Vittorio ti odio, Vittorio ti amo. La notizia del ricovero di Vittorio Cecchi Gori ha provocato in Firenze e nei fiorentini un sussulto di nostalgia talmente forte capace di spazzare l’attualità e anche i trascorsi. Vittorio Cecchi Gori, per chi scrive, è stato un personaggio odiato. Colui che ha portato la Fiorentina verso il fallimento e la C2, il ricco imprenditore che ha dilapidato l’amore del babbo costringendomi a non vergognarmi di tifare Florentia Viola. Vittorio Cecchi Gori ti odio, mi hai costretto a crescere con la maglia di Marco Andreotti mentre tutti si godevano i campioni. Ma alla fine, a sette anni, pure Andreotti per me è stato un campione. Vittorio Cecchi Gori, ti amo. Perché riavvolgendo i nastri della storia sei stato un figlio di Firenze, quella più vera, quella autentica. Nella sua vita è stato portatore sano di fiorentinità, per Firenze e per la Fiorentina avrebbe fatto qualsiasi cosa. Come quando decise di andare, da solo, al Processo di Biscardi finendo per litigare con tutta Firenze. Ma lui era figlio di Mario e di Valeria, colei che salutò con il gesto dell’ombrello i laziali, colei che lo proteggeva anche a cinquant’anni. Colei che, quando decise di sposarsi Rita Rusic disse: “Questa i’mi fi’ figliolo se lo mette in saccoccia”. Vittorio Cecchi Gori non può andarsene, ha ancora da raccontarci tante cose. Per esempio, come si fa a diventare produttore di film iconici come Il Postino o La Vita è bella per poi scendere immediatamente di livello. Alti e bassi, come la sua vita. Cecchi Gori fu capace di avere in possesso cinema in tutta Italia e il vero primo terzo polo televisivo. Videomusic, Telemontecarlo e Canale 10. L’obiettivo era rompere il duopolio Rai-Mediaset, riuscì persino a comprare i diritti di alcune partite della Nazionale. Poi il sognò finì, insieme a quello del cinema con qualche azione Seat e il patrimonio svenduto. Nei bassi più bassi, oltre all’amore per le belle donne, c’è lo zafferano. Ma non la nota spezia gialla. Durante un blitz a Palazzo Borghese, sua residenza romana, la Guardia di Finanza trovò non solo Valeria Marini in baby-doll ma anche della cocaina in cassaforte. Grammi? Qualche chilo. Per Vittorio era un complotto, la sua dipendenza era lo zafferano.
Vittorio ti odio. Ti odio perché sei stato il presidente della Fiorentina che ci ha fatto sognare davvero il terzo scudetto. E io, che sono nato a fine dell’impero Cecchi Gori, mi emoziono solo a vedere cosa avevi messo per questa squadra. Batistuta, Laudrup, Rui Costa per non parlare di Heinrich, Edmundo, Schwarz o ancora Repka e Toldo. Ti odio perché dopo averci fatto toccare le stelle, alzando anche gli ultimi trofei per la Fiorentina, poi sei diventato per molti Cecchi Grullo. Eri quello dello striscione “Batistuta è incedibile” firmato “Il Presidente” affisso in balaustra, quello della giacca sventolata come neanche Freddie Mercury a ogni goal. E sei diventato quello del “ho visto Vittorio alle Cascine a comprarsi le bustine” o del “Vittorio fatti vedere, ma da uno bravo”. Vittorio ti amo. Perché nell’ascesa di Silvio Berlusconi e del berlusconismo, anche calcistico, hai risposto. Il Cavaliere si presentò anche al funerale di Mario Cecchi Gori, sorreggendo la bara, salvo poi chiudere la società Penta che avevano insieme. Silvio era il suo lato b, la sua nemesi, il suo goblin. In questa battaglia ne uscì sconfitto su ogni fronte, ma l’orgoglio per averci provato fu molto. Cecchi Gori e lo spettacolo. Come nel cinema, nella tv, anche nella Fiorentina il calcio è spettacolo. Non solo in campo. Nel 1994 compra Marcio Santos, campione del mondo col Brasile, dicendogli che se avesse segnato sette goal gli avrebbe presentato Sharon Stone. Il giocatore, ormai promesso sposo del Tottenham, si lasciò convincere dalla promessa. Di goal in viola ne segnò due e la Stone rimase nei sogni. Nel gennaio 1997, mentre l’Italia si divertiva con Il Ciclone di Leonardo Pieraccioni, Cecchi Gori porta a Firenze con un blitz di mercato Andrej Kanchelskis. 15 Miliardi di lire di spesa, un difficile adattamento al campionato italiano per i primi mesi e poi un crescendo nella stagione successiva fino all’infortunio causato dall’intervento a forbice di Taribo West. “Con i soldi del Ciclone, c’hai comprato il ciliegione”.
Sentimento. Vittorio Cecchi Gori sapeva solleticare i sentimenti dei suoi tifosi, come quando nel 1999 comprò Predrag Mijatovic dal Real Madrid. Non solo perché era forte, non solo perché era in ascesa, ma perché l’anno prima segnò in finale di Champions League contro la Juventus. 17 miliardi di lire, tre campionati giocati, quattro reti e una Coppa Italia. La discesa. La Fiorentina nella stagione 1998/99 vince; con Trapattoni è addirittura campione d’inverno. Edmundo però parte per il Carnevale di Rio con la saudade, Batistuta si infortuna contro il Milan e addio terzo scudetto. Anzi, arriva il grande colpo Ficini. L’aria che tira è brutta. Nel 2000/01 Cecchi Gori litiga con Terim, se ne va la Luce Giancarlo Antognoni e i conti sono secchi come vasi di fiori ad agosto. Da Firenze scappano tutti da Batistuta, che era incedibile, a Rui Costa. La Fiorentina scivola in Serie B con la successione Roberto Mancini - Ottavio Bianchi, ma è tempo di fallimento. Vittorio sei irreale. Come il fax dalla Colombia che avrebbe dovuto salvarci in quel luglio 2002. Sei stato irreale. Come quel “non la vendo, piuttosto la disintegro come le mie mani”. Vittorio ti odio, perché ci hai fatto perdere tutto, persino i gagliardetti e delle videocassette porno in sede. Vittorio ti amo perché ci hai fatto sentire fiorentini come non mai. E da una terapia intensiva, non possiamo che urlare, lunga vita a Vittorio. Figlio di questa città.