Da una parte Christian Chivu che durante Roma-Inter flette i muscoli guardando Lautaro Martinez per dargli la carica, poi la trasferta di Champions vita in Belgio contro l’Union Saint-Gilloise. Un risultato reso facile grazie a una buona prestazione. Dall’altra Antonio Conte che in conferenza dopo averne presi sei dal Psv si rivolge alla sua città dicendo che “i napoletani non devono essere presi per il culo”, che il problema è la sovrabbondanza di giocatori, che le due competizioni rendono tutto più complicato, tanto da rendere favoriti gli altri. Ma si sa: per Conte a dover vincere sono sempre gli altri. Troppi i tasselli del puzzle-Napoli ancora senza collocazione, la figura è ancora difficile da scorgere. Noa Lang (pagato 28 milioni di euro tra base fissa e bonus) ha parlato con tono disperato, “non so più che fare”, un po’ come lo studente all’ultimo banco che alza la mano senza mai essere chiamato a rispondere dal professore. L’ultima settimana di Inter e Napoli, che si concluderà con lo scontro diretto di sabato al Maradona, rappresenta alla perfezione la natura ondulatoria del calcio. I nerazzurri sono nel punto più alto della curva: piovono elogi su Chivu e la sua gestione, soprattutto mentale prima ancora che tattica, della squadra. Anche la costruzione della rosa, dopo un’estate in cui già si è parlato del tocco magico perduto di Beppe Marotta e Piero Ausilio, viene vista sotto una luce diversa, complici le convincenti prestazioni di Ange-Yoan Bonny e il buon momento di Francesco Pio Esposito, reduce da quindici giorni in cui sono arrivate le prime volte sia in Nazionale sia in Champions League. Manuel Akanji è già una colonna dell’undici di Chivu: un colpo del genere avrà un grosso segno positivo nel bilancio tecnico di questa annata. Ma qualche lacuna rimane: non tutti i nuovi, infatti, stanno rendendo al meglio, in particolare Luis Henrique, surclassato sulla fascia destra da Denzel Dumfries, e Andy Diouf, invisibile in questa prima fase di stagione. Si vedono intanto sprazzi del vero Nicolò Barella e il solito Lautaro che pressa, difende, rincorre e urla dopo i gol con le vene del collo che scoppiano. È lui, per ora, il miglior marcatore della Champions nel 2025.
Antonio Conte in questo momento è sia l’oro che il piombo di Napoli: l’uomo dello Scudetto e della “scoperta” di Scott McTominay; Conte è il vero top player, la garanzia quando si parla di campionati. Così vincente che si può permettere di dire che sono stati fatti troppi acquisti nell’ultima sessione di mercato, mentre il resto degli allenatori soffre per la scarsità delle risorse. Ma Conte è anche colui che cerca di tenere basse le aspettative, anche a costo di prendersi l’etichetta del piagnone. I suoi devono vivere con la pressione minima, almeno pubblicamente. Anche perché, a camere spente, nello spogliatoio, ci pensa lui a metterla sui giocatori. Il Napoli resta ovviamente tra le favorite. Probabilmente è più avanti delle rivali, ma tanto dipenderà dalla permanenza in Champions. Che ci siano delle frizioni è evidente da tempo. Probabilmente questo è dovuto anche a certe scelte di mercato, la più clamorosa è proprio l’acquisto di Lang, troppo anarchico per rientrare nello scacchiere di Conte. Ma ci vuole tempo. La partita al Maradona verrà preparata fin nei minimi dettagli, indipendentemente dalla presenza o meno di Rasmus Hojlund. Nel calcio si cambia idea in fretta e con Conte le somme si tirano solo a maggio. Niente panico, quindi. L’Inter non rivoluzionaria (l’impianto tecnico è rimasto grossomodo quello inzaghiano) sta funzionando, ma le vele delle squadre fanno presto a sgonfiarsi. La direzione di questa Serie A cambierà senza dubbio dopo il big match di sabato. Ma gli ambienti e le tifoserie, quale che sia il risultato, non devono farsi prendere dalla frenesia: quei due in panchina, per motivi diversi, meriteranno ancora fiducia.