Guerra tra Iran e Israele, il Pride di Roma, pacifisti contro guerrafondai. Giorni in cui anche cose apparentemente lontane si avvicinano. La costante che attraversa in modo trasversale l’attualità, però, rimane la cronaca nera. Il delitto di Garlasco trova continue riscritture, nuove piste e supertestimoni. Una piega che per Marco Travaglio sta scivolando verso l’“umorismo penale”. Nel suo editoriale sul Fatto Quotidiano passa in rassegna alcuni passaggi dei principali quotidiani. “Laser e droni nella villa del delitto”, scrive il Giornale, “E i Ris misurano i passi di Chiara. Non si cerca nessun Dna. I sopralluoghi servono a capire la posizione del killer e a verificare se l’impronta 33 è stata lasciata sul muro da chi ha colpito la ragazza”. Dispiegamento tecnologico e di forze notevole, tale che Travaglio commenta: “Beh, allora è ovvio il perché dei droni”. Libero invece titola: “Garlasco, un delitto tutto da riscrivere”. E ancora il direttore del Fatto: “Non si esclude l’ipotesi del suicidio”.

“Garlasco, tre verità diverse sul Dna trovato tra le unghie. Nella prima indagine il Ris non individuò tracce genetiche, mentre nel 2014 vennero isolati due profili maschili inutilizzabili. Uno ora è attribuito a Sempio”: queste le parole del Messaggero. Una triplice pista che porta Travaglio a dire “Capita, se la vittima ha tre mani”. Oltre a Garlasco e all’omicidio di Chiara Poggi, però, è tornato forte il caso dell’assassinio di Yara Gambirasio. In tv, dopo il documentario Netflix, è apparso Massimo Bossetti a Belve Crime, intervistato da Francesca Fagnani. In quell’idagine fu centrale l’enorme mobilitazione di investigatori, analisi di materiale genetico, ricostruzione di alberi genealogici misteriosi. “Ignoto uno” e “ignoto due”: espressioni che divennero parte della quotidianità degli italiani. Questa l’uscita di Bossetti a Belve: “Com'è finito il mio Dna sulle mutandine di Yara? Vorrei saperlo anch'io”. Altro dubbio su cui Travaglio ironizza: “Si sa che i Dna vanno sempre a zonzo”.

