpi

Foto: Ansa

di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

La Mostra è finita, andate in pace. Il red carpet verrà arrotolato e rimesso al suo posto, ora che i premi sono stati tutti assegnati. Il Leone d’Oro l’ha vinto a sorpresa Jim Jarmusch con Father Mother Sister Brother, che Paolo Mereghetti sul Corriere della sera ha definito un “surrogato di minimalismo” che forse “non convince”. O almeno non convince a sufficienza da giustificare il Leone più prestigioso. In verità molti - quasi tutti - si aspettavano che a vincere fosse The Voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Haifa (Leone d’argento – Gran premio della giuria), e non solo perché, come malamente ha commentato Il Foglio, è un film che fa “pornografia del dolore”. Alexander Payne, presidente di giuria, si è giustificato per il “poco coraggio” dopo la cerimonia dicendo che è mancato uno “zero virgola” a The Voice per vincere. Fatto sta che a salire sul palco è stato Jarmusch: “Oh shit” e occhiali da sole, ricordo dei veneziani Casanova e Terence Hill, cita il suo collega americano, Benny Safdie (Leone d’Argento per la miglior regia con The Smashing Machine), e il suo discorso umanamente politico. Il primo gesto sociale, dicono, è l’empatia. Su quella base si può costruire una prospettiva che sia anche politica. Ancora Jarmusch, infatti, chiarisce: “L’arte non necessariamente deve parlare di politica per essere politica”. A fine cerimonia, però, aggiunge: “Non voglio il sostegno del governo di Israele e non voglio che il mio film venga mostrato da loro”. Decisamente più diretta la regista di The Voice: la storia di Hind Rajab “è tragicamente la storia di un intero popolo che sta subendo un genocidio inflitto dal regime israeliano che agisce con impunità”. Ben Haifa fa i nomi, sia del crimine che dei suoi autori. Tra l’intervento della regista tunisina e lo speech finale di Pietrangelo Buttafuoco c’è Jarmusch, ma il passaggio è comunque brusco. È evidente che questa premiazione è influenzata dalle polemiche di inizio Mostra. Il direttore della Biennale, infatti, parla del suo cuore rimasto fermo alle parole della bambina nel film, della sofferenza del popolo palestinese e di come questa è stata inclusa anche in questa manifestazione: “L’angelo della storia è stato seduto in sala in questa edizione”. Lancia così il videomessaggio del cardinale Pizzaballa da Gerusalemme che chiude la premiazione.

Kaouther Ben Haifa, regista di The Voice of Hind Rajab, riceve il premio a Venezia
Kaouther Ben Haifa, regista di The Voice of Hind Rajab, riceve il premio a Venezia Ansa
I commenti al discorso di Pizzaballa
I commenti al discorso di Pizzaballa
I commenti al discorso di Pizzaballa

Sulle parole dell’eminenza si dividono i social: chi parla dell’insufficienza del suo discorso, di equidistanza, e chi, invece, parla di lui come il “vero Papa”, o comunque del pontefice mancato, più schierato di Leone XIV, fotografato nei gironi scorsi insieme ad Herzog. Non serve parlare della cronaca, dice Pizzaballa, quanto del linguaggio e della capacità dell’arte di ritrovare una dimensione non violenta: “Se tu deumanizzi l’altro nel linguaggio, nelle parole, poi il passaggio alla violenza fisica e reale è solo questione di tempo”. C’è soddisfazione anche per gli italiani: Gianfranco Rosi si è preso il premio per il Miglior documentario (Sotto le nuvole), Benedetta Porcaroli e Giacomo Covi i premi per le migliori interpretazioni nella sezione Orizzonti. Toni Servillo, invece, è tornato sul Lido per ritirare la sua prima Coppa Volpi (senza Sorrentino in sala, morettianamente assente). Anche lui bersaglio delle critiche per il discorso troppo poco radicale sulla Palestina e il ritiro degli inviti a Gal Gadot e Gerard Butler, ha comunque voluto salutare e manifestare il suo sostegno alla Global Sumud Flotilla. Niente Coppa Volpi – Miglior interpretazione femminile per Valeria Bruni Tedeschi, di cui si parlava come possibile favorita qualche ora prima della cerimonia per la sua prova in Duse, di Pietro Marcello. Invece, il premio è andato all’attrice cinese Xin Zhilei di The Sun Rises on Us All. Servillo, non troppo elegantemente, le ha fatto notare la lunghezza del suo intervento. Meno prolissa Valérie Donzelli, vincitrice del premio per la migliore sceneggiatura di per À Pied D'Œuvre, di cui è stata anche regista. Emanuela Fanelli porta avanti la scaletta e dichiara conclusa la Mostra, l’abito Armani (grandi applausi in sala per lo stilista scomparso) è da riporre nell’armadio. Al Lido come ogni volta è già quasi inverno.

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Toni Servillo con la Coppa Volpi Ansa
https://mowmag.com/?nl=1

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