Cosa accadde il 12 luglio 1998, a poche ore dalla finale del Mondiale tra la Francia di Zinedine Zidane e il Brasile di Ronaldo? Che cosa causò il malore che generò le convulsioni del Fenomeno brasiliano, la sua successiva astenia nei novanta minuti decisivi dello Stade de France e la barcollante e penosa discesa dalla scaletta dell’aereo una volta rientrato a Rio, il giorno dopo? Doping? Una cura sbagliata? Stress? Ingerenze dello sponsor? Nulla di tutto questo, ma il furto di una medaglia, di un talismano di nessun valore economico, eppure dotata di uno sciamanico potere soprannaturale, ovviamente, per chi ci crede. Furto a opera di un giovanotto introdottosi con l’inganno nel resort di Lesigny, sede del ritiro brasiliano.
Venticinque anni dopo, e dietro compenso, ci si può anche scherzare su. Il compenso è quello generoso di Netflix, che ha ingaggiato il noto giornalista brasiliano Marcos Uchoa, lo stesso Ronaldo e Fabien Barthez per la realizzazione di un breve corto di lancio per la terza stagione della serie Lupin. Una sceneggiatura immaginaria, una sciocchezzuola che gioca su quello che rimane uno dei grandi misteri del calcio, ovvero ciò che successe in quella camera d’albergo dove Ronaldo, allora ventunenne, finì in preda alle convulsioni per qualche decina di secondi e rimase incosciente per una manciata di minuti.
Le teorie del complotto
Roberto Carlos, compagno di camera di Ronaldo, chiamò immediatamente medici, compagni e soccorsi. Edmundo e Cesar Sampaio furono i primi ad arrivare. Il resto, per diverso tempo, si è perso nelle nebbie di varie teorie complottistiche, ricordate da Alex Bellos sul Guardian. Alcuni media hanno raccontato che Ronaldo, che era stato trattato poco prima con un antidolorifico, avesse nascosto allo staff sanitario una condizione medica pregressa e che questa fosse stata causa di una reazione allergica; altri hanno adombrato il sospetto del doping; altri ancora che tutto nascesse da un’offerta da 23 milioni di dollari ai calciatori brasiliani per vendere la finale, aspetto che Ronaldo avrebbe accettato dopo un iniziale rifiuto.
Peraltro, non si trattò neppure di un attacco di epilessia, notizia – poi rivelatasi infondata – che uscì all’epoca ma avrebbe trovato in seguito solo smentite, non avendo mai sofferto il brasiliano, né prima né dopo, di quel disturbo. Di certo, a lungo, si seppe solamente che Ronaldo, dopo essersi ritirato in camera per riposarsi e guardare in televisione il gran premio di Formula 1 (quel pomeriggio si correva a Silverstone), ebbe una crisi convulsiva a seguito della quale, una volta stabilizzato, venne trasportato alla clinica Les Lilas per tutti gli esami del caso.
Ronaldo in campo
Certo è che, quando il Ct Mario Zagallo comunicò per la prima volta la formazione titolare, 72 minuti prima dell’inizio della gara, Ronaldo – che era ancora in clinica – non era tra gli undici. Al suo posto c’era Edmundo. In realtà il Fenomeno la finale l’avrebbe giocata dal primo minuto, come si sarebbe appreso con la distinta ufficiale, comunicata tre quarti d’ora prima della partita. Ecco l’ennesima teoria del complotto, secondo la quale la presenza di Ronaldo, pur indebolito, fosse dovuta alle ingerenze dello sponsor tecnico della Seleçao – e suo personale: Nike – che lo voleva in campo, nel più bieco cinismo del marketing. Balle. Eppure, in Brasile questa diceria portò anche a un’inchiesta parlamentare che, inevitabilmente, si risolse in un’archiviazione.
Parole e reticenze
Ciò che accadde realmente lo possono sapere solo Ronaldo e i dottori che lo visitarono in quelle ore, e cioè Livio Toledo, allora medico della Seleçao e nel frattempo scomparso, il dottor Roger della clinica parigina Las Lilas, e successivamente, come ricostruzione, Piero Volpi – allora medico sociale dell’Inter, inviato poi dal club a esaminare la cartella clinica – e il cardiologo milanese Bruno Carù, luminare della specialità, morto nel 2022. In un’intervista del 2012 alla Tribù del calcio, Carù raccontò che, dalla documentazione alla quale aveva avuto accesso, il Fenomeno aveva addirittura rischiato di morire. A provocargli le convulsioni e lo svenimento sarebbe stata la compressione del glomo carotideo, un organo che partecipa attivamente alla regolazione riflessa delle funzioni respiratoria e circolatoria.
Cosa abbia provocato questa compressione non è mai stato chiarito: si suppone qualche movimento innaturale del collo, nella posizione adottata dal Fenomeno a letto, ma è solo un’ipotesi. Ronaldo stesso, in questo senso, è sempre stato reticente e non ha mai saputo dare una risposta. “Ho deciso di riposarmi un po’ dopo pranzo e l’ultima cosa che ricordo è stata di essere andato a letto. Poi ho avuto delle convulsioni. Quando mi sono ripreso ero circondato dai giocatori e c’era anche il compianto dottor Lidio Toledo: non volevano dirmi cosa stava succedendo”, raccontò a FourFourTwo nel 2020. Lui, però, a prescindere dall’accaduto, una volta rientrato dalla clinica poche decine di minuti prima del riscaldamento, affrontò il Ct e, di fatto, si mise in campo: “Dissi a Zagallo che gli esami non avevano trovato nulla, che stavo bene e che avrei giocato. Decisi io, non gli diedi alternative”.
E in effetti giocò; ma fu come se quella partita non l’avesse mai giocata.