Ci sono coincidenze che possono restare solo tali, altre che invece risultano come dei veri e propri segni premonitori. Era il 6 luglio 2008 quando un ragazzo di Maiorca, con i pantaloncini lunghi e la maglia senza maniche, sollevava il suo quinto Slam. Si chiamava Rafael Nadal, aveva 22 anni, un mese e tre giorni. Oggi, sedici anni dopo, un altro spagnolo si ritrova a giocare per lo stesso traguardo. Carlos Alcaraz ha esattamente 22 anni, un mese e tre giorni. E se dovesse vincere il Roland Garros, sarebbe il suo quinto titolo Slam. Come Rafa. Alla stessa età. Stesso giorno. È una di quelle sovrapposizioni numeriche che fanno rumore. Non solo perché l’età è identica, ma perché il contesto è simile: una finale su terra, uno scenario carico di storia, e l’occasione per affermarsi in modo definitivo. Nadal vinse a Wimbledon, Alcaraz sogna Parigi. Ma il simbolismo resta intatto. Il murciano arriva all’atto finale dopo una semifinale dominata su Lorenzo Musetti. Il toscano aveva vinto il primo set giocando un tennis brillante, ma si è progressivamente spento tra crampi e dolori alla coscia sinistra, fino al ritiro nel quarto set.

“Vincere così non è bello, lo rispetto molto. Gli auguro di tornare presto, spero che possiamo giocare tante altre partite”, aveva detto Carlos in conferenza stampa. Alcaraz gioca per entrare nella storia. Con quattro Slam già conquistati (due Wimbledon, uno Us Open e un Roland Garros), si trova ora davanti alla possibilità di fare 5 alla stessa età di Nadal. E proprio come per Rafa, la pressione non sembra spaventarlo. Anzi. “So che tutti si aspettano da me grandi cose, ma non penso a questo. Penso solo a giocare bene e divertirmi in campo”, ha detto più volte negli ultimi mesi. Di fronte a lui, però, c’è un avversario che non intende lasciargli campo libero. Jannik Sinner arriva a questa finale da numero uno del mondo, senza aver perso un set nel torneo e con una regolarità che ha sorpreso anche i giornali spagnoli. Marca, infatti, scrive che “la sua costanza è impressionante, è sempre lì. Per trovare un torneo in cui non è arrivato in fondo, bisogna tornare a Bercy 2023. E anche lì si ritirò prima di scendere in campo”. L’evoluzione mentale e tecnica di Sinner è sotto gli occhi di tutti. E dopo la vittoria su Djokovic in semifinale, il messaggio è stato chiaro: adesso comanda lui.

Anche dal punto di vista emotivo, il match contro Nole ha avuto un significato particolare. Il serbo ha lasciato intendere che quella di venerdì potrebbe essere stata la sua ultima partita al Roland Garros: “Non ho detto che è stata l’ultima, ma potrebbe esserlo. È stato tutto molto emozionante. Mi sono sentito sotto pressione per tutta la partita, lui non mi ha mai lasciato respirare. Ha vinto meritatamente”. Parole che sembrano sancire un passaggio di consegne, almeno sulla terra rossa. E proprio questo passaggio è il vero tema della finale: Sinner contro Alcaraz è il nuovo classico del tennis, lo scontro tra due generazioni che si sovrappongono. Non c’è più un “prossimo Federer”, un “nuovo Nadal” o un “aspirante Djokovic”: ora ci sono loro. Due talenti diversi per stile, fisico e approccio, ma ugualmente determinati a riscrivere le gerarchie. Una finale che è anche uno scontro tra mentalità, tra pressione e controllo, tra istinto e disciplina. Lo sa bene anche lo stesso Sinner, che alla vigilia ha parlato chiaro: “Carlos sulla terra è il più forte. A Roma lo ha dimostrato, ma a Parigi sarà un’altra storia. Proverò a fare il mio gioco e a metterlo in difficoltà”. I precedenti tra i due sono equilibrati, ma il livello è altissimo da entrambe le parti. Se da un lato Alcaraz ha dimostrato di essere tornato al massimo dopo gli acciacchi che lo avevano limitato nei mesi scorsi, Sinner ha ritrovato continuità e aggressività dopo la sospensione per il caso Clostebol. Le voci su chi sia il favorito si rincorrono, i pareri sono discordanti, ma speriamo che Sinner possa "vendicarsi" della sconfitta avvenuta proprio a Roma...