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Caso ultras, davvero Luca Lucci faceva arrivare la droga in Italia in elicottero? L’hashish dalla Spagna, i compagni di curva “pieni di armi” e la logistica: ecco perché la “Belva” è accusata di narcotraffico internazionale

  • di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

17 dicembre 2024

Caso ultras, davvero Luca Lucci faceva arrivare la droga in Italia in elicottero? L’hashish dalla Spagna, i compagni di curva “pieni di armi” e la logistica: ecco perché la “Belva” è accusata di narcotraffico internazionale
Luca Lucci, leader degli ultras della curva Sud milanista, è accusato di essere il capo di un’associazione internazionale dedita al narcotraffico. La droga proveniente dalla Spagna veniva trasportata via terra e, in alcuni casi, tramite elicotteri Robinson R44. L’hashish arrivava a tonnellate in Italia. L’inchiesta ha rivelato anche il coinvolgimento di altri membri della tifoseria, utilizzati come manodopera, e di Roberta Grassi, “la contabile della Sud” sospettata di riciclare denaro del traffico. Oltre agli stupefacenti, Lucci e i suoi uomini gestivano armi e usavano la violenza per mantenere il controllo. E il profilo criminale della “Belva” si fa sempre più serio

di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

Luca Lucci come portava l’hashish in Italia dalla Spagna? Via terra, senza dubbio. Abbiamo già scritto come nelle intercettazioni il Toro parlasse di tir che trasportavano centinaia di chili di droga. Ora, però, l’indagine della Direzione distrettuale antimafia ha rivelato che l’ultrà poteva contare anche su degli elicotteri modello Robinson R44, capaci di trasportare carichi fino a 400 chili. L’obiettivo era persino più ambizioso: arrivare a usare gli Augusta, sufficientemente potenti da caricare fino a una tonnellata. La spalla di Lucci nella logistica, come emerge dall’indagine, era Yuri Trocino, che inviava le foto dei carichi e dei mezzi all’ultrà milanista. Nel 2021, però, Lucci viene arrestato per droga e il piano si arena; patteggerà in appello a 6 anni e 4 mesi. C’è una novità nell’accusa che ha raggiunto il Toro in carcere, dove è rinchiuso dal 30 settembre, il giorno degli arresti avvenuti nell’ambito dell’inchiesta “Doppia Curva”: per la prima volta viene accusato di essere il capo di un’associazione orientata al narcotraffico internazionale. La condanna può arrivare fino a vent’anni. Sono otto in totale le misure cautelari che hanno raggiunto i colleghi in affari di Lucci. Ci sono il sicario Daniele Cataldo, colui che aveva tentato di fare fuori Enzo Anghinelli nel 2019 e i calabresi Antonio Rosario Trimboli e Rosario Calabria e Luciano Romano: tutti compagni ultrà. Perché ormai appare evidente che la curva Sud era anche un serbatoio a cui Lucci attingeva per la manodopera. Così ha scritto il giudice per le indagini preliminari Fabrizio Filice: “Lucci è senza ombra di dubbio il dirigente e promotore dell’associazione in Italia, essendo in grado di esercitare, d’intesa con Gjonaj, l’influenza necessaria per impartire direttive ai suoi sodali, molti dei quali appartenenti al mondo del tifo ultras milanista, del quale nel periodo della presente indagine egli era il capo indiscusso, consapevoli di seguire la sua guida per il buon esito degli affari illeciti”.

Luca Lucci, il "Toro" della curva Sud del Milan
Luca Lucci, il "Toro" della curva Sud del Milan
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È indagata anche Roberta Grassi, per la quale al momento non è previsto il carcere, uno dei nomi che appaiono spesso nelle carte della “Doppia Curva”, definita come la contabile degli ultrà della Sud. Era lei infatti che si occupava di ritirare alcune somme di denaro derivanti dal traffico di stupefacenti per poi riciclarlo. Tra i personaggi raggiunti dalle misure cautelari c’è pure Costantino Grifa, colui che definiva Lucci “il numero uno in Italia” per lo spaccio di hashish. Il giro di droga era già in piedi nel giugno del 2020, quando sulle chat degli indagati comparivano già delle foto dei carichi e i dettagli delle spedizioni. Alcuni sfruttavano i “taxi” di parenti per viaggiare su tutto il territorio senza problemi. Come detto, la droga arrivava dalla Spagna soprattutto via terra, per poi essere talvolta raccolta nei negozi di tatuaggi Italian Ink, il franchise di proprietà di Lucci. Stupefacenti ma anche armi: “Fra, va che noi siamo ancora pieni di armi. La gente va messa sotto e basta”. Insomma, la Belva (così si faceva chiamare Lucci) poteva contare sui suoi uomini in curva, sulle somme garantite dallo spaccio e sulla violenza. Un ritratto, il suo, che appare sempre meno legato al tifo, e sempre più incastrato nel mondo criminale.

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