I famosi cinque minuti di celebrità di wharoliana memoria sono passati da almeno sei anni e il peggior cuoco del mondo cavalca l’onda del successo meglio che pria. Chef Ruffi, che viste le premesse avrebbe dovuto sprofondare nell’oblio sepolto dagli improperi del web alle prime gocce di “versatile” asperse nei suoi piatti, è sempre più seguito dai suoi fan ai quali esterna quotidianamente il suo affetto, nonostante le gli invidiosi “sparlottino”. Misterioso personaggio dal linguaggio rustico e primitivo, che cucina violentando con sicumera le basi della cucina nostrana, apre ora addirittura un ristorante nel capoluogo meneghino. La ricetta per diventare famosi a quanto pare l’ha scoperta Ruffi, innestando nel pubblico i dubbi necessari a mantenere alta l’audience nelle sue audaci performance culinarie. Farà sul serio o “perculerà” i grandi cuochi e tutti noi? Non ci è concesso saperlo, ma il motto “purché se ne parli” paga sempre e Chef Ruffi incassa a piene mani insulti e prese per i fondelli porgendo l'altra guancia con enorme fair play. A colpi di spaghetti precotti e ettolitri di panna “versatile”, Ruffi “sbalorda” i clienti con nuove regole culinarie che non lesinano in sale pepe e glutammato, dadi e astrusi escamotage, predicando che la cucina "è una cosa semplice", e pertanto va da sé che l'arte di eccellere ai fornelli possa essere passibile di stravolgimenti radicali da far chiudere per sempre la Culinary Arts Academy elvetica per darsi all’ippica: “La cucina è d tutti, se un piatto piace allora va bene”. Ruffi mette padelle sul fuoco in streaming con orgogliosa faccia tosta, in barba all’intero Stivale che si accapiglia sulla crema della cacio e pepe e riempie interi forum di eterne diatribe sulla panna nella carbonara, biasimando le miscele d'oltralpe con bacon e uovo all'occhio. Se ne frega bellamente delle rivolte abruzzesi sulla cipolla nella amatriciana, Ruffi sereno sfida l'auditorium a provare i suoi piatti “semblici”, senza dare ascolto alle maledette malelingue. Attrae i bassi istinti del popolo di Google, Chef Ruffi, che si indigna dinanzi alle sue barbare preparazioni, lo insulta, ma continua a seguirlo, a sfotterlo rivolgendogli parole sarcastiche senza che lui faccia una piega. Miete migliaia di follower in un eterno nastro di Moebius di dubbie specialità gastronomiche, che inaspettatamente riescono, anche con le sue assurde ricette, tanto da porsi il dubbio sulla loro possibile palatabilità. Ebbene noi di MOW ci siamo chiesti di cosa sappia la sua pasta alle vongole con la proverbiale nocciolina di burro da almeno duecento grammi e alla fine abbiamo deciso di andarlo a cercare per intervistarlo e conoscerlo meglio, e per scucirgli un invito a pranzo.
Chef Ruffi, tu che sei un grande cuoco stimato in tutto il mondo, a che età hai capito che avresti portato la bandiera della cucina italiana orgogliosamente in giro per il mondo?
L’ho sempre saputo che sarei diventato famoso, e questo è solo inizio. Forse da quando avevo 4/5 quando alla mensa dell’asilo cucinai di nascosto per 150 bambini e fu un successo.
Sei nato nel bel sud Italia, quale specialità apprezzavi del tuo Paese?
Le salsicce, capocollo, prosciutti, ravioli e lasciamo perdere che sennò non si finisce mai.
Hai frequentato una prestigiosa scuola di cucina o sei naturalmente bravo?
Ho imparato per le strade in Cina. È stata la scuola fondamentale
Quale piatto ami cucinare in particolare?
Naturalmente la carbonara vera, e per vera intendo la più mangiata al mondo, non le chiacchiere da bar, in poche parole la carbonara con la panna.
Tu che della semplicità delle preparazioni dei piatti hai fatto una bandiera, pensi che a volte la cucina italiana sia eccessivamente complicata e vada snellita grazie all'ausilio di prodotti più versatili o che ognuno possa interpretare le ricette tradizionali a suo piacimento, senza problemi?
La cucina è arte, lasciamo stare quei quattro pinguini che, come ha detto il mio amico Visentin proprio a voi, sono mezzi falliti. La cucina è di tutti, se cucini e la gente apprezza significa che va bene. Come la pizza col ananas ma è possibile che piace a tutti il mondo tranne che in Italia? Ma il problema è il mondo o siamo noi? Questa pizza l’hanno assaggiata o parlano per detto di Maometto.
Sogniamo le tue fettuccine cremose con il pane all'aglio che facesti gustare alla tua affascinante sperimentatrice tempo fa. Le dedicheresti a MOW, magari con un video? Ci dai la ricetta?
Quella è proprio semplice: fettuccine e panna, poi se vuoi pollo o gamberetti, o tutte e due, e spacchi. Questa la farò nei ristoranti che aprirò in Italia e vi inviterò.
Dove potremo venire a mangiare le tue prelibatezze, oltre che a Milano al nuovo ristorante? Forse a Roma?
Milano e poi subito Napoli e Roma, poi dopo stiamo pensando a Molfetta.
Sarà possibile vederti all'opera a Milano? Quale sarà il tuo cavallo di battaglia lì?
Non ci sarò tutti i giorni ma i collaboratori sono come me. Poi il menù è mio, comunque ci saranno le date scritte di quando sarò presente nei locali e sarà anche più festa visto che si balla. I cavalli di battaglia sicuro saranno Carbonara Ruffi, poi patatine ai tre pepi e pennette cinesi con salsa alla bolognese
Cosa pensi della nouvelle cuisine? Frequenti i ristoranti dei tuoi colleghi, stellati e non?
Sì, come no. Ma in Italia non ci sono ristoranti veramente alla moda, sono vecchio stampo, noiosi non si balla, non si ride ancora col carretto dei liquori e i sommelier falsi, e la cosa peggiore è che pensiamo di essere i migliori. Io preferisco l’estero, tipo i locali in Inghilterra che al momento sono al top. I giovani vogliono questo.
Come si mangia ormai in Italia? Bene o male?
Per chi è restato all’Ottocento e per le ricette nostrane tipo pane e capocollo, risotto alla milanese con l’osso buco, la lasagna, la mortadella e la carbonara ma, ripeto, all’estero ci stanno superando alla grande. Dobbiamo svegliarci, e forse girare un po’.
Cosa pensi della legge Massari?
Secondo me se sei bravo avrai successo, proprio come Massari, il diploma te lo dà la vita. I più grandi ristoranti italiani al mondo, quelli che incassano di più e son al top, sono di gente che non è italiana ma usa i nostri ingredienti.