Come la rappresentazione teatrale di un'ondata di gelo invernale, in questi giorni infuria la polemica per il cambio di direzione al Teatro di Roma. Ai vertici della fondazione, nella funzione di direttore, è stato messo Luca De Fusco, un uomo di teatro il cui curriculum non fa certo pensare male; tuttavia, le modalità con cui è stato eletto hanno fin da subito sollevato un vespaio di critiche. Come riportato dal giornale specializzato Teatro e Critica, il presidente della Fondazione Teatro di Roma, Francesco Siciliano, ha dichiarato che “il Consiglio di Amministrazione, con un atto oggettivamente senza precedenti, avrebbe deciso di assegnare il potere di sottoscrivere il contratto con Luca De Fusco (quale nuovo Direttore Generale del Teatro) a un componente del Consiglio di Amministrazione diverso dal sottoscritto”. La decisione è stata presa in assenza del presidente. Per la precisione, il vicepresidente ha autorizzato che il Cda eleggesse De Fusco dopo che Siciliano e la consigliera Natalia Di Iorio, rappresentante del comune di Roma, avevano abbandonato la riunione. Il presidente, inoltre, lamenta il fatto che “sembrerebbe si stia ipotizzando un contratto di cinque anni con 150mila euro di compenso (oltre ai compensi per le regie)” per il nuovo direttore, una cifra certamente imponente e, osserva sempre Siciliano, triplicata rispetto al compenso percepito in precedenza da De Fusco, in qualità di direttore del Teatro Stabile di Catania. Ma quello che è successo oggi è soltanto l'epilogo di una vicenda, quella del Teatro di Roma, che è senz'altro contorta, a tratti pirandelliana, e che per essere capita ha bisogno di essere spiegata dall'inizio. Adesso cercheremo di spiegare infatti quando è cominciata la storia delle polemiche sul Teatro di Roma, da dove arriva la bufera sul nome di Luca De Fusco, quale vento abbia condotto il presidente Francesco Siciliano sulle barricate.
I personaggi coinvolti
Ora, visto che si parla di teatro, è utile iniziare a presentare i personaggi. Siciliano, si può leggere su Wikipedia, ha ricoperto l'incarico di viceresponsabile nazionale dell'informazione e cultura del Partito Democratico tra il 2009 e il 2013, e dal 5 aprile 2011 fino al luglio 2013 è stato assessore alla Cultura e spettacolo della provincia di Cagliari. Ma torniamo alla polemica. L'assessore alla cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor, del Partito Democratico, ha parlato di occupazione da parte della destra. Il sindaco capitolino, Roberto Gualtieri, anche lui in quota Pd, si è espresso in termini di segnale inquietante e di campanello d'allarme per quanti abbiano a cuore il pluralismo delle istituzioni. Il quotidiano La Repubblica ha pubblicato una lettera firmata da attori e professionisti del mondo teatrale, tra i quali ci sono anche molti personaggi che non hanno bisogno di presentazioni, come Elio Germano, Lino Guanciale e Matteo Garrone. La protesta riguarda precisamente le modalità con cui è stato scelto il nuovo direttore, e non la figura di De Fusco in sé. Nicola Zingaretti, l'ex presidente Pd della Regione Lazio, ha scritto su X che la cultura è libertà, e non si farà ingabbiare o imprigionare. Ovviamente, non sono mancati i commenti anche dall'altra parte politica. Il presidente della commissione cultura alla Camera, Federico Mollicone, di Fratelli d'Italia, ha commentato che l'elezione del direttore è stata piena e legittima. Laura Baldassarre, assessore regionale alla cultura, ha ringraziato il Cda per il lavoro svolto e ha parlato delle solite farneticazioni della sinistra, che ha occupato militarmente le istituzioni. È intervenuto alla fine anche Vittorio Sgarbi a fare da mediatore, dicendo che lo stesso Luca de Fusco dovrebbe chiedere di rivotare la sua nomina in Cda.
La polemica viene da lontano
Come spesso avviene in politica, ci si scambia la stessa accusa, fa parte del mestiere, ma come siamo arrivati alla polemica di oggi, che è solo la punta di un iceberg? Qual è la storia del Teatro di Roma? Come si è arrivati a questo massiccio scambio di accuse, che coinvolge il presidente della Fondazione Teatro di Roma, diversi attori famosi, il comune di Roma e la regione Lazio, e anche il ministro Gennaro Sangiuliano? Per capirlo, dobbiamo ripercorrere la storia recente del Teatro. Da questo punto di vista, è significativo il fatto che, sul sito ufficiale, vengano presentate soltanto le direzioni dell'epoca d'oro, dalla prima di Vito Pandolfi fino all'ultima elencata, relativa al 2014, di Antonio Calbi, passando per i nomi prestigiosi di Luca Ronconi, Giorgio Albertazzi e Gabriele Lavia. Per capire la situazione che ha portato il Teatro di Roma dal trionfo ai fischi, ripartiamo da una frase di Federico Mollicone, Fdi, il quale nel novembre 2020, come riportato sul Tempo, diceva che il Teatro di Roma era diventato un poltronificio da commissariare. Sottolineiamo mentalmente la parola poltronificio, e facciamo qualche passo indietro. Siamo sempre nel 2020, la sindaca di Roma è Virginia Raggi, M5S, e nel mese di maggio troviamo un articolo pubblicato su Artribune, dove in apertura troviamo le parole del capogruppo della Lega in Campidoglio, Maurizio Politi, il quale afferma che l'ex direttore manager del teatro, Giorgio Barbieri Corsetti, lascia il doppio incarico per ricoprire soltanto quello di direttore artistico. La poltrona viene divisa in due, nasce un nuovo incarico, serve uno stipendio ulteriore. Nell'articolo si ricorda anche che i problemi del teatro iniziano proprio con la gestione comunale Raggi. Con Ignazio Marino, Partito Democratico, il direttore del Teatro di Roma fu Antonio Calbi, ovvero l'ultimo, come abbiamo detto poco sopra, a essere ricordato nel sito ufficiale. Ed ecco lo spartiacque: Giorgio Barbieri Corsetti arriva sulla poltrona del Teatro di Roma nel febbraio 2019, proprio mentre la Raggi è insediata al Campidoglio, e ci arriva non senza polemiche. La figura del direttore si deve occupare della parte artistica, certo, ma anche di quella amministrativa, e Corsetti, da artista, rinuncia alle beghe della seconda per tornare sulla prima, in qualità di consulente artistico, con una remunerazione a quanto pare minore, ma con un aumento dei gettoni per le regie, che passano da 30mila a 40mila euro, come cita ancora l'articolo. La direzione amministrativa, nel frattempo, viene assunta ad interim dall'allora presidente Emanuele Bevilacqua, docente alla Luiss e anche lui in area Pd: non impegnato direttamente, ma già amministratore delegato del quotidiano Il Manifesto e della rivista Internazionale.
Una direzione molto contesa
Prima di andare avanti, ricordiamo che i soci del Teatro di Roma sono il Comune di Roma e la Regione Lazio, all'epoca governata da Zingaretti, Partito Democratico. Torniamo dunque al novembre 2020, quando dopo una chiamata pubblica, alla quale rispondono un po' di candidati, viene nominato come direttore amministrativo il manager Pier Francesco Pinelli. Piccola curiosità, tra le candidature pervenute c'era anche quella di Luca De Fusco, che è diventato direttore tra le polemiche che stiamo ricostruendo. Ma le polemiche investirono anche la figura di Pinelli, che non era proprio un uomo di teatro, in senso stretto. Appare chiaro allora che la commedia delle poltrone non poteva dirsi affatto finita, e Pinelli rinuncia all'incarico dopo soltanto sei mesi, a maggio del 2021, appena pochi giorni dopo l'arrivo del contratto vero e proprio. Nel frattempo, come riporta Anna Bandettini su Repubblica il 18 maggio dello stesso anno, c'è un altro piccolo colpo di scena, per quello che ci interessa: 27 lavoratori del Teatro di Roma, iscritti al sindacato autonomo e di categoria Libersind, scioperano e scrivono un comunicato in cui si chiede che venga nominato ancora lui, Luca De Fusco. In sostanza, dice la Bandettini, “secondo una procedura abbastanza inconsueto, per la prima volta, il sindacato dei lavoratori indica al cda il nome di un direttore e chiede che urgentemente venga designato”. Il giorno dopo, 19 maggio, è lo stesso De Fusco, parlando con l'agenzia Adnkronos, a dire che vorrebbe portare una bella camomilla a tutti, che è pronto per collaborare con il presidente Bevilacqua, e che la sua “attività di vent'anni di direttore di teatro pubblico e i dieci anni al Mercadante di Napoli senza nemmeno un'ora di protesta sindacale, abbiano dimostrato che, se ho un talento, è quello di essere un buon mediatore e un buon pacificatore”. Anche se, nel 2019, quando era direttore dello Stabile di Napoli, ci fu un'agitazione degli attori e delle maestranze dello spettacolo La grande magia di Eduardo de Filippo, minacciarono proprio di fermarsi a causa di insolvenze nei pagamenti. Altro colpo di teatro: qualche giorno dopo, il 21 maggio, è il ministro alla cultura Dario Franceschini, Partito Democratico, ad andare contro a Raggi e a Zingaretti, suoi alleati politici, chiedendo che il Teatro di Roma venga commissariato. Il giorno dopo ancora, 22 maggio, Franceschini riceve un endorsement da - brusio in platea - nientemeno che da un personaggio che abbiamo già presentato: Federico Mollicone, Fdi, il quale riafferma che “la nomina di Direttore spettava a De Fusco”. Poi il commissariato accade davvero, a novembre del 2021, ma non prima di essere passati attraverso le dimissioni del presidente Bevilacqua e del Consiglio di amministrazione. Ma non solo: nel frattempo, tra uno Spelacchio e un'invasione di cinghiali alla Garbatella, è cambiato anche il sindaco di Roma Capitale: Roberto Gualtieri, Partito Democratico, ha preso il posto di Virginia Raggi.
L'epilogo (momentaneo)
Così compare sulle scene l'ennesimo personaggio, l'avvocato Gianluca Sole, già commissario straordinario del Governo nel 2016 per il risanamento delle Fondazioni Lirico Sinfoniche. Contemporaneamente, il neosindaco Gualtieri e il ministro Dario Franceschini esprimono l'esigenza di cambiare statuto al Teatro di Roma, che da Associazione sarebbe dovuto diventare una Fondazione, cioè quello che è oggi. Come riporta Roma Today, “all'avvocato Sole vanno i miei migliori auguri di buon lavoro - ha detto l'Assessore alla Cultura di Roma, Miguel Gotor - la sua esperienza e la sua professionalità sono una garanzia per il futuro dell'Ente”. Nelle parole di Zingaretti: parte da qui il rilancio. Però lo stesso Zingaretti, un anno dopo, lascia la Regione Lazio, rassegnando le dimissioni l'undici di novembre del 2022 per lasciare il posto a Francesco Rocca, indipendente di destra. Un mese dopo, il 28 dicembre si completa il rilancio auspicato dall'ormai ex governatore: il Teatro di Roma diventa fondazione, e all'avvocato Sole subentra Giovanna Marinelli, Partito Democratico, già direttrice della stessa istituzione e assessora alla cultura con Ignazio Marino. Il 17 novembre 2023 compaiono sulla scena i personaggi principali della disputa di questi giorni: Francesco Siciliano diventa presidente della fondazione, dando inizio alla procedura di ricerca del Direttore Generale, che è principalmente uno scontro politico tra i due azionisti del Teatro, il Comune e la Regione, oggi separati dal punto di vista elettorale. C'è da scommettere che non sarà l'ultimo atto di questa vicenda: sembra ancora troppo presto per chiudere il sipario, e dare pace al mondo del teatro della Capitale.