La Stampa ha pubblicato in esclusiva i dettagli del chiarimento fornito dalla Wada sulla vicenda della squalifica di Jannik Sinner. In una nota inviata al quotidiano, il responsabile della comunicazione James Fitzgerald ha spiegato i motivi che hanno portato all’accordo per una sospensione di tre mesi, applicando l’articolo 10.8.2 del Codice antidoping. Questa norma, introdotta nel 2021, consente in casi particolari, e previo accordo tra tutte le parti, di ridurre la sanzione prevista per garantire un trattamento “adeguato ed equo”. Secondo la Wada, il caso di Sinner rientrava in questa categoria, poiché l’atleta è stato contaminato involontariamente, senza alcuna intenzione di doping, e la sua esposizione alla sostanza proibita è stata ritenuta scientificamente plausibile. Allora, perché squalificarlo?
![Sinner, la risposta della Wada](https://crm-img.stcrm.it/images/42530486/2000x/20250218-114413977-8338.jpg)
Nella sua nota, l’agenzia antidoping sottolinea che la prima decisione dell’Itia (International Tennis Integrity Agency) di assolvere completamente Sinner era errata. Il regolamento prevede infatti che gli atleti siano responsabili delle azioni del proprio team e che debbano essere consapevoli di qualsiasi trattamento medico ricevuto. Per questo motivo la Wada ha deciso di fare ricorso al Tas, affermando che, senza un accordo, il codice avrebbe previsto una squalifica compresa tra uno e due anni, come accaduto in altri casi analoghi. Tuttavia, il caso di Sinner è stato considerato particolare, perché non si trattava di somministrazione diretta, ma di assorbimento transdermico accidentale dopo che il massaggiatore dell’atleta aveva utilizzato una crema contenente Clostebol.
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Dopo aver verificato che questa ricostruzione fosse scientificamente dimostrata, la Wada ha ritenuto che una squalifica di 12 mesi sarebbe stata troppo severa (ma dai?) accettando quindi di ridurre la pena a tre mesi attraverso un accordo stragiudiziale. Nella nota inviata a La Stampa, la Wada precisa anche che, indipendentemente dal caso Sinner, era già stata proposta una modifica al Codice Antidoping 2027, che prevede l’eliminazione del minimo di un anno di squalifica nei casi di contaminazione accidentale. L’agenzia si dice quindi soddisfatta dell’esito della vicenda, considerandolo un esempio di giustizia equa e proporzionata. La Wada rivendica, inoltre, di aver operato con trasparenza, rendendo pubblici tutti i dettagli del caso per evitare polemiche sulla gestione della squalifica del numero uno del mondo. Questa spiegazione però lascia aperti troppi interrogativi, e sembra non poter soddisfare né i frorcaioli né i difensori del numero uno al mondo...