Era dicembre 2023 quando cominciava, in tutta Europa, la cosiddetta “rivolta dei trattori”. Si parlava addirittura di far arrivare gli agricoltori fino a Sanremo. Due anni dopo, alcuni agricoltori continuano a protestare, non solo contro il governo. Per Francesco Balsamo, contadino e proprietario dell’azienda agricola di famiglia, il problema è culturale: “Le priorità sono cambiate, in passato il primo pensiero era a mettersi in casa dei prodotti buoni. Gli stessi soldi ora vengono spesi in altre cose, anche meno sane”. Balsamo ha fatto un video andato virale sui social in cui si versa addosso dell’olio d'oliva. Un gesto “esasperato”, fatto per lanciare un messaggio. E ci ha spiegato lui stesso il significato di quel video.
Francesco Balsamo, cosa volevi raccontare con quel video?
È stato un gesto estremo, esasperato, per il quale ho avuto tanti elogi ma anche critiche. L'agricoltura ormai è il settore che interessa meno a chiunque. Qualcuno ha parlato delle colpe di questo governo, ma la questione è più profonda. È un problema culturale perché non può essere dato per scontato che gli agricoltori debbano svendere il loro prodotto. Sono tantissimi quelli che mi dicono che 14 euro per una bottiglia di un litro d’olio sono troppi, che le famiglie non arrivano a fine mese. Ma io, ci tengo a dirlo, fornisco soprattutto famiglie.
Quindi cosa vuoi dire?
Le priorità sono cambiate, in passato il primo pensiero era a mettersi in casa dei prodotti buoni. Gli stessi soldi ora vengono spesi in altre cose, anche meno sane. Ho anche parlato dello Spritz, che magari ti costa sei euro. Ma non perché io sia contrario ai locali che lo vendono, conosco molta gente che ci lavora. Il problema è che della qualità del cibo importa poco. Molta gente cucina poco a casa, quindi dell'olio buono non se ne fa niente. Per questo dico che è una questione culturale.
A chi dice che costa troppo cosa rispondi?
Io lo dico sempre: fatemi delle domande, chiedetemi di che olio parliamo, il tipo di estrazione, dei polifenoli. Il prezzo che faccio non è inventato, ci sono delle ragioni precise che mi portano a stabilirlo. Una cosa sbagliatissima, su cui farò un video a breve, è l’associazione tra il prezzo e la quantità di raccolto.
Cosa intendi?
Che per un agricoltore ci sono spese che non dipendono da quanto raccogli, ma che sono fisse. L'irrigazione, banalmente, la fai prima del raccolto, e la spesa c’è sempre, sia che tu raccolga 10 o 100mila chili. Qualche volta capita che in paese, per scherzare, mi dicano che l’olio buono lo trovano a 9 euro, meno dei miei 14. Allora io vado sul tecnico e domando: ma quanti polifenoli aveva? E l’indice Delta K (il parametro dello stato di ossidazione, ndr)? È inutile parlare di costi se non teniamo presenti questi fattori. Dobbiamo fare informazione, altrimenti non abbiamo una base su cui giudicare.
Qual è stato l’atteggiamento nei confronti degli agricoltori che negli ultimi tempi ti ha fatto più riflettere?
La Sicilia nasce come regione agricola, ora però molti stanno vendendo le terre e altre versano in stato di abbandono. I costi di produzione sono molto elevati. Questo, in parte, è dovuto anche a scelte politiche e accordi commerciali: con i mandarini, le arance e i limoni che arrivano dal Sudamerica è una battaglia persa. Io al tempo non feci parte di quei famosi scioperi (la rivolta dei trattori, ndr), ma capivo il punto della questione. Il fatto è che quei prodotti vengono acquistati nei supermercati, non restano invenduti, quindi è normale che gli accordi proseguano. Si deve ritornare ad acquistare dai contadini, perché quei prodotti li facciamo anche noi, e di qualità. Alla fine il consumatore finale, preso da mille cose e dai bisogni che cambiano, sceglie quello che trova al supermercato. Non voglio dare lezioni a nessuno, ma servirebbe fare un po' di ordine nella lista delle priorità.
C’è qualche messaggio che ti ha fatto particolarmente piacere?
I messaggi positivi sono tantissimi. Io parlo soprattutto di tradizioni, quindi è come se le persone tornassero bambine. Avendo un pubblico social per la maggior parte tra i 40 e i 70 anni magari c’è chi si ricorda delle esperienze vissute da giovane. È bello vedere qualcuno che ti ferma per strada e ti ringrazia, ultimamente anche i più giovani, che magari vedono cose mai provate e si interessano.
Tradizione e modernità nell’agricoltura, come in ogni altro ambito, sono difficili da conciliare.
Secondo me le scuole non stanno facendo nulla in questo senso. A scuola si parla di tutto, perché non occuparsi anche della buona alimentazione? Conosco ragazzini di 12 o 13 anni che non hanno mai visto una pianta di limone. È ovvio che faccio quei video per lavorare e avere visibilità, però io ci credo davvero: trasmettere ad altri ciò che hanno trasmesso a me è una soddisfazione personale. Ci sono cose che ora sono considerate da bigotti, ma già capitava quando ero ragazzino io, figuriamoci. Credo ci sia anche timore di essere presi in giro se ci si propone come vicini a un ambiente contadino come il mio.
E la politica cosa dovrebbe fare?
La cosa principale è lavorare sull’importazione dei prodotti che vengono dall’estero e che possiamo produrre qui da noi. È impossibile pensare che le persone abbiano sempre il tempo e il modo di scegliere prodotti italiani, non perché siano cattive, ma perché banalmente non hanno quel tipo di educazione.
Questa è stata una battaglia spesso portata avanti da diversi partiti di destra.
Sì, ma sono cose che muoiono sul nascere. Qualcuno ci prova a parlare di Made in Italy, poi quando andiamo sul pratico dove sono le soluzioni? La cosa grave, per me, è aver lasciato morire le tradizioni.
Sei davvero convinto che comprare dal contadino sia sempre l’opzione più sana e virtuosa?
Non posso parlare per tutti, perché dovrei considerare ogni caso singolarmente. Nella mia esperienza ciò che viene venduto direttamente dai contadini del territorio è molto più sano di quello che si trova nei grandi centri commerciali.
Si pone, però, la questione della tracciabilità e del controllo delle filiere.
Certo, è ovvio che subentra pure un discorso di fiducia. Quando vai ad acquistare sei sempre una persona che, per così dire, si assume un rischio. Non basta chiedere se è buono. Bisogna prima informarsi sul tipo di prodotto, sulle sue caratteristiche e qualità. Solo a quel punto l’acquisto è davvero consapevole.