Stamattina sembrava che anche Nino Ciccarelli sarebbe finito in carcere. Un nome da aggiungere alla già lunga lista di ultrà interisti arrestati. In realtà, il leader e fondatore dei Viking è rimasto a Opera (non a San Vittore) per pochissimo tempo. È il suo avvocato, Mirko Perlino, a dircelo: “È stato emesso un ordine di carcerazione per un cumulo di pene complessivamente di anni 4 e mesi 6. Quando ci è stato notificato abbiamo depositato un’istanza di annullamento di quel provvedimento in quanto Ciccarelli aveva in corso un programma di recupero con il Sert. Pertanto il pm dell’esecuzione, preso atto della documentazione prodotta, ha revocato l’ordine di carcerazione e rimesso in libertà Ciccarelli”. Una delle teste della curva Nord rimane al proprio posto. Una delle poche rimaste, a dire la verità. Antonio Bellocco è morto, mentre le altre due parti del triumvirato, Marco Ferdico e Andrea Beretta, sono agli arresti. Il secondo si è pentito e si attendono informazioni sull’omicidio di Vittorio Boiocchi, il punto di svolta per i vertici ultrà interisti. Questioni su cui la giustizia, la procura di Milano e l’Antimafia stanno continuando a indagare. Ma il calcio e il tifo sono fenomeni che non si possono inquadrare solamente in una prospettiva giuridica. C’è anche l’aspetto sociale, l’aggregazione, il senso di appartenenza e il senso di una vita.
Specialmente dopo la pandemia, la distanza tra gli individui è aumentata. Ansia, depressione, stress, incertezza sul futuro, sensazione di imprevedibilità: tutti segnali che qualcosa nelle nostre vite non va. E più si va in provincia, più le cose sembrano andare peggio. Ci sono poi le difficoltà economiche, anche quelle peggiorate dal Covid, e un costo della vita quasi insostenibile. Lo vediamo ogni giorno negli ospedali, nei trasporti sempre in sciopero, al supermercato. Difficoltà che alcuni (chi può) affronta con la terapia o trovando il sostegno di famiglia e amici. Altri, invece, si rifugiano dietro ai colori di una maglia, nell’aggregazione che il tifo organizzato promuove. Una delle poche realtà collettive rimaste presenti sul territorio. Essere un ultrà significa diventare parte di una famiglia, nel bene e nel male. Ultimamente, come vediamo soprattutto a Milano, nel male. Ed è proprio nella capitale meneghina che questo disagio sta esplodendo. Non solo a San Siro, ma anche fuori. Le scene delle proteste al Corvetto sono emblematiche, con le strade messe a fuoco e gli scontri con le forze dell’ordine. La risposta più immediata quindi può essere la curva, un gruppo di “fratelli” pronto a scattare all’arrivo di un nemico. Forse anche per questo i leader avevano ottenuto un potere così grande. La procura deve fare il suo lavoro e la giustizia deve raggiungere anche chi fa parte del sistema calcio, un terreno scivoloso data la passione del pubblico, specialmente in Italia. E qualora Ciccarelli lo avesse meritato, sarebbe dovuto tornare in carcere. Ci mancherebbe. Ciò non toglie che i problemi alla base, che hanno aumentato l’influenza dei direttivi delle curve, siano anche altri. Per risolverli, però, non si può fare affidamento solo sulla giustizia e la pesantezza delle pene.