Il caso Clostebol che ha travolto Jannik Sinner e si è concluso con una squalifica di tre mesi continua a far discutere il mondo del tennis. Anche Aryna Sabalenka, numero uno del ranking Wta, ha espresso il suo disagio: “Ho paura dopo quello che è successo”, ha dichiarato, ammettendo di non fidarsi più del sistema antidoping e di essere “troppo spaventata” dalle sue regole. Sabalenka ha evitato di commentare direttamente il caso Sinner, ma ha rivelato come la vicenda l’abbia resa estremamente cauta: “Prima non mi importava di lasciare il mio bicchiere d'acqua al ristorante e andare in bagno, ora non berrò più dallo stesso bicchiere”, ha detto la bielorussa. “Cominci a pensare che se qualcuno ha usato una crema su di te e poi risulti positivo, non ti crederanno. Non vedo come potrei fidarmi di questo sistema”. A mettere in discussione l’intero processo antidoping è anche Jessica Pegula, numero cinque al mondo e membro del Wta Player Council, che ha criticato apertamente la gestione dei casi di Sinner e Iga Swiatek.
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“Il processo non funziona”, ha dichiarato la tennista americana. “Non importa da che parte stai, questa non è una procedura equa. Non prendono in considerazione tutti i fattori, inventano la loro sentenza. Non capisco davvero come questo possa essere giusto per gli atleti, c’è troppa incoerenza”. Pegula ha rivelato che le e-mail ricevute dai giocatori in merito ai recenti casi antidoping contenevano spiegazioni superficiali, più simili a tentativi di giustificazione che a una reale trasparenza del sistema: “Che tu sia pulito o meno, il processo è fallimentare. Hanno un potere enorme e possono rovinare la carriera di un atleta con le loro decisioni. Mi sembra davvero ingiusto, è ora di fare qualcosa. Nessuno dei giocatori si fida di questo sistema in questo momento. Zero. È un disastro per l’immagine del nostro sport”. Tra gli esperti, ha parlato della questione anche Adriano Panatta: “Per Jannik si tratterà di una breve pausa, poi rientrerà più competitivo che mai”, ha detto ai microfoni di Rainews 24, pur ammettendo di essere rimasto perplesso dalla decisione della Wada. “È la scelta più pratica, evita di fargli saltare la stagione intera. Perderà qualche torneo, ma i più importanti, Roma, Roland Garros e Wimbledon, potrà giocarli. La trovo sempre un'ingiustizia, ma almeno si toglie di mezzo questo pensiero che da troppo tempo aveva nella testa”.
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Panatta, da sempre schierato in difesa del numero uno al mondo, ha trovato d’accordo il suo ex compagno di doppio Paolo Bertolucci, che ha definito l’operazione della Wada una mossa per riaffermare il proprio potere: “La Wada ha voluto imporsi per dire 'noi esistiamo', per cui il principio della responsabilità oggettiva è stato ribadito, ma figuriamoci: io ho sempre detto che Sinner non c'entrava niente”. La certezza di Panatta è che, una volta tornato in campo, Jannik metterà di nuovo in chiaro la sua supremazia: “Una cosa è certa, lui è un gradino avanti a tutti gli altri in questo momento”. Più critico Ivan Zazzaroni, che avrebbe voluto vedere Sinner combattere fino in fondo: “Capisco Sinner: troppi interessi in ballo, oltre al più che naturale desiderio di recuperare in fretta la serenità perduta. Tuttavia, al posto suo, con la forza e il fascino del personaggio mondiale e la potenza di una formidabile squadra di avvocati, sarei andato fino in fondo per tentare di demolire un’istituzione superata come la giustizia sportiva”. Per il giornalista e direttore del Corriere dello Sport, il sistema sportivo “è un sistema feudale senza alcun fondamento giuridico”, volto più ad “auto conservarsi che a garantire una reale giustizia”.
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“Tutti i deferiti (atleti, tecnici, dirigenti) sanno in partenza che l’unico risultato possibile è la squalifica, come se lo sport fosse frequentato da delinquenti che neppure a Bogotà nell’89", ha aggiunto Zazzaroni, criticando la mancanza di un’applicazione equa del principio giuridico del favor rei, per cui una nuova legge più favorevole dovrebbe essere applicata anche ai casi precedenti. “Non è difficile immaginare che alla Wada non sappiano cosa sia il favor rei, che è la base di qualsiasi ordinamento: se la nuova legge non prevede il reato, i benefici vanno a tutti”. Anche Xavier Jacobelli su TuttoSport ha parlato della sospensione: “chi lo risarcisce dalle palate di fango che gli sono state tirate addosso in questo tempo? La verità è che se la Wada non avesse patteggiato con Sinner, questo è avvenuto in realtà e non il contrario, tutti gli atleti colpiti dall'assurda normativa che li ritiene responsabili dei loro staff l'avrebbero trascinata in tribunale. Qui sta la morale della vicenda, dalla quale Sinner esce come un gigante di residenza e dirittura morale”.