L’anno che verrà per Matteo Berrettini è già cominciato, ed è cominciato con una novità, un cambiamento che, per un atleta, non è esattamente banale: quello dell’allenatore. Dopo la chiusura della collaborazione con il suo storico coach Vincenzo Santopadre, annunciata a fine ottobre, da alcuni giorni a questa parte il tennista romano si sta allenando a Montecarlo con Francisco Roig, colui che infine ha convinto Berrettini ad accompagnarlo verso una risalita che, in realtà, vuole essere una rinascita. The Hammer oggi, a 27 anni, si trova al numero 92 del ranking Atp e viene da un anno e mezzo con pochissime soddisfazioni e segnato dagli infortuni. Ma nessuno può dimenticare da dove viene Berrettini: tra il giugno 2021 e il giugno 2022 era stato capace di vincere due volte il Queen’s, era stato il primo italiano a raggiungere la finale di Wimbledon, salendo sino al sesto posto nel ranking mondiale, ed era arrivato in semifinale agli Australian Open, prima di iniziare un calvario di guai fisici che ne ha di fatto bloccato l’ascesa. Prima l’intervento chirurgico alla mano destra, quindi il Covid che lo vide saltare Wimbledon 2022, poi un problema al piede sinistro e, buon ultimo, un guaio muscolare agli addominali. Non che di tutto ciò avesse alcuna colpa Santopadre, ma a un certo punto, quando l’inerzia non sembra volersi modificare, tanto vale strappare e forzare il cambiamento. Seguendo l’esigenza di aprire una nuova fase, ecco la scelta in favore di Roig. Classe 1958, catalano, Francisco Roig ha alle spalle una dozzina di anni di carriera professionistica nella quale si è al massimo arrampicato sino alla posizione numero 60 del ranking Atp in singolare, raggiungendo il ventitreesimo posto quale best ranking nel doppio, ma è da allenatore che ha costruito la sua fama. Per quasi 18 anni, dal 2005 al 2022, ha infatti lavorato nella squadra di tecnici di Rafa Nadal, affiancando prima Toni Nadal poi Carlos Moya nell’allenamento del maiorchino. Roig, nello staff di Nadal, ha sempre lasciato il primo piano mediatico alle altre figure, ma lo stesso ex numero 1, al momento della separazione tra i due, ne ha ricordato con affetto il ruolo e l’importanza, anche perché la presenza di Roig in fondo era sempre stata una costante all’interno del suo team.
Considerando che, stando a quanto riportano le testate specializzate, tra i papabili era presente anche lo svedese Thomas Enqvist, sarà interessante capire quanto abbia pesato, nella scelta di Berrettini, l’abitudine di Roig a lavorare con un atleta come Nadal, la cui carriera è stata costellata da infortuni e che, nonostante questo, assieme a Roger Federer ha dominato un’era. Proprio la necessità di mettersi alle spalle un periodo fisicamente piuttosto duro e poter pensare solo al tennis è la priorità di Berrettini, al quale peraltro mediaticamente non si perdona nulla, a maggior ragione da quando la relazione con Melissa Satta ha scatenato i guardoni del gossip e affollato la fila davanti al buco della serratura del loro rapporto. Ma non è questo, alla fine, il suo cruccio, quanto piuttosto il cono d’ombra dal quale non sembra riuscire ad evadere. Funzionerà? Tutto da capire, ma le verifiche arriveranno a breve, già da Brisbane, dove Berrettini comincerà la stagione. I precedenti positivi non mancano, a partire da Jannik Sinner, che nel febbraio 2022 salutò il suo storico coach Riccardo Piatti, un'istituzione, per passare a Simone Vagnozzi, al quale pochi mesi più tardi si sarebbe aggiunto l’australiano Darren Cahill. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, segno che una scossa, spesso, serve. Ed è, del resto, quello che (in un altro sport) ha cercato ad esempio Marcell Jacobs affidandosi a Rana Raider in vista di Parigi 2024, e come lui anche un altro oro olimpico in carica, Gianmarco Tamberi, che lo scorso gennaio ha ufficializzato la scelta di farsi allenare da Giulio Ciotti e non più dal padre. “Deve stare nei primi 20 del mondo”, lo ha spronato l’ex coach, e del resto il potenziale del tennista romano lo si è visto nel corso degli anni, al punto che vederlo a Malaga quale mascotte del gruppo azzurro che ha vinto la Coppa Davis ha lasciato a tutti una sensazione malinconica, unita alla consapevolezza che, se anche lui fosse al top della forma, la pattuglia italiana, oltre a essere vincente, oggi sarebbe davvero una superpotenza.