Una delle cose di cui gli italiani sono più orgogliosi nel mondo è la propria cucina. La cucina italiana da sempre, anche oggi nell’epoca dei social, svetta ovunque ed è la preferita non solo dei turisti, fra tante altre cucine europee, ma anche di molti aspiranti chef, food blogger e influencer culinari in Italia, così come oltreoceano. Come si trovano però i turisti stranieri e in particolare quelli americani una volta arrivati in Italia, quando hanno davvero a che fare con i piatti e i ristoranti italiani? Il turista americano medio, almeno secondo lo stereotipo, una volta arrivato in Italia tipicamente ordinerà un piatto di “spaghetti with meatballs”, magari una caprese e di accompagnamento cappuccino -che a noi fa sempre storcere il naso- pretendendo, probabilmente, di pagare con la sua American Express Gold.
Se di fronte alle bizzarre richieste dei turisti americani, molti restano ancora perplessi, dimenticando la basilare regola per cui “il cliente ha sempre ragione”, sul pagamento, per esempio, si potrebbe aprire un dibattito. Oggi il pagamento contactless è ovviamente possibile e anzi, piuttosto comune anche in Italia, anche se spesso molti ristoratori italiani impongono alcuni limiti minimi per potervi ricorrere (cosa non propriamente legittima). Ad analizzare il fenomeno è intervenuta anche la pagina Instagram @doipodcast ovvero “DOI – Denominazione di Origine Inventata” -il cui titolo fa sorridere- che si prefigge l’obiettivo di smascherare le “leggende sulla cucina italiana”. In un recente video proprio sulle differenze tra ristoranti italiani e americani, Francesco Costa, giornalista e vicedirettore de Il Post commenta: “Io colleziono cartelli davanti ai ristoranti italiani: ‘non si fanno conti separati’, ‘si paga col pos solo sopra a una certa cifra’, Ho visto anche una volta ‘il sabato i panini non si tagliano a metà’…”. Se in Italia siamo -purtroppo- abituati a questo genere di cose e all’impossibilità di dividere il conto come ci pare e piace, fino all’obbligo di ricorrere all’uso dei contanti, in alcuni casi, come reagiscono di fronte a tutto ciò i turisti americani?
“L’americano impazzisce quando sente queste cose perché è abituato all’idea che lui sia il cliente. Andate in America e offritevi di pagare il conto nei modi più assurdi che potete immaginare: dividiamo il conto in 3, di cui un terzo in contanti, un terzo diviso su 6 carte e un altro terzo in un altro modo” commenta ironicamente nel suo video Costa. Una suddivisione che per un “cliente” italiano è esilarante, mentre per un “ristoratore” potrebbe essere un vero e proprio incubo. Poi aggiunge. “Voi fatelo e vedrete che non faranno nemmeno un plissé nell’ora di punta. Questa è una vocazione al consumo che vediamo nei ristoranti, ma vediamo poi anche in tutta l’economia americana.” Se la “vocazione al consumo” di certo non sorprende -se pensiamo all’economia americana di stampo capitalista, alle sue enormi catene e fast food di hamburger, patatine e pollo fritto a palate e junk food- di fronte a questo fenomeno, più che di solo “consumo”, non si tratta piuttosto di una diversa mentalità nei confronti del cliente e delle regole? Se immaginiamo un gruppo di italiani in una pizzeria a chiedere di dividere “il conto in 3 su 6 carte”, prevediamo il ristoratore italiano di turno mandarci a quel Paese senza troppi problemi. Ma non sarà che il problema è proprio questo atteggiamento del ristoratore medio italiano, e non tanto del cliente, che dovrebbe poter pagare come vuole, secondo la legge?
Sul consumismo dell’industria alimentare americana, Francesco Costa commenta poi in un altro video: “Gli americani hanno inventato le ali di pollo senza ossa, che non sono le ali di pollo da cui hanno sfilato le ossa -come uno potrebbe pensare- e nemmeno dei nuggets o macinato. Sono dei petti di pollo ritagliato a forma di aletta di pollo.” Se di fronte all’immagine del “pollo senza ossa” qualche dubbio, e forse qualche pensiero di repulsione in effetti viene, visto che in Italia siamo abituati, al contrario, a mangiare piuttosto bene, c’è da interrogarsi sul perché, di nuovo, in America esistano determinati prodotti, anche se probabilmente la risposta è scontata: la regola di domanda e offerta. Continua Costa: “Vediamo un pezzo di industria degli Stati Uniti, ma vediamo anche un’attitudine al consumo.”. È dunque meglio mangiare un bel piatto di pastasciutta, una pizza, una caprese o un’impepata di cozze, rigorosamente italiane, sapendo però di non poter fare il conto separato al ristorante, e vedendo il ristoratore alzare gli occhi al cielo quando chiediamo di poter pagare con la carta, oppure è meglio il pollo fritto “senza ossa”, avendo però la libertà di pagare e consumare come e quando si vuole?