Se gli azzurri sono impegnati nelle qualificazioni della Coppa Davis a Bologna, e gli occhi sono puntati interamente su Matteo Berrettini, c’è un’altra parte del mondo del tennis impegnata a capire quale possa essere il destino di Jannik Sinner. L’atleta, infatti, a causa della vicenda del doping, per cui era stato trovato positivo agli Indian Wells, aveva licenziato il suo fisioterapista Giacomo Naldi, nonché il suo preparatore atletico Umberto Ferrara. Se lo staff era stato smantellato per mancanza di fiducia dopo quando accaduto, ora un nuovo profilo entra nella scuderia del numero uno al mondo. Si tratta del romano classe 1964 Marco Panichi, ex preparatore di Novak Djokovic, che prenderà il posto di Ferrara. Le ultime dichiarazioni di Panchini su Sinner le aveva rilasciate a a Sky Sport: “Sinner lo paragono a Nole dal punto di vista fisico, con la possibilità di saper muovere il corpo nello spazio e un'abilità a muovere le catene in modo efficiente. È un grandissimo atleta”. E se un nuovo team si sta consolidando, la vicenda del Clostebol e del possibile ricorso della Wada, a che punto è? C’è un retroscena clamoroso che potrebbe cambiare tutto.
Sulle pagine di La Stampa, ci sarebbe una fuga di notizie proprio interne alla Wada. Si legge, infatti, che, secondo un esperto della rete di laboratori anti-doping della stessa Wada, che vuole rimanere anonimo, “alla fine la Wada, non farà ricorso contro Sinner ma si limiterà ad acquisire più documentazione possibile per far si che il caso del campione italiano non apra la strada a chi con i testosteronici si dopa davvero”. Il quantitativo di Clostebol trovato nell’azzurro equivale a “50 picogrammi per millilitro di sangue. Un picogrammo equivale a un millesimo di miliardo di grammo; quindi, parliamo della punta di un cucchiaino di caffè sciolta in una piscina olimpica”. E allora come mai stanno prendendo tutto questo tempo e mantenendo la suspence attorno al caso? Sempre secondo l’esperto “per circoscrivere il più possibile il caso, in modo che nel pertugio della non colpevolezza di Sinner non possano infilarsi atleti di paesi dove di controlli se ne fanno pochi”. E, quando gli viene chiesto come mai questo venga considerato doping, viste le quantità ridicole, specifica che è “per scovare chi ha fatto uso anche molto tempo prima di questi anabolizzanti, magari gareggiando in Paesi dove di controlli antidoping se ne fanno pochi o niente. Mentre, nel caso di Sinner, che ha giocato a ritmo serrato in molti tornei internazionali è difficile non ci siano stati test nei due mesi che hanno preceduto la scoperta di questa contaminazione con il Clostebol”. Siamo quindi davanti a un lieto fine certo? Forse la Wada tramite le parole del loro esperto ha voluto in qualche modo rassicurare gli italiani?