Premio per la pace Fifa a Donald Trump. Probabile, molto probabile, quasi certo. Oggi è il giorno dell’ufficialità. Il riconoscimento tanto voluto da Gianni Infantino è dedicato, fin dalla sua costituzione, al Potus. Queste almeno le indiscrezioni. Un premio in pronta consegna di cui, pare, negli uffici della Fifa nessuno sapesse. Lo ha scritto il The Athletic, sottolineando come sia stato proprio Infantino a crearlo senza consultare nessuno (sui criteri di assegnazione ha chiesto chiarimenti anche Human Rights Watch). Una piena e totale volontà del presidente Fifa, quindi. Del resto Infantino è ormai un attore politico, non solo il rappresentante di un’istituzione sportiva: va a cena alla Casa Bianca con Mohammed bin Salman, quasi fosse un membro della delegazione del principe o un “facilitatore” di accordi internazionali; è un diplomatico capace di sedersi ai tavoli che contano in Qatar (di cui è diventato cittadino) e nei palazzi del sovrano saudita, dove nel 2034 arriverà il Mondiale; già con Trump si era fatto vedere a Sharm el-Sheikh durante il summit per la pace a Gaza e nello studio ovale a Washington. Promotore instancabile, capace di superare confini e pregiudizi. La Fifa guarda lontano, spostando il baricentro dall’Europa e rivolgendosi ormai al mondo intero. Il Guardian ha riportato una notizia riguardante proprio il Fifa Peace Prize: a capo del comitato che ha creato il premio, infatti, c’è Zaw Zaw, presidente della federazione calcistica del Myanmar dal 2005. Dal 2002 al 2005, tra le altre cose era stato presidente della federazione tennistica del suo Paese, riportando in patria la Coppa Davis dopo 50 anni. Ancora nel calcio, Zaw Zaw ha ricoperto vari incarichi all’interno della Confederazione asiatica di calcio (Afc), il corrispettivo della Uefa per l’Asia, e attualmente è vice-presidente. Fa parte del board di Afc Dream Asia Foundation, presieduto dal principe e ministro dello Sport di Riyadh Abdulaziz bin Turki Al-Faisal, un progetto che mira al potenziamento a tutti i livelli del calcio asiatica. Inoltre, Zaw Zaw avrebbe ricevuto l’incarico di presidente di un nuovo comitato Fifa dedicato alla responsabilità sociale (il magnate birmano è attualmente presidente di un organo analogo nella Afc), il cui vicepresidente sarà Javier Zanetti, leggenda e storico capitano dell’Inter. Ma la sua influenza va ben oltre il mondo dello sport.
Zaw Zaw, il tycoon
Zaw Zaw è fondatore e presidente del Max Myanmar Group, creato nel 1993 e partito nel business dell’importazione di macchine usate giapponesi. Da lì la holding è diventata una potenza economica rilevante nel Paese, investendo in settori che vanno dalle costruzioni all’agricoltura, fino all’industria e all’estrazione e al commercio della giada. Possiede poi una catena di hotel e varie stazioni di servizio. Nel 2012 secondo Reuters il fatturato annuale del gruppo si aggirava intorno ai 500 milioni di dollari statunitensi.
Le controversie e le accuse di sostegno al regime in Myanmar
Considerato vicino al regime dei generali Maung Aye e Than Shwe, che ha retto il potere in Myanmar dal 1992 al 2011, è stato inserito in una blacklist dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti proprio per i legami con la giunta militari avuti in passato. In sostanza alle aziende americane erano vietati gli affari con le società riconducibili a Zaw Zaw. Durante il precedente governo militare, infatti, sarebbero state commesse diverse violazioni dei diritti umani, e per questo dal 2009 al 2016 il suo Max Myanmar Group è stato sanzionato più volte dall’Ue e dagli Usa. Nel 2011, poi, viene liberata Aung San Suu Kyi, fino al 2010 tenuta prigioniera dal regime e principale candidata alla guida del paese post-regime, oltre che vincitrice del premio Nobel per la pace. Nel 2016, Zaw Zaw viene cancellato dalla blacklist statunitense, contemporaneamente all’elezione di Htin Kyaw, vicino a San Suu Kyi ed esponente della Lega Nazionale per la Democrazia. Ma la situazione in Myanmar resta instabile e anche durante il mandato del presidente eletto l’esercito si rende protagonista di una durissima repressione ai danni della minoranza Rohingya e all’esodo in Bangladesh di circa 700mila persone. Pare che alcune donazioni all’esercito in quel periodo siano partite dalla Ayeyarwady Foundation, la colonna filantropica dell’impero di Zaw Zaw. Nel 2021 un golpe riporta in mano dei militari il Paese, scatenando una guerra civile che contrappone l’esercito regolare alle varie milizie attive soprattutto ai confini con la Cina e il Bangladesh e dando inizio a una corsa all’oppio che ha reso il Myanmar il principale produttore al mondo, superando l’Afghanistan, e aprendo una filiera che vale tra lo 0,9 e l’1,4% del pil nazionale. Tramite la Max Myanmar, la sua fondazione e i suoi ruoli nelle istituzioni sportive Zaw Zaw (è anche proprietario di una squadra, il Delta United, dove ha militato il nipote del generale Than Shwe) rimane un riferimento economico e politico. Nonostante tutto. E ora Infantino, tramite il Fifa Peace Prize e la poltrona più importante all’interno della Commissione Fifa per la responsabilità sociale gli sta dando ulteriore potere.
Le terre rare e le ambizioni del Potus
Se già questo di per sé basterebbe a mettere in dubbio la reale virtù che il premio Fifa materializzerebbe, il quadro peggiora se consideriamo alcune novità nella gestione dei rapporti diplomatici tra Usa e Myanmar. Il presidente Trump, infatti, ha annunciato che interromperà l’asilo temporaneo degli immigrati birmani in terra statunitense, spiegando che le elezioni previste per dicembre sono un segnale inequivocabile: il Myanmar è un posto sicuro, quelle persone possono tornare a casa. In realtà, come abbiamo già scritto, al di là della propaganda l’obiettivo reale sono le risorse naturali presenti sul territorio intorno a Naypyidaw. Lì si trovano le fonti di terre rare più ricche del mondo, superate solo da quelle presenti in Cina e negli Stati Uniti. Dunque serve guardare da più lontano per capire cosa sta succedendo, per orientarsi in un contesto più ampio, in cui gli interessi geopolitici delle principali potenze mondiali si contrappongono. È la guerra economica che va avanti da anni. Il Myanmar si trova a giocare un ruolo importante in questo scacchiere.
Gianni Infantino sta interpretando il ruolo del mediatore, quasi fosse a capo di un organo diplomatico sovranazionale prima ancora che a un’istituzione sportiva. Quel premio alla pace è forse propedeutico a una stretta di mano tra Trump e uno degli uomini più ricchi del Myanmar? La Fifa ha apparecchiato il tavolo affinché tra due Stati venisse sancito, anche solo simbolicamente, un accordo? Le risposte possiamo darcele solo leggendo tra le righe. Ma dietro a quel premio Nobel in salsa calcistica sembra esserci ben altro.