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TUTTI I RETROSCENA sull’addio di Inzaghi all’Inter e sulla clausola per Barella e Bastoni: come l’hanno saputo i giocatori, il crollo della squadra in Champions e i dettagli (vedi Fabregas) dell’accordo per l'Arabia

  • di Giulia Sorrentino Giulia Sorrentino

  • Foto: Ansa

4 giugno 2025

TUTTI I RETROSCENA sull’addio di Inzaghi all’Inter e sulla clausola per Barella e Bastoni: come l’hanno saputo i giocatori, il crollo della squadra in Champions e i dettagli (vedi Fabregas) dell’accordo per l'Arabia
Quando è stata presa la decisione? Quando Simone Inzaghi ha effettivamente deciso di lasciare l'Inter? E, soprattutto, perché nessuno ha colto i palesi segnali dell'addio? Ecco tutto quello che sappiamo sulla separazione, sul summit (solo una formalità per definire i dettagli e mettere per iscritto il patto di non belligeranza) con la dirigenza e sull'arrivo di Cesc Fabregas. Occhio a due date: il 13 e il 27 maggio

Foto: Ansa

di Giulia Sorrentino Giulia Sorrentino

Tutto molto inaspettato. O almeno così è risultato a primo impatto l’addio di Simone Inzaghi all’Inter, che ha preso la volta dell’Al Hilal. Ma quand’è che esattamente è stata presa la decisione da parte del tecnico piacentino di mollare tutto e andare negli Emirati Arabi? Ieri c'è stato il summit con la dirigenza nerazzurra e tutti noi, sbagliando, pensavamo che fosse un primo tavolo di riflessione, che la sentenza non arrivasse nell’immediato, che si ponessero sul piatto dei nomi, delle scelte, da accettare o rispedire al mittente. Invece no, Simone è uscito dal centro della capitale meneghina comunicando ufficialmente la rescissione consensuale del suo contratto. E questo ci fa capire che durante il summit durato poche ore si siano soltanto definiti i dettagli di una scelta già presa da tempo. I dettagli di quel patto di non belligeranza: sì rescindiamo, ma non ti porti via nessuno dei nostri e non ostacoli l'Inter nel mercato. Allora, a questo punto, sarebbe il caso di fare un passo indietro e di focalizzarci sugli ultimi due mesi dell’Inter. Non parlo solo di un calo oggettivo nelle prestazioni, ma dei volti dei giocatori che sembravano diversi, a tratti spaesati, di un Inzaghi che in quattro anni non si è quasi mai ribellato alle provocazioni della stampa e che invece aveva cominciato ad alzare la voce. Comprensibilmente, certo. Ma sappiamo che la comunicazione non è mai casuale e che se aveva deciso di togliersi qualche sassolino dalla scarpa (vedi con Capello e con Di Canio) quello era il momento giusto.

Simone Inzaghi in finale di Champions
Simone Inzaghi in finale di Champions Ansa

Un altro dato importante è che in questi lunghi quattro anni in cui il tecnico si è seduto sulla panchina nerazzurra le proposte ricevute sono state le più svariate, ma nessuna di queste aveva avuto l'eco a cui abbiamo assistito questa volta. Nel mentre, però, le smentite non sono arrivate. E non sono arrivate nemmeno quando la settimana prima della finale di Champions i giornalisti continuavano a chiedere spiegazioni. Lui non ha mai detto che sarebbe restato, sarebbe bastata una rassicurazione, anche minima. Ma ora capiamo perché non l'ha potuta dare. Parallelamente c'è il nome del tecnico del Como che fin dall'inizio veniva considerato il suo eventuale successore: Cesc Fabregas. Ebbene, quell'uomo ha rifiutato l'offerta sia del Bayer Leverkusen (il 13 maggio) che della Roma (guardate un po' proprio circa una settimana fa, il 27 maggio). Il motivo? Se lasci il Como lo devi fare per andare in una squadra che ti consenta di competere ad alti livelli. E, non ce ne vogliano le altre squadre, ma forse l'Inter in questo momento (tolto il Napoli che ha blindato Conte) era l'unica squadra per cui il Como avrebbe concesso al suo commissario tecnico di andare via. Nemmeno un'ora dopo la comunicazione della fine del rapporto tra Inzaghi e la società è trapelata la notizia secondo cui il club lariano avrebbe aperto uno spiraglio. Ma non è una decisione che si prende in un'ora, è semplicemente che dopo un'ora viene data la possibilità a chi sa come stanno le cose di comunicarla. Gli indizi sono stati tanti e noi non li abbiamo visti, o forse abbiamo preferito fingere che non ci fossero dietrologie da scovare.

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Un motivo su tutti ha fatto infuriare Simone: si è sentito un uomo solo al comando nel momento in cui doveva prendere posizione per le folli scelte arbitrali. Prima l’episodio con il Bologna, poi quello con la Roma, infine quello con la Lazio, per citare solo gli ultimi. Lì non si è sentito difeso, appoggiato, ha pensato di non avere uno scudo virtuale contro chi lo riteneva solo “un pingina”. Questo ha prevalso sui soldi, sulla mancanza di giocatori (anche perché non sarebbe stata una novità). Lui non ce la faceva più e lo ha detto chiaramente alla dirigenza. Però dire che è finito un ciclo non vuol dire una fava, perché se le cose vanno bene non c'è alcun ciclo se non quello mestruale di cui dover disquisire. Leggo questa frase ovunque senza capirne il significato. Poteva avere un senso all'epoca di Mourinho in cui l'Inter aveva vinto tutto, ma nel momento in cui c'è la fame, e soprattutto la comunione di intenti nulla è mai esaurito. Allora che cosa avrebbe dovuto dire Alex Ferguson? Lì come mai non si è mai parlato di ciclo finito? Perché nessuno voleva chiudere quella parentesi.

Cesc Fabregas allenatore del Como
Cesc Fabregas allenatore del Como Ansa

Cerchiamo di non mettere del romanticismo (per quanto io sia notoriamente interista e distrutta all'idea che Simone sia andato via) laddove non c’entra nulla, cerchiamo di approcciare ai fatti con la più grande lucidità possibile: si è rotto qualcosa tra l'Inter e il suo tecnico. Il problema, però, è che la voce è arrivata anche ai giocatori. Giocatori che hanno chiesto conto di quanto stessero dicendo. Volevano sapere se si trattasse di illazioni o se dopo Monaco Inzaghi avrebbe lasciato tutto. E, come se non bastasse, sembra proorio che due di loro Inzaghi volesse portarli con sé: Barella e Bastoni. Due pilastri dell'Inter di oggi. Ecco perché l'Inter non ha retto. Ed è Verissimo che sono dei professionisti e che quella Champions era anche loro. Ma le docce fredde fanno male e ognuno reagisce a modo proprio. Un gruppo che si è trovato improvvisamente senza il proprio leader è crollato e non possiamo certo fargliene una colpa. Romanzare questo addio è nocivo per tutti, soprattutto per gli interisti. Raccontare, invece, i meravigliosi quattro anni che ci ha regalato Simone Inzaghi va benissimo. Ma le due cose vanno scisse, non sono sullo stesso piano e la pazienza, anche dei più buoni, ricordiamoci che ha un limite. Avrebbe potuto gestirla meglio? Sicuramente. Questo avrebbe evitato una delle peggiori notti europee degli interisti? Non lo sappiamo. Fare i processi alle intenzioni non ci appartiene, ma provare a dire come stanno le cose oltre che una volontà è soprattutto un obbligo morale.

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