La sentite? Quest’arietta friccicarella che sferza la faccia, la brezza che sa di atavici ghiacciai che violano declivi della roccia, di foreste di conifere e fieno messo al sole, freddi torrenti e cielo terso? È l’aria delle verdi valli altoatesine, dove pascolano mucche color caffellatte e la neve in inverno imbianca baite di pioppi riscaldate da stufe tradizionali, ove ci si rifocilla con mirtilli rossi caldi, su profumate frittelle dorate e vin brulè alla cannella. I krampus sfilano per le strade e... Basta, non è ancora ora. Settembre andiamo, è tempo di migrare, dice il Poeta, l'estate sta finendo e un anno se ne va, chiosavano i Righeira, stiamo diventando grandi e sapete che a noi non va. E allora che famo? Diamo retta al Sommo e migriamo, con il miraggio di quei fonti alpestri rigeneratori sotto lussureggianti conifere. Ma soprattutto con il miraggio di magná, visto che stavolta andiamo sulle tracce del papà di Jannik Sinner, il roscio campione di tennis orgoglio italiano. O meglio, altoatesino, non raccontiamocela. Avete mai visto un autografo di Sinner sotto il Brennero? Noi mai.
Ad ogni modo il giovine virgulto ha vinto un mucchio di trofei e si prepara a vincerne ancora. Ci siamo fatti sette ore di viaggio per raggiungere le montagne protette dall’Unesco scoperte da Dolomieu nella metà del 1700, e appena incrociato un edificio con l'effigie dell'asso della racchetta con la scritta “Proud of you” abbiamo capito che era tempo di scendere dall'auto perché la meta era raggiunta. Sesto, cittadina della Val Fiscalina, a pochi chilometri da San Candido, è stata la residenza della famiglia Sinner nei venti anni in cui il capofamiglia ha dato da mangiare ai tanti visitatori della malga Fondovalle, immersa nei boschi del Parco Nazionale delle Tre Cime di Lavaredo, alle falde delle montagne dalle famose sfumature rosa. Così abbiamo rinnovato verga d'avellano e cominciato ad andare per il tratturo antico al piano; cioè ci siamo sparati una Radler da mezzo litro - una caratteristica birra al limone - con due curry wurst per raggiungere il rifugio del babbo di Jannik in trenta minuti di cammino.
In questa Valle incontaminata in alta Pusteria, situata a circa 1400 metri s.l.m, - una delle più belle dell'Alto Adige - si può camminare tra pascoli smeraldini e foreste di pino mugo e abete rosso, tra gelidi ruscelli, facendo graditi incontri con i caprioli della zona. Si è vero, pare di stare a casa del Vecchio dell’Alpe, il riluttante barbuto nonno di Heidi e comunque a noi ci ha preso un acquazzone fantozziano che ci ha fatto pentire di aver messo le scarpe da città. Alla fine è stato bello veder apparire il rifugio Talschlusshütte - Fondovalle come una visione.
Ebbene è qui all’ombra dell’imponente Croda di Toni che il giovine Jannik ha formato i propri gusti, grazie ai piatti tirolesi preparati dal babbo, ci siamo detti giocando con i leprotti del posto, immaginandoli con un limone in bocca contornati di patate. Ma bando all'ironia. Il rifugio è davvero una favola e chi ha avuto la fortuna di visitare queste vallate sa di cosa parliamo, oltre a sapere di aver preso cinque chili di peso dopo il soggiorno, a furia de magnà. La baita ha origine antica, infatti deve la sua esistenza ad una giovine coppia che mise su un minuscolo chiosco montanaro dopo la Seconda guerra mondiale. Pian piano il rifugio venne preso come punto di riferimento per gli avventurieri e gli scalatori di quelle montagne con l'aggiunta di qualche letto. Herbert, uno dei figli del fondatore della baita, sposò Maria, una cameriera del luogo, ed insieme fecero la storia del rifugio, oggi parte integrante della Val Fiscalina. Noi è con Maria che abbiamo parlato, assaggiando i piatti inventati da Hanspeter. È sorridente e restia a parlare del privato della famiglia Sinner.
Maria, conosci bene la famiglia Sinner?
Sì, Il babbo di Jannik ha lavorato qui per vent'anni. Ricordo Jannik quando veniva, da piccolino.
Quali erano i piatti che cucinava di più il Signor Hanspeter?
La rosticciata di canederli, filetto di maiale e crauti, quella che state mangiando!
Si sono montati la testa in seguito al successo di Jannik?
Non sono mai cambiati, sono sempre gli stessi, semplici e simpatici come allora.
Andava a funghi il babbo di Jannik?
No, perché era sempre in cucina, non aveva il tempo!
Non c'è modo di far sbottonare Maria, si avvia a cogliere la menta nel piccolo orto della baita e noi, stravaccati sulle panche fuori, davanti al panorama delle Dolomiti di Sesto torniamo a ripulire il piatto della tradizionale specialità di patate arrostite, speck e uova all’occhio, con il tipico pane al finocchio, lo schuttelbrot. La rosticciata del babbo di Jannik è sostanziosa, con una salsa bruna che avvolge i canederli – le saporite palle di pane con speck o spinaci pusteresi - e il maiale, esaltati dall’acidulo dei crauti. Un'altra specialità di papà Hanspeter è il risotto al burro di malga e pino mugo, che per dignità non abbiamo ordinato, sopraffatti dall’angoscia di venir reclutati dal Professor Birkenmayer nella sua famigerata clinica del Ragionier Fantozzi.
Il pensiero va a Jannik che ha licenziato il preparatore atletico e il fisioterapista per il caso del presunto doping e al fatto che abbia lasciato questa Valle per il Principato di Monaco per non farsi salassare dalle tasse del nostro Bel Paese, altro che malghe e pini mughi. Noi abbiamo terminato con una abbondante Kaiserschmarren, la ‘frittata dell’Imperatore’, una tipica delizia austriaca per la quale, oltre a Cecco Peppe, consorte di Sissi, pure noi stamo a rota, birra e rutto libero, per poi riprendere il cammino verso Sesto e lasciare la Val Pusteria e la sua operosa, incantata bellezza. Il prezzo? Davvero basso per una esperienza del genere e a questa mangiata colossale diamo 5, così come al magnifico servizio, alle montagne, alla qualità delle materie prime. Qui la dedizione al lavoro del popolo sudtirolese e la maestosità delle cime di Dolomia accolgono gli amanti della montagna e i romani – ma non solo loro -dovrebbero uscire di più dal Raccordo per accorgersi che c'è tanto da vedere, visitare, apprezzare, al di là delle solite certezze e vestigia romane. E soprattutto c'è tanto da mangiare, perché in Sudtirolo gli austriaci cucinano davvero benissimo!