Quando Jannik Sinner ha strappato il servizio a Carlos Alcaraz all’inizio del terzo set nella finale del Roland Garros, la sensazione era una: siamo vicini alla fine. L’azzurro, numero uno al mondo, aveva appena infilato il ventesimo set consecutivo a Parigi. Bastava poco per arrivare al quarto Slam della carriera, il primo sul rosso. Di là, uno che non aveva mai rimontato due set sotto in uno Slam. E così, tre ore più tardi, era Alcaraz a sollevare la coppa di Parigi, lasciando a Sinner il sapore amaro di una vittoria mancata per tre match point. Il mondo, nel frattempo, stava ancora cercando di capire come fosse stato possibile assistere a cinque ore e 29 minuti di tennis di livello inumano, con entrambi i giocatori che sono esplosi proprio nel super tie-break finale. Una partita massacrante. A spiegare cosa ci sia dietro è Mark Ellison, fondatore di Haute Performance ed ex nutrizionista di Andy Murray, del Manchester United e della squadra olimpica di boxe britannica: “La preparazione alla finale comincia appena finisce la semifinale”, spiega.

Tradotto: il corpo va nutrito e ricostruito con precisione millimetrica. Il primo obiettivo? Recuperare il 150% dei liquidi persi in campo, perché una parte andrà inevitabilmente eliminata. Poi si passa ai carboidrati: da 1 a 1,5 grammi per chilo di peso corporeo all’ora fino al pasto successivo. Andy Murray, ad esempio, divorava 40 pezzi di sushi (spicy tuna e avocado con maionese piccante, per la precisione). Ma non bastano i solidi: i professionisti si riempiono di shake proteici, elettroliti e gel di carboidrati per recuperare l’energia muscolare. E con la terra rossa, tutto si complica. “Il tennis è brutale, soprattutto sul clay”, dice Ellison. “Oltre all’energia, devi gestire i danni muscolari”. Per questo si mangia costantemente: dalle 5 alle 8 “alimentazioni solide” nelle 24 ore prefinale. “Nascondiamo i nutrienti in tutto: salse, dolci, snack, bevande”. I team tecnici arrivano ai tornei con sensori di temperatura e umidità per studiare quanto sudano i loro giocatori e adattare così la strategia di idratazione. “Nei giorni freschi si perdono anche solo pochi ml, ma nei momenti critici si possono perdere 2 o 3 litri d’acqua all’ora. E oltre il 2% di disidratazione, si perde lucidità, forza e resistenza”. Ecco perché si personalizzano le bevande: soluzioni su misura per ogni giocatore.

Durante una partita come quella di domenica, un atleta di 75 kg brucia fino a 4.000 calorie. Il problema? Arrivano già scarichi alla finale, dopo due settimane di match ogni due giorni. Un tennista può stoccare 530 grammi di glicogeno nei muscoli, fegato e sangue. Ma ricostituirli è un’impresa. “Bisognerebbe ingerire 6-10 grammi di carboidrati per chilo di peso al giorno, ma è quasi impossibile farlo solo con il cibo solido. Ci vogliono anche i liquidi”, spiega Ellison. Alcaraz, prima dei match, opta per un mix di pasta (con e senza glutine) e una crema di cacao con datteri e olio d’oliva. Poi, a ridosso del match, una barretta atta di datteri, albume e guaranà. Sinner preferisce soluzioni più semplici: riso e pollo o un panino con prosciutto e formaggio, a seconda dell’orario. Durante il match, i giocatori assumono tra 30 e 60 grammi di carboidrati all’ora: tra gel, banane, barrette, bevande energetiche e succo di sottaceti. Sì, pickle juice. Non è buonissimo, ma è stato dimostrato che riduce i crampi del 40% più velocemente dell’acqua.

Sta di fatto che entrambi ne sono usciti segnati nel corpo e nella mente. Uno studio del 2013 dimostrava che, dopo tre giorni di torneo, nemmeno due giorni di riposo bastano a recuperare la potenza delle gambe. E la testa? Forse è Sinner a dover affrontare la prova più dura. “Fa male, sì”, ha detto l’italiano nel post-partita. Per il mental coach Jamil Qureshi la chiave sarà il “reframing”: “Come possiamo vedere quello che è successo in modo da farne una risorsa? Sinner ha un grande team, lo aiuteranno a rielaborare e ripartire. E se ha la mentalità giusta, e io credo che ce l’abbia, trasformerà tutto questo in carburante per il futuro”. Alcaraz, intanto, ha spiegato cosa gli ha permesso di ribaltare la partita: “Non ho mai smesso di crederci. Nemmeno nei match point. Pensavo: un punto alla volta. Salviamolo. Poi il game. Poi continuo a credere”. Ora Wimbledon è già alle porte: Alcaraz si è rifugiato, come da tradizione, a Ibiza. Sinner, in montagna con i suoi. E Jannik dovrà riprendersi il suo post da numero uno proprio sull’erba.