La creatività è fatta di sottrazione. Talvolta, questa sottrazione arriva fino all’osso. Fino all’assenza di voce. Questa è la strategia impiegata da Toshio Suzuki, co-fondatore di Studio Ghibli e responsabile del marketing dell’ultimo film di Hayao Miyazaki, Il ragazzo e l’airone. Non erano stati rilasciati trailer (almeno fino all’uscita in Giappone), niente conferenze stampa o annunci di nomi altisonanti, magari come doppiatori. Una promozione ridotta al minimo. Come ricordato dallo stesso Suzuki, anche il leggendario disegnatore era un po’ preoccupato per la ristrettezza della campagna marketing. I social, gli influencer e la politica ci hanno abituato a messaggi costanti, ridondanti e pervasivi. Vince non chi parla meglio, ma chi parla di più. Quando alle spalle c’è un autore come Miyazaki, però, basta tacere per diffondere la curiosità. “Secondo me, in quest’epoca di così tante informazioni, la mancanza di informazioni è intrattenimento. Non so se funzionerà. Ma per quanto mi riguarda, io ci credo”, ha detto Suzuki durante un evento in Giappone. Nello speciale uscito su MOW sulla cannibalizzazione dei film d’autore abbiamo sottolineato l’importanza della comunicazione di un’opera cinematografica. Nelle interviste ai critici Gianni Canova, Paolo Mereghetti e Piera Detassis è emersa spesso la necessità di rivedere le priorità nel momento del rilascio di una pellicola: il sostegno a marketing e distribuzione deve andare di pari passo a quello alle produzioni, se non addirittura superarlo. Ci sono alcuni esempi, però, che dimostrano che non servono centinaia di milioni di dollari per comunicare in maniera efficace il proprio film. Alice Rohrwacher ha fatto un semplice video insieme all’attore Josh O’Connor per spingere il grande pubblico in sala a vedere La chimera. A24 negli Stati Uniti investe risorse e idee per le proprie campagne: dagli avatar artificiali lanciati su Tinder per il film Ex Machina, alle vetrine di New York infestate dai fantasmi in vista dell’uscita di Ghost Story, l’autorialità deve (se non si vogliono le sale vuote, come nel caso di Misericordia di Emma Dante) inserire il marketing nell’equazione. Nel caso de Il ragazzo e l’airone di Miyazaki, la strategia consisteva nel far parlare l’autore stesso e la sua opera senza appendici. Come quell’amico che, dopo una grande serata, se ne esce con: “Ti dico solo che…”. Una sospensione che non può che muovere la curiosità.
In Giappone è stato il film di Studio Ghibli che ha guadagnato di più nel primo weekend, superando Il castello errante di Howl. Anche l’apertura nelle sale italiane è da record: quasi 900 mila euro di incasso. In Francia, parallelamente, Il ragazzo e l’airone è diventato il maggior successo del maestro Miyazaki. I risultati in termini di box office, comunque, sono destinati ad aumentare. Sarà da vedere, poi, se arriveranno i Golden Globe, dove il film corre per le due categorie miglior film d’animazione e miglior colonna sonora originale. Il silenzio sembrerebbe pagare. Toshio Suzuki, comunque, ha una lunghissima esperienza ed era perfettamente consapevole che sarebbe bastato un solo disegno, quello del poster di lancio, per muovere le masse. In più il precedente film di Miyazaki, Si alza il vento, risale ormai a dieci anni fa. Le voci che descrivevano Il ragazzo e l’airone come l’ultimo film del maestro giapponese hanno fatto il resto. L’ennesima dimostrazione che tra promozione e autorialità non c’è conflitto. Sperando che anche i registi italiani possano capirlo.