Siamo a Shoreditch, nell’est di Londra. Da qui parte il Carbonara-gate, il “grande rifiuto” di un ristorante italiano nella capitale inglese: mai più carbonara nel locale. Si tratta di Bottega Prelibato e il suo proprietario, romano de’ Roma, Gianfilippo Mattioli, si rifiuta di aprire a contaminazioni: “Qui molti clienti mi chiedevano di aggiungere panna, funghi o pollo alla carbonara. Non è accettabile. Meglio non cucinarla a questo punto”. Una presa di posizione che potrebbe avere un doppio effetto: far stranire qualche figlio della corona e attrarre l’attenzione su di sé. La gastronomia, in effetti, sembra entrarci poco. Una sorta di campanilismo di ritorno, o semplice nostalgia di casa, il cui interludio fondamentale è la premessa dietrologica: “Molti vogliono farci credere che la carbonara non sia più italiana, ma non è così”. La grande rinuncia alla carbonara arriva anche per un altro motivo. Se il cliente ha, normalmente, sempre ragione, alla Bottega Prelibato non si fanno modifiche su richiesta. Guai a voler aggiungere panna (tra l’altro prevista nella ricetta italica di Gualtiero Marchesi, 1989), funghi o altro. Il problema? Poi arrivano, naturalmente, le cattive recensioni su Google Maps: “E questa forse è la cosa più difficile da accettare perché molto spesso chi mangia da noi ed è soddisfatto non scrive commenti online. Mentre quelli che non apprezzano la carbonara originale si fiondano a criticare, con affermazioni negative [è la definizione di critica, ndr], bullizzanti o persino razziste come ‘mi sembra di aver mangiato all’indiano’.
Mattioli vive da ventiquattro anni a Londra, sufficienti evidentemente per accettare la lingua di Mr Bean ma non i suoi costumi. Un tentativo fallito di meticciato enogastronomico che porta il ristoratore, cinquantadue anni, al gesto estremo, accolto con sano orgoglio nazionale da molti follower: “Non piegatevi ai voleri dei clienti”, “La vera carbonara ha una sola ricetta”. Così, i discendenti di Renato Gualandi, che con questa – probabile – invenzione unì alleati a qualche rimasuglio italiano e antifascista, tagliano i ponti con la Manica, con la loro strana perversione per i funghi e con la nemica giurata di chiunque sia uscito indenne dagli anni Ottanta: la panna. Ma davvero queste variazioni sul tema posso essere un problema? Basti immaginare la cucina italo-americana, i sughi di pollo su ricette di origine italiana e settentrionale, per superare il dolore di aggiungere un buon fungo a un ottimo piatto. Senza contare il rischio di dare corda proprio a quei luoghi comuni che vedono l’italiano tutto pizza e mandolino, intransigente in cucina e magari anche grande amatore. Il consiglio, da patriota italiano e ancora di più da occidentale patriottico: fare squadra con gli inglesi, tritare i funghi e cuocerli nel grasso del guanciale per dimostrare, con un’alternativa virtuosa all’asse istituzionale, che gli italiani possono essere, davvero, degli alleati.