L’ottimismo e la serenità non mancano a Gabriele Gravina. Lo ha ribadito lo stesso presidente Figc nell’intervista rilasciata a Ivan Zazzaroni. “A marzo non manca molto e dopo l’inverno c’è sempre la primavera”, e quindi i playoff contro l’Irlanda del Nord e poi, auspicabilmente, contro una tra Bosnia e Galles. “L’obiettivo è alla portata. Rimbocchiamoci le maniche, impegniamoci tutti insieme. E dico tutti”. Forse i suoi avversari, chiede il direttore del Corriere dello sport, sono meno pronti a remare verso la meta? “È innegabile che qualcuno viva la Nazionale come un fastidio”. A chi si riferisce Gravina? Dall’atteggiamento dei calciatori potrebbero essere loro l’obiettivo della dichiarazione. Su questo il presidente non dà ulteriori spiegazioni. I problemi, nel calcio italiano, ci sono. Ma per una volta è Gravina che chiede: quali sono? Zazzaroni elenca: “I giovani non giocano, gli stranieri in campo sono sempre di più, gli investimenti nei vivai e nelle infrastrutture sono un miraggio e le proprietà estere hanno colonizzato il nostro calcio mettendo un impegno emotivo e politico limitato”. Queste ultime, però, “i soldi li mettono”, i proprietari stranieri “sono tra i pochi che trasformano le risorse in capitale, dando ossigeno al sistema. Per me le cause sono anche altre”, e cioè il clima che si crea dopo ogni partita dell’Italia. “Ogni volta che la Nazionale commette un passo falso, immediatamente c’è l’indignazione popolare e si chiedono le teste. Ci sto, è il gioco dei tifosi. Ma noi continuiamo a cercare colpevoli senza renderci conto che la Figc non può imporre certe cose, ma soltanto sensibilizzare”, prosegue ancora Gravina. Tra le norme finalizzate c’è quella che “permette di scorporare dal numeratore dell’indicatore del costo del lavoro allargato gli ammortamenti e gli stipendi degli Under 23 italiani”, quindi i giovani che possono aspirare alla Nazionale pesano meno a bilancio. Eppure sono solo 97 i convocabili, su 20 club. “Vi rendete conto?”.
Introdurre limitazioni al numero di stranieri, in questo scenario, è impensabile, anche perché andremmo “contro le norme Ue che dalla sentenza Bosman in poi prevedono la libera circolazione dei calciatori. Puntare sugli italiani non può essere un obbligo, semmai deve diventare una vocazione naturale. Che si abbina agli investimenti sui settori giovanili e sulle infrastrutture”. Se la Norvegia ci ha superato è perché ha investito, ma per Gravina anche noi lo stiamo facendo, “la nostra progettualità va avanti dal 2018, nel frattempo siamo diventati campioni d’Europa con l’Under 17 e con l’Under 19 e vicecampioni del mondo Under 20. Stiamo poi avviando un progetto per l’attività di base dai 5 ai 13 anni con due campioni del mondo, Perrotta e Zambrotta, insieme a un maestro come Prandelli. Vogliamo cancellare l’idea di un metodo incentrato solo sulla tattica”. Questione fondamentale: la qualità che manca. Un’assenza che fa sembrare Nico Paz un giocatore inarrestabile in Serie A. Quella qualità esaltata da giovani come Cesc Fabregas. Ma noi continuiamo a preferire il risultatismo. “Meno tattica e più tecnica, questo l’obiettivo. Dobbiamo liberare l’estro. I bambini si annoiano, vogliono giocare, gli allenatori tendono a ingabbiarli negli schemi già in tenera età”. Nonostante i sette anni di lavoro non sembra che i risultati siano prossimi ad arrivare. Altro nodo essenziale: “Ma le società di Serie A sono antagoniste della Nazionale?”, chiede Zazzaroni. “Oggettivamente lo sono”, risponde Gravina, “anche se involontariamente. Ogni club guarda al proprio tornaconto”. Una replica che fa capire come un eventuale ingaggio di Claudio Ranieri nel doppio ruolo, in Federazione e alla Roma, sarebbe complesso. Peccato, ci viene da dire.
“A chi dice che i miei predecessori si sono fatti da parte dopo una débacle ricordo che Abete si dimise per motivi personali, mentre Tavecchio fu sfiduciato e tradito”. Un eventuale assenza dal Mondiale, Gravina l’ha ribadito, non per forza porterà alle sue dimissioni: “Se vado via io che succede? L’Italia vince il Mondiale e spariscono i problemi? Nel 1994 volevano linciare i calciatori dopo una finale persa, lo ricordate? E ancora: la responsabilità sarebbe legata al risultato o alle riforme?”. Norme non ce ne sono, obblighi neanche. Forse le dimissioni sarebbero anche questione di opportunità (sì, le “valutazioni personali” di cui ha parlato il presidente). Anche se è vero che alternative per il momento non se ne vedono (le ultime elezioni Gravina le ha vinte con il 98% dei voti: un plebiscito). Viene da chiedersi: cosa deve succedere, se davvero l’Italia fallisse la qualificazione per la terza edizione di fila, per un cambio ai vertici? Ma tornando alle questioni di campo: se Gennaro Gattuso era già nei piani (“gli avrei affidato l’Under 21”), Roberto Mancini aveva prospettato il ritorno. E Luciano Spalletti andava esonerato prima di Norvegia-Italia? “Io non l’avrei mandato via neanche dopo”.
Uscendo di nuovo dal terreno di gioco, Zazzaroni chiede alcune cose riguardanti la stabilità finanziaria dei club. L’indice di liquidità (rapporto tra la disponibilità e i debiti a breve) è al 0,6, mentre Gravina lo voleva più rigido. Il problema è che le società sono troppo fragili e la Lega si oppose. Difficile, invece, fermare in anticipo acquisizioni da parte di soggetti “scoperti”: “Esistono norme federali e norme del codice civile. Sfido chiunque, davanti a un notaio, a impedire il passaggio di quote. L’unica arma che noi abbiamo è il benestare della commissione sui principi etici e sulla solidità economico-finanziaria di alcuni soggetti”. In altri Paesi, però, le cose funzionano, “in Bundesliga da 18 anni il 90% delle società chiude in utile”. Infine, gli arbitri. Da una parte il presidente dell’Aia, Antonio Zappi, che rischia il deferimento per presunte pressioni sugli organi tecnici di Serie C e Serie D al fine di far dimettere i vertici Maurizio Ciampi e Alberto Pizzi: la Procura federale potrebbe contestare a Zappi alcune infrazioni che, se ritenute gravi, potrebbero portare a un commissariamento dell’Aia. Gravina, per il momento, esclude lo scenario. Dall’altro lato, gli arbitri chiedono autonomia da Federcalcio, Lega A e Lega B, con il presidente Figc si dice favorevole: “Mi auguro che dal 1 luglio 2026 ci sia una nuova società autonoma con dei soggetti azionisti”. Inevitabile, poi, la parentesi su Gianni Infantino e la moltiplicazione delle partite: “Dobbiamo cominciare a ragionare in maniera organica, di sistema, rispettare principi di globalizzazione ma anche le vere regole gioiose del calcio. Non dobbiamo ingolfare così i nostri calendari”. Tante cose, alcune già note. A marzo si deciderà molto, anche del futuro della federazione.