In una tavola di Andrea Pazienza c'era un personaggio nel deserto che pensava: “E meno male che ci sono io, che sono una moltitudine”. Ecco, Wanna Marchi è una moltitudine: dalle televendite esagerate alla cucina, passando per i tribunali e la Gintoneria. E non si ferma: il suo nuovo ruolo è quello di icona gay. Non è vero, né pensiamo di vederla mai sul carro di un Pride con due manzi queer a sventolare la bandiera palestinese come Rose Villain. Però è stata invitata come ospite d'onore al Bananamia, una discoteca lgbtq+ di Torino. “Udite, udite”, strilla lei sui social, “Avete letto bene, vero? Io il 4 luglio sarò a Torino, al Parco del Valentino, per fare una festa galattica. Banana mia!”. Poi si mette a cantare ‘ndo vai se la banana non ce l'hai. Ma la polemica sul personaggio è praticamente pronta, tanto che gli stessi organizzatori della serata sono dovuti intervenire: “Nessuno ha mai proclamato Wanna Marchi un'icona gay, è stata invitata in quanto è un ospite leggero che sicuramente sarà in grado di donarci una serata divertente e irriverente. Non siamo noi a dover giudicare, esistono le sedi più opportune. Più leggerə, grazie”. E non è tutto qui, perché Wanna Marchi è molto attiva sui social, e ha risposto a gran parte delle critiche personalmente.

Già, perché risulta quantomeno difficile inc*lare la donna che ha coniato l'aforisma “I c*glioni vanno inc*lati”. A chi le scrive: “Invitare in una serata che si basa sull’inclusività, un personaggio che si è creata una vita elitaria sulle spalle della povera gente… beh è una caduta di stile ed una scelta assolutamente poco elegante. Peccato”, lei risponde: “Guarda, se c’è qualcuno non inclusivo qui sei tu ed è assolutamente evidente quindi fai pace con i pensieri”. Un altro commenta: “Povero mondo :(“, e lei ribatte: “O povero tu? Dubbio”. C'è chi tenta il pippone moralista: “Pur nel pieno rispetto del diritto di chiunque, dopo aver scontato una pena, a reintegrarsi nella società, ritengo che la scelta di offrire visibilità pubblica a figure come Wanna Marchi resti altamente discutibile. Non si tratta di negare un percorso di reinserimento, ma di riflettere sul valore simbolico che certe presenze assumono in contesti sociali e culturali. Nonostante abbia espiato la pena, il contesto recente che ha coinvolto la figlia in nuove vicende giudiziarie, e nel quale Marchi stessa non sembrava affatto ignara di quanto stava accadendo, solleva interrogativi sulla reale distanza da certi meccanismi. Quando si tace davanti a pratiche discutibili, si finisce per diventarne complici, quantomeno sul piano morale. Che Wanna Marchi sia una figura capace di attirare pubblico è indubbio: il suo carisma e la sua abilità comunicativa restano intatti. Ed è proprio questo il punto critico. Offrirle una vetrina pubblica non equivale solo a ospitare una ex detenuta: equivale a trasformare in spettacolo un modello discutibile, trasmettendo un messaggio culturale diseducativo. In un contesto sociale già fortemente segnato dalla scarsa meritocrazia, la sua celebrazione rischia di legittimare l’idea che la notorietà, anche costruita sull’inganno e sul danno arrecato ad altri, possa comunque essere premiata. Riflettere su chi invitiamo, su cosa rappresenta e su quale messaggio trasmettiamo non è moralismo: è responsabilità sociale”.

Ma anche qui Wanna ha la risposta pronta: “Scrivi qualcosa di tuo almeno Copiare non è mai sinonimo di intelligenza”. Contro i copincollisti, piaga sociale dei nostri tempi. A chi commenta “Che tristezza”, lei: “mi spiace per la tua tristezza noi siamo tutti molto felici”. Chi solleva interrogativi metafisici: “Ma esattamente che cazzo c'entra Wanna Marchi con l'ambiente gay?”, sia pronto a vederli smontati: “Ma non ti ghettizzare da solo dai su il mondo è uno ed è meraviglioso per chi non alza barriere”. I commenti, si sa, tirano fuori il peggio, al punto che qualcuno crea il paragone tra Wanna Marchi e Filippo Turetta: “Una scelta provinciale che celebra una povera (povera perché per ridursi così è alla canna del gas) signora anziana, emblema della truffa e del raggiro, per creare del sensazionalismo esponendola come nelle peggiori fiere quale fenomeno da baraccone. Una persona che nulla ha a che spartire con la comunità e molto con le aule di tribunale. Dovrebbe far ridere? A me fa piangere la scelta della direzione "artistica". Ma contenti voi. Quando invitate Turetta?”. Il peggio, però, tira fuori il meglio da Wanna Marchi, qui improvvisata filosofa: “Sai è questa arroganza sensazionalistica che degenera in pregiudizio e di conseguenza in cio che è alla base dell’omofobia. Pensaci e ragiona, ti farebbe bene”. Quest'ultimo consiglio vale per tutti. E vorremmo sentirlo urlato da Wanna Marchi, tutte le mattine.
