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Ma è colpa di Rabiot e Rowe o di De Zerbi? Marsiglia in fiamme, ma non è che il mister italiano abbia contribuito al clima incandescente? Perché guardando il docufilm sull'Olympique…

  • di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

  • Foto: Ansa

21 agosto 2025

Ma è colpa di Rabiot e Rowe o di De Zerbi? Marsiglia in fiamme, ma non è che il mister italiano abbia contribuito al clima incandescente? Perché guardando il docufilm sull'Olympique…
Marsiglia brucia di passione e tensione: l’era De Zerbi ha acceso entusiasmo ma anche scontri, come la rissa Rabiot-Rowe. L’Om è rinato, ma lo spogliatoio è una polveriera

Foto: Ansa

di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

Marsiglia brucia. Brucia di passione e identità. Marsiglia brucia ogni volta che l’Om gioca al Vélodrome. Da quando in panchina c’è Roberto De Zerbi il fuoco è ancora più incandescente. Quando la fiamma è troppo alta, però, si può perdere il controllo e a quel punto il calore può far male. Lo scontro violento tra Adrien Rabiot e Jonathan Rowe, scoppiato al termine della sconfitta contro il Rennes, ha portato la dirigenza a una decisione drastica: entrambi i calciatori sono stati messi in vendita. Sono volati pugni e il giovane Darryl Bakola pare si sia sentito male. Il presidente Pablo Longoria ha detto che né lui né il ds Mehdi Benatia avevano mai visto una situazione del genere in tanti anni di calcio. Insomma, un caos. Che Marsiglia fosse una piazza particolarmente esigente si sapeva. Inoltre, l’ultimo periodo prima dell’arrivo di De Zerbi era stato piuttosto negativo. Con il mister italiano le cose sono cambiate molto, come si vede negli episodi di Sans jamais rien lacher, il docufilm della scorsa stagione. In quelle stesse immagini, però, emerge chiaramente una cosa: che la tensione nello spogliatoio è sempre stata elevatissima. Anche prima dell’ultima rissa.

Tenere sempre alto il livello di adrenalina può sicuramente essere un vantaggio nel corso della stagione, e il secondo posto raggiunto dall’Om lo dimostra. Allo stesso tempo è possibile che l’esplosione della rissa e del caso Rabiot-Rowe sia l’esito estremo, e negativo, di tutte quelle sollecitazioni. Sono usciti cinque episodi di Sans jamais rien lacher e in tutti, sempre, i toni di De Zerbi sono da condottiero, quelli dei calciatori da soldati. Nel terzo episodio, dopo la sconfitta con l’Auxerre e una lavagna lanciata per terra, si va in ritiro e ci si alza alle cinque del mattino. A vedere oggi il finale di quello stesso episodio poi si ha davvero l’impressione che la rissa fosse già nell’aria: “Mettiamoci in testa che la grande squadra non cambia atteggiamento da partita a partita”, dice De Zerbi, “solo questa roba qua vi chiedo. Tutti quelli che entrano, che non entrano, se dobbiamo picchiarci in campo, se dobbiamo picchiarci nello spogliatoio. Voglio una squadra forte, da Om”. Una sfortunata profezia. Anche all’inizio del secondo episodio volano cose in spogliatoio, e anche lì De Zerbi sembra guardare nel futuro: “Marsiglia è bella perché è tutto eccesso”. E poi appelli alla fame, al coraggio, paura mai, forti sempre, “fuck off”. Alti e bassi troppo estremi. Nell’ultimo episodio uscito la stagione è quasi finita, i battiti sono meno frenetici. Il momento di calma prima degli ultimi metri. Ora, dopo l’estate, un altro campionato è cominciato e la pressione, dopo il secondo posto, è tanta, sia per De Zerbi che per i calciatori. È bastata una sconfitta ad accendere la miccia. Uno spogliatoio non deve essere per forza una polveriera, ci sono esempi virtuosi di allenatori calmi e vincenti, Carlo Ancelotti insegna. Questo, però, è Roberto De Zerbi, prendere o lasciare, con pregi (tanti) e difetti (pochissimi). Anche a costo di vedere qualche pugno volare dopo un 1-0.

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