Per una pace perpetua tra Israele e il popolo palestinese. Donald Trump, principale promotore dell’accordo, nel suo discorso ha parlato di eternità. Hamas ha accettato le condizioni poste per la prima fase della tregua, cioè la restituzione degli ostaggi in cambio della scarcerazione di 1.968 detenuti palestinesi. Israele dovrà ritirare il proprio esercito dietro la linea gialla, pur mantenendo il controllo di gran parte della Striscia. Non tutti scommettono sulla tenuta di questo accordo, la fase è ancora delicata. In Italia, mentre la presidente Giorgia Meloni si trovava al vertice di Sharm el-Sheikh, si prepara la partita tra la Nazionale di Gennaro Gattuso e Israele valida per la qualificazione al prossimo mondiale. Guardando i preparativi, i cecchini sui tetti della città e ascoltando le voci del Mossad a fare da ombrello all’evento quella pace appena stipulata sembra davvero lontana, di certo insufficiente a ripulire l’immagine di Israele. La gente vuole ancora dire chiaramente da che parte sta e la partita del gruppo I di qualificazione è l’occasione giusta. Ed ecco quindi le barriere di cemento intorno al Bluenergy Stadium di Udine, le transenne di ferro, i posti di blocco e il dispiegamento di forze dell’ordine e l’azione invisibile dei servizi segreti. In cielo volano elicotteri e droni, per le vie di Udine c’è poca gente, almeno fino al pomeriggio, e quasi nessuna auto. Anche le strade si fermano con posti di blocco e viabilità ridotta. Mobilitati anche l’esercito e i reparti speciali: l’evento è classificato al livello di rischio 4, il più alto, dall’Osservatorio nazionale delle manifestazioni sportive. Alle 17:30, infatti, partirà la manifestazione pro-Palestina da piazza della Repubblica in direzione piazza Primo Maggio. Previste 10mila persone, ma le proteste di queste ultime settimane hanno dimostrato che l’affluenza può crescere facilmente. La Nazionale azzurra deve vincere se vuole avere la certezza di potersi giocare l’accesso al Mondiale passando per i playoff. Gli israeliani coltivano ancora qualche speranza di arrivare secondi. Sportivamente è un crocevia essenziale per entrambe le squadre. L’Italia rischia l’esclusione per la terza manifestazione consecutiva. La pressione su Gattuso e la squadra è enorme, ovviamente ingigantita da ciò che accadrà fuori dai cancelli dello stadio. È inevitabile che sia così: “Ci saranno 5mila persone dentro lo stadio e 10mila fuori”, ha detto il ct. Nessuno sa dove sia la squadra israeliana, l’alloggio scelto dagli avversari dell’Italia è segreto.

Da mesi si discute, nelle piazze e nelle aule del Comune. Tantissimi hanno espresso il loro dissenso e la necessità di rinunciare a questa partita per la gravità di ciò che stava succedendo nella Striscia; altri, invece, hanno insistito: lo sport deve unire, non dividere. Fatto sta che in Italia le proteste sono state tra le più dure e partecipate, milioni di persone sono scese in piazza, hanno occupato autostrade e fermato le stazioni ferroviarie. La partita tra gli azzurri e Israele, però, si giocherà lo stesso. Cosa accadrà sul campo, sugli spalti e ai margini dello stadio, oltre le barriere di cemento, lo vedremo. Ma sono pochi, visti anche i presupposti e le difficoltà pratiche nel raggiungimento dello stadio – controlli lunghi, strade chiuse -, coloro che assisteranno alla partita dal vivo. Le ultime notizie parlano di circa 8mila persone su 16mila potenziali spettatori. La metà di quelli che potrebbe contenere lo stadio, circa 25mila. Blindati i 50 supporter di Israele, tutelati sia dalle forze dell’ordine italiane che dai servizi. Forse c’è di più della semplice scomodità, comunque, per la poca affluenza: il valore sportivo, per una volta, sembra subordinato a quello politico.

