Non importa che siate su un volo ad alta quota o su una nave da crociera anche se iniziano le partenze per le vacanze estive il mercato discografico non si ferma. Cominciamo subito con un artista che sembra voler dominare la bella stagione: Villabanks. Sta pubblicando brani ininterrottamente da inizio giugno e ora a sorpresa ci propone l’Ep Spingere sempre contente otto canzoni, quasi tutte prodotte dal producer AVA. Sono i racconti della sua estate passata sui mezzi, dai furgoni Mercedes Viano, che lo portano in tour per l'Italia, agli aerei per ricongiungersi con un amore a distanza, fino alle traversate in macchina di notte, in cerca di divertimento da un club all’altro. I testi sono semplici e ripetitivi, Villabanks si diverte a cambiare sonorità, da quelle più trap a quelle più melodiche, modulando a seconda delle atmosfere più o meno leggere il ricorso all’auto-tune. Sa come funziona il business della musica e piuttosto che lanciare un solo pezzo sperando che diventi la hit dei mesi a venire, ne fa uscire otto tutti uguali così fa pulizia dei provini scartati e aumenta le probabilità di stare in classifica. Non è un meccanismo sbagliato, ormai un artista è come un marchio e una volta centrato lo stile vincente può riproporlo in varianti poco diversificate fra loro per massimizzare la visibilità e i compensi. Quello che offre è comunque gradevole e credibile, non è una furbata costruita ad hoc per cavalcare la tendenza del momento, ma un modo intelligente di sfruttare un repertorio. Lui stesso in 30 Thottie rivela le sue intenzioni, dispiacendosi di riuscire a fare guadagni importanti solo con questi contenuti (“Cambierò continente, è l'Italia che mi condanna Mi fa parlare di niente, impilare milioni e basta”).
In una direzione opposta invece va Nayt, pubblicando Habitat: Tour, che include una serie di brani tratti dagli ultimi album ma nella versione dal vivo, con l’aggiunta di quattro inediti. Se Villabanks è in movimento continuo, Nayt si ferma a ripensare e a riproporre qualcosa che è già accaduto, come se girasse intorno a se stesso. Ovviamente anche le atmosfere sonore sono distanti dal chiasso da bagnasciuga, perfette invece per accompagnare una giornata uggiosa che rompe le giornate bollenti. Sempre in una dimensione che va più verso l’isolamento che le resse festaiole, troviamo Anna Castiglia, che con il pezzo in dialetto catanese U mari celebra la sua terra ma soprattutto il suo mare. Paragona il letto bianco a una barca in mezzo al mare scuro dove si ritrova da sola e in pericolo, per cui si deve arrangiare per riuscire a non annegare. Questo è un bell’esempio di controtendenza, in un momento in cui vanno in classifica solo pezzi con almeno una parola in inglese nel titolo o un nome di una borsa o di una macchina costosa, la scelta del dialetto e di un tema introspettivo è sufficiente per staccarsi dalla mischia ed essere additata come una mosca bianca. Tra chi resta immobile e chi corre per lavoro, ci sono quelli costretti a fuggire per noia o per gioco, come Ditonellapiaga, che dopo essere tornata alla ribalta con l’album Flash fa uscire l’inedito Latitante, per sfoggiare la sua voce sensuale da malafemmina latina. C’è poi Tommy Kuti, l’unico vero esponente e ambasciatore italiano dell’afrobeats, genere originario dell’Africa da anni popolare anche nel resto del mondo, che in Tutto un gioco – Ololufemi sfreccia per Milano in fuga da una ragazza, partendo da Porta Venezia per poi finire su un bus della linea 90, perché “in amore vince chi fugge”. Il suo è un approccio autentico a una cultura che gli appartiene per nascita e che cerca di diffondere con sincerità, opponendosi a chi della cultura afro si fa portavoce solo per moda. Uno degli effetti negativi di un mercato saturo come quello musicale, in cui per rimanere sulla piazza bisogna essere iperproduttivi, è la standardizzazione dei temi e dei suoni, che se da un lato rappresentano una pratica di successo dall’altro sono un deterrente per combinazioni più originali e meno sentite, che stentano a uscire dalla nicchia.