“Sono quello che volete io sia” strilla Beppe Grillo al pubblico già da dietro le quinte, prima di apparire sul palco. Un inizio in medias res che coglie alla sprovvista gli spettatori, mentre stanno ancora cercando i loro posti fra le poltrone. “Questa è una finta” grida una volta sul palco. Indossa una maschera nera della commedia dell’arte, che toglie per osservare la platea semivuota. Certo non si può parlare di sold out e lo stesso Grillo ironizza: “I terroristi non fanno attentati nei teatri che sono semi vuoti, più che sold out è un sold in”. Segue qualche debole risata. Questo l'attacco del monologo di Grillo, Io sono un altro, che abbiamo visto il 14 aprile 2024 al Teatro Nazionale di Milano. Il tour, proseguirà per altre sette date, fra maggio e giugno. Ma perché Io sono un altro? “Io cosa devo diventare?” si chiede Beppe Grillo, “Ero il comico che vi faceva ridere, ora dico le stesse cose da vent’anni” aggiunge, mentre una bottiglia d’acqua viene calata dall’alto alle sue spalle, per poi rimanere lì, impiccata.
La durata dello spettacolo prevista è di ben 120 minuti. Grillo parla dell’allargamento della forbice sociale, recita poesie in francese, si lamenta della vecchiaia e del fatto che “la classe media sta scomparendo, perché non conosce la rivoluzione” e chiama Mario Draghi “quell’uomo”. Una signora si siede in platea in ritardo e lui commenta "stia tranquilla, sto dicendo cazzate". Mario Draghi, dunque, che avrebbe incontrato perché non c’era nessun altro del Movimento disposto a farlo e che ha pensato di “mandare a fanculo”. Grillo ripiange anche di aver consigliato il nome di Roberto Cingolani di cui commenta: “M’ammazzerei”. Poi qualche stoccata al governo de “La nana, il gigante e la donna barbuta La Russa”, al ministro Sangiuliano che “Ha una mente aperta… Da una parte all’altra”, Calenda che aveva conosciuto già da piccolo: “Quando la mamma Cristina Comencini gli diceva ‘Azione!’ e lui già rompeva i coglioni”. I nemici di Grillo diventano allora un insieme di “Banalini di coda”. Ovviamente non vengono menzionati né Elly Schlein, né Giuseppe Conte.
Già dopo i primi 60 minuti il pubblico inizia a muoversi nervosamente, borbottando e sussurrando. Grillo, chissà perché, parla di muschi e licheni. Continua il repertorio grillesco: il mondo del lavoro è ormai solo “una cosa metafisica”, la sanità è “in crisi per un eccesso di diagnosi”, l’intelligenza artificiale “ci toglierà i posti di lavoro” per cui si invoca la necessità del reddito di cittadinanza, magari un giorno universale. Dio è ridotto a un algoritmo che governa la nostra esistenza, i like sono i suoi “amen”, l’Italia non è più una Repubblica fondata sul lavoro, ma "Sul Tar del Lazio”, “I cinesi si sono comprati tutto” e gli Houthi che attaccano le navi nel Mar Rosso sono “bravi”, ma – precisa - “dovremmo dirlo in solitudine e senza dare nell’occhio”.
Tutto giusto? Tutto sbagliato? Ma dov’è la parte divertente? Lo spettacolo, più che un monologo diventa un comizio, mentre Grillo si lamenta di essere stato “bullizzato da tutti e paragonato a Hitler”. Poi qualche colta menzione di una scena di The Young Pope di Sorrentino in cui si teorizza l’assenza. Proprio come Mina, Banksy e i Daft Punk Grillo non vuole apparire, ma lo dice da un palcoscenico. “Non ho mica fatto il comico stasera” dice, e aggiunge “Non ha mica riso nessuno”. Un po’ ha ragione.