Vedi Valentino Rossi vincere a Misano e ti dici che non è possibile che quella roba lì, solo sua, sia ancora intatta. Grosse risate, un’enorme dito medio a chi ha pensato che fosse finito. Macché, questo ha appena cominciato di nuovo. Te lo immagini Valentino agli ultimi minuti con gli occhi che saettano tra la pista e il retrovisore, dove c’è la #32 di Charles Weerts che sfanala come sulla A14 in direzione Taranto. Te lo immagini che con la testa pensa ad appiattire il cordolo del Curvone con l’anteriore destra e a non girarla al Carro che basta un attimo a buttare via tutto. Una gara così devi averla dentro, non la impari: è l’istinto e forse un po’ anche il destino che ti fanno correre così, con il gusto per l’ultimo metro. Valentino non arriva mai in anticipo perché con le corse ha imparato a fregare il tempo. Per questo, lì a Misano, c’erano centinaia di persone col cappellino giallo e un’ottima imitazione dell’urlo di Munch stampata in faccia. Vale vince e si butta nel prato con la macchina, la portiera aperta che lì dentro fa caldo e se in moto si apriva la visiera qui tocca trovare una soluzione. Anche quello lì è Valentino, lo stesso che lo scorso anno ha festeggiato il podio girando in pitlane su di un cammello. Abbiamo passato un’ora al telefono con Alberto Tebaldi, Albi, per provare a capire. Per sapere di come Valentino Rossi vive le corse in auto, dell’ambiente, dei ragazzi. Albi, che prima di essere A.d. della VR46 è uno dei più grandi amici dei Valentino, si emoziona spesso. Senti che parlare di corse gli piace. Il racing, gli piace. E infatti dopo quaranta secondi siamo parlando di corse, nello specifico della Casanova-Savelli, al Mugello: “Mi ricordo che una volta con la Cri, che è mia moglie, andammo lì in moto 3 giorni senza tenda. Ricordo che al mattino… dio santo, se faccio adesso una cosa così muoio nelle prime 24 ore”.
Allora, come è stato questo Misano?
«Veramente molto bello. Diverso dall’anno scorso e per me ancora più emozionante, perché quest’anno tra le Sprint del Fanatec facciamo giusto due wildcard, una a Brands Hatch che era andata abbastanza male e una a Misano. Ma facciamo due passi indietro, perché altrimenti : se decidi di andare a correre in auto puoi farlo a cento livelli e, a un certo punto, Vale mi disse che una volta smesso di correre con le moto avrebbe voluto divertirsi in auto. Poi però ci ha ripensato, era in un momento della sua vita in cui voleva una sfida grossa, difficile. ‘Proviamo a fare il Fanatec GT’, mi ha detto. È un campionato in cui ci sono dalle trenta alle cinquanta macchine tutte uguali, tutte allo stesso livello. I piloti che fanno l’Endurance sono tutti gold o platinum. Te… vai proprio a cercartela se fai quel campionato lì. Io con Vale avevo preso il discorso da lontano…».
Sei andato da Valentino Rossi e gli hai detto una cosa tipo: ‘Ma non staremo facendo una cazzata’?
«Esatto. E lui mi ha stoppato subito. Come ha sentito l’inizio del discorso ha capito dove volevo arrivare e mi ha detto ‘Guarda, se non ce la facciamo va bene lo stesso. Io però voglio andare lì, perché lì ci sono tutti i più forti’. E allora abbiamo iniziato a lavorare per farlo».
E come siete arrivati al Team WRT?
«Vincent Vosse, il Team Principal di WRT, mi aveva scritto tempo prima. Lui sostanzialmente ha sempre seguito Vale tutte le volte che era salito su di un’auto. Dalla wildcard che Vale aveva fatto nel Wales Rally (2008, ndr.) ad altre corse. Magari per il grande pubblico queste uscite erano passate più o meno inosservate, ma per gli addetti ai lavori vedere uno andare abbastanza forte con la Ford ufficiale nel Wales era roba insolita. Vosse mi disse che lui non aveva bisogno di Vale per fare marketing - infatti avrai visto che non fanno niente - ma che secondo lui sarebbe potuto nascere un bel progetto sportivo. Vale voleva fare questo step e così siamo arrivati in WRT, all’inizio con Audi. Il primo anno è stato veramente difficile. Ma, guarda, davvero difficile. Se inizi a fare uno sport dai kart è un conto, ma se ti buttano lì anche le cose apparentemente semplici diventano complesse. Ti faccio l’esempio della una sosta ai box: oltre a guadagnare secondi, c’è un premio per la squadra che fa il cambio pilota più veloce e sabato sera Vale e Maxime Martin la nostra squadra ha vinto quel premio. Ecco, ci sono voluti tre anni di allenamento per imparare i sincronismi dentro la macchina, come li devi fare…».
Valentino gira ancora con un bersaglio nella schiena? Probabilmente anche ora che corre in auto c’è gente che si taglierebbe una mano per passarlo.
«Assolutamente, ma adesso è un bersaglio diverso: all’inizio quando ci incontravamo all’aeroporto con gli altri piloti era tipo - Albi sospira forte - ‘Ma dove cazzo vanno questi qui?’. Ed è normale, eh! In effetti guarda… ora che ho visto da dentro l’ambiente il livello, al posto loro avrei detto lo stesso. Invece dalla 24 Ore di Spa del primo anno Vale ha cambiato passo e anche l’atteggiamento ha cominciato ad essere diverso. Poi abbiamo fatto la prima Bathurst e lì Vale ha dimostrato di essere PRO perché quando sei così veloce nel T2 di Bathurst, i discorsi contano poco, tra virgolette. Oltre a questo l’arrivo di BMW ha aiutato molto».
Come è andata con BMW?
«Prima hanno analizzato tutto quello che ha fatto Vale, poi ci hanno detto che si poteva fare bene. Non volevano prendere Valentino Rossi per fare quindicesimi o roba così. Sarebbe stata una pessima idea per tutti. Gli hanno proposto la macchina ufficiale e la possibilità di far parte dei piloti ufficiali BMW. Così adesso nel Team WRT ci sono due macchine, la nostra e la 32. Con la BMW Vale si è trovato subito meglio, a partire dal fatto che se sei Factory Driver ti danno un supporto, un aiuto nel preparare la macchina secondo le tue esigenze. E poi lo stile di guida di quella macchina (una M4 GT3, ndr.) si sposa di più con lui, che ha continuato a migliorare fino alla prima di Bathurst… una roba pazzesca, lì ci vuole la tecnica ma pure le palle. C’è sempre l’incognita del BoP (Balance of Performance, ndr.) puoi pure guidare da paura, ma qualche macchina è sempre un po’ avvantaggiata. Poi arrivi in altri posti dove sei tu ad andare un po’ meglio. Comunque, dopo quella gara lì a Bathurst, ho visto uno sguardo diverso negli altri piloti. Parlavano a Vale come a uno di loro. Perché i piloti possono raccontare quello che vogliono, ma quando sono in pista lo sanno cosa bisogna fare per fare certi tempi. Vale ha il bersaglio, sì, e danno l’anima per batterlo. Ma si è guadagnato un grande rispetto da parte di tutti».
Anche Jorge Lorenzo ha provato a correre in auto, per lui però è stata durissima.
«Ha corso la Porsche Cup, che è difficilissima. Lì devi avere quasi più mestiere e chilometri di guida che il pelo che può avere uno come Lorenzo. La Porsche Cup è tosta, poi per carità… tanti eventi di quel campionato sono in concomitanza con la Formula 1, quindi… sei nel jet set, che a Jorge piace! (Ride, ndr.) Invece il nostro campionato non lo caga nessuno, è bellissimo».
Anche a Valentino deve fare un certo effetto trovarsi col pubblico e la stampa del GT e non quella a cui era abituato nel paddock del motomondiale.
«Vale sin dall’inizio della sua carriera ha dato un valore molto alto al fare le corse. Il competere contro gli altri è una cosa che per noi ha un’importanza enorme. E questa cosa lui la fa per sé. Vuole misurarsi. Vuole vedere fin dove può arrivare. Poi è chiaro che se arriviamo in circuiti come Spa dove ci sono 90.000 persone è una figata e che altrove, come in Italia, il GT tira un po’ meno, ma va bene lo stesso. Anche perché a Misano c’erano tutti i nostri amici».
A proposito: Marco Bezzecchi e Franco Morbidelli a Imola per il WEC, a Misano Pecco Bagniaia, Luca Marini, Mick Doohan… come se la vivono loro?
«Ah, Mick è stato lì con noi a raccontarci tutte le sue cose, bello. È un figo, Mick. Per loro che sono dei racer, degli appassionati, è stato veramente interessante. Per uno della MotoGP che viene lì nel box è roba da matti, rimani impressionato da quel dispiegamento di forze o dal fatto che i tecnici nel box vedono e seguono real time tutto quello che fanno il pilota e la macchina in pista. Lì hai sei schermi in cui vedi tutto: la temperatura, la pressione delle gomme, i gas di scarico… vedi la telemetria live, parli con il pilota! E poi considera che a Misano ci siamo trovati ad essere 26, 27 machine in un secondo, di cui 15 in tre decimi. Cazzo. La prima volta che ho visto questa cosa, il primo anno, eravamo ancora con l’Audi, ci siamo trovati in 18 in sei decimi. Ho guardato Vale e gli ho detto ‘nah, cavolo. Che palle, anche qui!’ (Ride, ndr.) Tutti attaccati, ora bisogna scannarsi per togliere un decimo… Capire come prendere quel cordolo, quella roba lì. Che poi a dire la verità è quello il bello per Vale».
Com’è Maxime Martin, il suo compagno di squadra? L’avete portato al Ranch, giusto?
«Sì! Ed è un’animale, uno che sale sulla moto che magari non l’ha mai provata prima. Se ci sono le prove alle 10 del mattino lui arriva alle 9 che è già stato a giocare due ore a paddle, capito? Molto veloce e bravo sulla macchina, nel rapporto col compagno di squadra, con noi… è veramente nato un rapporto di grande amicizia e stima reciproca con Vale e assieme vanno da Dio. Non era scontato che si trovasse questa intesa e che Vale riuscisse ad esprimere questa velocità, quello che oggi possiamo fare - ed è la vittoria più grande, che supera Misano e tutto il resto - è che adesso, noi ogni volta partiamo da casa è per andare a giocarcela. E questo non era scontato! Anche perché c’era chi diceva che… dove credete di andare? Ma non bisogna mai dimenticare che parliamo di Valentino Rossi».
Eri in pista con Vale a Jerez, quando Pecco Bagnaia ha corso una domenica capolavoro. Valentino era mai stato così contento per la vittoria di un altro pilota? Non c’era titolo, niente. E la magia è stata un po’ quella roba lì alla Vale, appunto.
«È stato bello, ma di sicuro è capitato altre volte che Vale fosse così contento per altri piloti. Poi dai, quando sei fuori casa… È come quando segui la tua squadra in trasferta, noi lì eravamo a fare il tifo, in pochi, sotto la “curva” degli avversari. E abbiamo vinto! È un gusto particolare un po’ come a loro dà gusto vincere in Italia, ma è una cosa normale. È stato bello perché Pecco ha fatto una gara strepitosa con quella staccata alla sei da storia del motociclismo, e quel finale di gara… tosto, perché contro Marc Marquez non è facile. Sappiamo quant’è forte».
Senti, adesso Pecco si sposa. Luca Marini ha già dato l’anno scorso e aspetta una figlia. Non ti fa un po’ impressione? Li hai praticamente visti nascere.
«La velocità con cui sono passati questi anni è spaventosa. Ricordo i primi tempi del Team Sky, ho le foto qui nel nostro reparto corse. Magari quando pioveva Uccio accompagnava Pecco in palestra, oppure andava con lo scooter… questi sono tutti ragazzi che fin da giovanissimi hanno fatto veramente tanti sacrifici. Ora li guardi e vedi degli uomini e fa effetto. Poi sinceramente è anche un grande orgoglio per tutti noi in VR, ci sentiamo di aver contribuito un po’ tutti. Non so quanto, ma siamo sicuri di aver dato qualcosa di importante e oggi vederli così è bellissimo».
E torniamo a Vale, che vince a Misano con loro a bordo pista per vederlo…
«Anche quando ci sono delle gare di Vale in concomitanza con quelle della MotoGP ci si sente continuamente. È bello, una cosa veramente speciale. Ma questa cosa nasce da prima. Tu in caso correggimi, però non credo ci sia stato in passato o in altre discipline uno sportivo di altissimo livello come Vale che ha iniziato a dare agli altri tutto il suo know-how mentre era in attività. Questa cosa qui non è mai successa. I campioni come Vale hanno quel patrimonio. Ha fatto una roba che non ha fatto mai nessuno sportivo e loro hanno vissuto tutti i giorni insieme a lui. Non è tanto come fare ‘sta curva o quell’altra roba. È il come devi essere e cosa devi fare per essere a quel livello. Ti immagini te, da ragazzino, che puoi stare insieme a lui? Oggi noi viviamo una cosa così bella grazie a questo, perché l’apporto di Valentino Rossi in attività è stata una cosa completamente fuori dall’ordinario».
C’è il momento in cui Vale vi dice che vuole cominciare con l’Academy e quello in cui racconta di voler correre in auto: sono state discussioni simili?
«Allora. Sull’Academy diciamo che all’inizio c’era Carlo Casabianca (il preparatore atletico, ora AD della VR|46 Riders Academy ndr.) con la sua palestra, la Cava, poi il Ranch. Si era creato un movimento e Vale aveva già cominciato a dare qualcosa. A quel punto lui ha deciso di fare qualcosa di più strutturato. Ce l’ha detto, ci siamo dati appuntamento un mese più tardi ognuno con le sue idee ed è iniziato tutto. Invece il discorso dell’auto durante gli ultimi anni di MotoGP… A un certo punto l’idea è stata questa: quando smettiamo ci facciamo le cinque-sei gare più fighe e andiamo a divertirci. Poi invece, all’inizio dell’ultimo anno, e ricordo anche il giorno e il momento, mi ha detto: ‘Oh, non sono ancora pronto per andare a divertirmi. In questo momento della mia vita mi serve una sfida’».
Che momento era, che giorno era?
«Una domenica a pranzo!».
E che faccia aveva lui?
«Aveva una faccia seria, la faccia di quando lui ti parla. Perché Vale le cose te le dice una volta, tocca che ti stai attento! Invece quella volta mi ha guardato come a dire capisci, capisci bene. E mi ha detto che aveva bisogno di una sfida ad altissimo livello. Così oggi ci siamo ritrovati a fare sedici, diciassette gare in un anno, a cui si aggiungono altre sette, otto trasferte per i test. Dai primi di febbraio a Misano mi sa che non abbiamo mai disfatto la valigia. Anche perché il Team WRT è altamente competitivo e di test ne facciamo molti…».
Hai rivoluzionato ancora la tua vita?
«Io prima di tutto sono un appassionato delle corse. E sia nel Fanatec che nel WEC ti godi il weekend di gara in senso sportivo. Negli ultimi anni di MotoGP, e oggi in questo senso è ancora peggio, i piloti, la rilevanza mediatica che ha un evento… è come uno sparo. Arrivi al giovedì e torni a casa la domenica sera che non ti sei nemmeno accorto di quello che è successo. Gli ultimi anni chiudevamo la porta del motorhome alle sette e mezza, le otto. Spegni tutto, cerca di rilassarti due ore. Invece l’endurance di oggi è come la MotoGP di quindici anni fa, riesci a goderti quello che succede a livello sportivo. In pista ci sono meno attività, meno cose, meno lavoro. Prima di lavorare con Vale, ma anche dal 2008 quando è iniziato il nostro rapporto di lavoro, ho sempre sofferto molto la pressione del GP weekend. Io non dormivo prima della gara. Abitualmente non fumo ma lì in MotoGP fumavo, non dormivo, per me era veramente tosta. Invece cavolo, adesso arrivo comunque teso ma in fondo sono più rilassato. Perché è vero che vai lì per competere, è il WEC, Fanatec… ma arrivi lì con nove mondiali. Dai, sei ben bilanciato no? Qualcosa è stato fatto (ride, ndr.)».
State per andare a correre la 24 Ore di Le Mans e la 24 Ore di Spa.
«Lì ci sarà da soffrire. L’anno scorso siamo stati alla Road To Le Mans per prepararci alla 24 Ore, perché quella è l’unica opportunità che hai per girare sul Circuito della Sarthe e ti serve per capire cosa ti aspetterà. Tosto. Tos-to. Ed è impressionate l’organizzazione che c’è, la gente. Molto, molto bello. Non vedo l’ora, ma non vedo l’ora anche di essere alle 24 Ore di Spa. La prima volta lì con l’Audi per me… sono stato con Vale alle 8 Ore di Suzuka, a qualunque gara possibile e immaginabile. Eppure la 24 Ore di Spa vista da dentro è una cosa pazzesca, dove tutto e ogni persona viene portata oltre il proprio limite: succede al meccanico, al tecnico, alla macchina, al pilota. Viverla da dentro è bellissimo. La cosa più racing che abbia mai vissuto. Ma poi le condizioni, quello che succede di notte in pista… tosto, bellissimo. Mi dispiace che questo sport non renda così tanto da uno schermo».