La questione della pugile Imane Khelif continua a far discutere. Non è più una questione solo sportiva, che aveva visto l’algerina battere l’azzurra Angela Carini sul ring e farle vincere poi l’oro alle Olimpiadi di Parigi, ma è diventata una questione politica, di dibattito pubblico in tema di diritti. Ecco che Imane torna sui social a mostrarsi come non la avevamo mai vista: truccata, con indosso un abito floreale, ombretto rosa, orecchini e lucidalabbra. Se da un lato la pugile sta facendo valere i suoi diritti in sede legale contro gli hater, e tra questi rientrerebbero Elon Musk e J. K. Rowling, dall’altro sfida lei stessa gli altri (o perlomeno gli hater) sfoggiando questo look inedito. Basta poco per vedere che prima d’ora non c’erano sul suo profilo Instagram foto o video di questo genere. Eppure, evidentemente, ha sentito la necessità di ribadire di essere una donna. Ma per essere donne servono trucco e parrucco? Non è questo stesso modo di mostrarsi (e quindi definirsi) donna che svilisce l'identità stessa? È davvero questa la vera essenza dell’essere donna? O così facendo si ridimensiona la femminilità e si mette in atto una sorta di antifemminismo? Forse Imane, forte della propria posizione, avrebbe potuto semplicemente continuare con delle dichiarazioni, continuando a combattere e a far valere i propri diritti sul ring, invece ha voluto a quanto pare lanciare un guanto di sfida ai critici che non la ritengono una figura propriamente femminile. Ma il rischio non è di ottenere l'effetto contrario? Chissà.
Su MOW, vedendo il video della premiazione di Imane, ci siamo peraltro chiesti come mai l’atleta, nel momento in cui le hanno messo la medaglia al collo, non si sia risentita per la pacca ricevuta sul petto dall’uomo incaricato durante la cerimonia. Solo noi ci siamo accorti di quel momento? O anche lei e non ha detto nulla? Resta il fatto che il Cio, il comitato olimpico internazionale, ha difeso fortemente la decisione della pugile di gareggiare. Cosa che, invece, non ha fatto l’Iba in occasione del campionato del mondo 2023, che aveva escluso Imane e Lin Yu-ting, collega di Taiwan, per aver fallito un test di idoneità di genere. Resta da chiedersi, quindi, quando e se finirà questa polemica e, soprattutto, se si risolverà in qualcosa di positivo, non solo per lo sport, ma anche per l’identità delle persone, donne o uomini che siano.