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Ma avete sentito cosa dice Mastour, ex baby fenomeno del Milan? “Ho sofferto di depressione. Ero solo una macchina da soldi”. E parla per la prima volta a Cronache di spogliatoio: “Non volevo più vedere il calcio..."

  • di Jacopo Tona Jacopo Tona

  • Foto: Ansa

25 giugno 2025

Ma avete sentito cosa dice Mastour, ex baby fenomeno del Milan? “Ho sofferto di depressione. Ero solo una macchina da soldi”. E parla per la prima volta a Cronache di spogliatoio: “Non volevo più vedere il calcio..."
È una storia di rinascita quella di Pio Esposito, una storia di interismo, un legame indelebile proprio con Chivu, l’allenatore che lo ha visto crescere e che ora lo ha portato nel calcio che conta. Ecco perché per lui giocare al fianco di Lautaro Martinez è molto più che una banale partita da titolare: è un sogno che si realizza dopo 11 anni

Foto: Ansa

di Jacopo Tona Jacopo Tona

Immagina, a 16 anni, essere al Milan, anche se non giochi, e alla stessa età debuttare nella tua Nazionale, il Marocco. Hai talento e passione, ma forse sei troppo giovane, e ti ritrovi catapultato in un mondo decisamente sproporzionato rispetto a quello che sei, e che potresti diventare. In altre parole, ti bruci. Ad Hachim Mastour è andata così: “Ho sofferto di depressione, soprattutto quando mi hanno giurato che non avrei mai più messo piede in campo. Non puoi togliere un sogno a un ragazzo.” Lo ha raccontato a Cronache di spogliatoio, aggiungendo dei retroscena sulla sua situazione. Dopo una carriera travagliata, tra Spagna, Grecia, Marocco e serie minori, adesso è in Kings League nel team di Christian Brocchi, ma guardandosi indietro si rende conto di tutto il male che ci può essere in un mondo iperpompato, come quello del pallone.

Hachim Mastour
Hachim Mastour Ansa

“Ho realizzato dopo di essere una macchina da soldi, però facevo parte di quel sistema, in quel momento. Chiaramente, era difficile circondarsi di persone di fiducia, di persone che ti volevano bene davvero. Purtroppo è un mondo così, bisogna stare attenti. Poi con l’esperienza crei questa abilità nel riconoscere chi far entrare nella tua bolla, chi ti può stare vicino e chi no. Io, all’epoca ero piccolo, non sapevo come muovermi. Mi sono fidato, ma poi hanno strumentalizzato il mio essere calciatore, la mia persona”. Questa, la causa del problema. Tutti i soldi che girano intorno al calcio faranno anche la felicità, ma devi imparare a gestire tutto ciò che comporta essere un Bancomat vivente. “Io, quello che volevo essere da sempre, era un calciatore. Essere visto come una macchina da soldi, come entrate, era brutto, perché io cercavo soltanto di inseguire questo mio sogno: giocare a calcio, divertirmi, inseguire il pallone”.

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La minaccia di non giocare più, soprattutto, ha sconvolto il giovanissimo calciatore: “Sei circondato da gente potente, quindi non sai mai come va a finire, o cosa può succedere. Per cui, poi, vivi pensando al futuro, e quando proietti la mente in un qualcosa di incerto poi senti tante voci dentro, tanti pensieri, e da lì scatta la depressione. Perché non vivi più quel momento lì, non stai più nel presente. Ti proietti in un qualcosa che non c’è, visualizzi cose, pensi cose e non ti vivi più il momento” Le conseguenze? “Non trovavo più piacere in quello che facevo, ero addirittura arrivato a non vedere più il calcio in tv”. Come si è salvato? “Non mollando. La perseveranza è quello che mi ha portato a essere qua oggi, ed essere la persona che ha superato quegli ostacoli. Non mollate, inseguite i vostri sogni: lo consiglio a ogni ragazzo, a ogni persona che vedo. Io a casa sono circondato da palloni piccoli, e il fatto che magari ci passavo di fianco e non li toccavo mi dispiaceva. Ritornare a farlo è stato ciò che mi ha risvegliato il fuoco dentro”. Giocare, che sia la soluzione a tutto?

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