Gli occhi dell’intelligence italiana sono puntati sull’economia nazionale. E sulle possibili minacce che la perdita di controllo del capitale nazionale pubblico o privato su asset strategici per lo sviluppo potrebbe far emergere. Il rapporto annuale che il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (Dis) compila e invia al Parlamento mostra le criticità e le prospettive di tutela del sistema-Paese, non solo sul fronte geopolitico, militare e del contrasto ai fenomeni eversivi (terrorismo e criminalità organizzata) ma anche, se non soprattutto, su quello delle minacce ibride. Ovvero quelle manovre di destabilizzazione del sistema-Paese che possono manifestarsi non soltanto per mezzo di strumenti cinetici ma anche attraverso l’aggiramento delle vulnerabilità del nostro tessuto economico, sociale, politico. Alcuni esempi? Le campagne di disinformazione, le manovre cyber e, prima fra tutte, la guerra economica. Ovvero l’uso strumentale dell’economia come leva per indebolire un Paese. Il Dis scrive che la criticità economica dell’Italia e dell’Europa, nel 2023, ha aperto spazi di manovra. “Il tessuto industriale nazionale, analogamente alle altre realtà economiche europee, ha dovuto affrontare gli effetti dell’alterazione delle catene di approvvigionamento e delle spinte inflazionistiche, che complessivamente hanno determinato impatti sulle strutture dei costi operativi delle aziende e, conseguentemente, sulle decisioni di investimento”, si legge nel rapporto inviato al Parlamento. “La risposta dell’Italia si è basata sulla capacità di adattare velocemente le strategie economiche, diversificando i partner commerciali e sfruttando i punti di forza, come il ricco patrimonio culturale e il denso tessuto manifatturiero, per mantenere ed espandere i propri sbocchi commerciali”.
Il monitoraggio delle criticità nell'approvvigionamento nazionale di gas naturale si è concentrato sulla diversificazione delle importazioni, con particolare attenzione alla protezione delle infrastrutture esistenti e alla tempestiva realizzazione di nuove opere. Nel rapporto il Dis ricorda che l’Italia deve affrontare la competizione sotto forma “ibrida” di attori come Russia e Cina, con la prima che si è concentrata sull’infowar volta a minimizzare gli effetti delle sanzioni e le difficoltà del distacco energetico da Mosca dell’Italia e dell’Europa e la seconda che ha mosso le sue pedine per aumentare la sua presenza nel capitale di aziende strategiche o condizionarne la governance. Che strumento ha in mano l’Italia per dare un sostanziale “stop” a queste manovre? Il più importante è il golden power, ovvero la facoltà che Palazzo Chigi detiene di condizionare, prescrivere e, in casi limiti, bloccare determinate trattative concernenti aziende di settori classificati come strategici. Il cui perimetro si è enormemente dilatato dal Covid-19 in avanti: si va dai trasporti alla Difesa, dalla microelettronica al biomedicale. Su 577 notifiche di potenziali scenari da applicazione del golden power, l’intelligence è intervenuta 409 volte per analizzare scenari su cui poi il governo Meloni ha dovuto prendere decisioni operative. E in particolare, tra questi, “per tre volte si è fatto ricorso all’esercizio dei poteri speciali nella massima forma del veto o dell’opposizione alla conclusione di un’operazione, mentre ulteriori 33 operazioni sono state sottoposte a specifiche misure di mitigazione dei rischi e tutela degli interessi pubblici coinvolti. Per 205 casi, invece, il Gruppo di coordinamento ha deliberato il non esercizio dei poteri speciali”. Il caso più celebre del 2023 è stato quello che ha condizionato l’attività cinese in Pirelli, mentre Meloni ha fermato anche la vendita in mani cinese dell’azienda produttrice di droni Alpi Aviation, con sede a Pordenone.
Una volta la scure del golden power ha colpito anche un Paese alleato come la Francia: a novembre l'operazione di acquisto da 1,8 miliardi di dollari da parte del gruppo francese Safran riguardante la torinese Microtecnica è stata fermata da Meloni col golden power. Il nodo centrale? Come si è scritto su True-News, “La sicurezza nazionale. Microtecnica, azienda torinese fondata nel 1929 e nel portafoglio di Collins, conglomerata che lavora alla produzione di sistemi per il controllo del volo, produce componenti chiave per la catena del valore dei caccia Eurofighter e Tornado, alla cui operatività contribuisce in maniera decisiva. E il sottotesto è che la sua tecnologia potrebbe tornare utile anche nel quadro del Global Combat Air Program (Gcap) sviluppato dall’Italia assieme al Regno Unito e al Giappone”. Dunque, cedere l’azienda ai francesi avrebbe depauperato il capitale industriale nazionale in un settore tanto critico. Difficile non vedere dietro scelte del genere un importante consulto di intelligence sull’asse tra l’autorità delegata, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, che coordina l’intelligence e la direttrice del Dis, l’ambasciatrice Elisabetta Belloni. Tandem di testa dei servizi italiani oggi sempre più protesi a fare dell’intelligence economica, vitale per un Paese che vive d’industria e manifattura come il nostro, una branca decisiva per la sicurezza nazionale. Ormai concernente perimetri inimmaginabili fino a pochi anni fa.