Mercoledì sera il mondo della cultura italiana ha vissuto un nuovo scossone con l’annuncio delle dimissioni di Nicola Borrelli, direttore generale per Cinema e Audiovisivo presso il Ministero della Cultura dal 2009. Questa decisione arriva in un momento delicato per il settore, a pochi giorni dalla rinuncia della presidente di Cinecittà, Chiara Sbarigia, segnando un cambiamento significativo ai vertici delle istituzioni che guidano il panorama cinematografico nazionale. La vicenda si inserisce in un contesto già complesso, dove si intrecciano questioni di governance, incentivi fiscali e delicate indagini giudiziarie. Nicola Borrelli era una figura di rilievo nel settore cinematografico e televisivo, noto soprattutto per la sua gestione delle politiche legate ai tax credit, gli incentivi fiscali offerti dallo Stato per favorire la produzione di film in Italia. Il tema degli sgravi fiscali è spesso oggetto di dibattito: da un lato, c’è chi li considera fondamentali per sostenere la vitalità dell’industria cinematografica nazionale; dall’altro, vi sono critiche che vedono in questo sistema una possibile dispersione di risorse pubbliche a favore di produzioni che potrebbero non rispondere a criteri di reale qualità o utilità economica. Nonostante alcune criticità emerse nel corso degli anni, i tax credit hanno comunque contribuito a rafforzare sia il cinema che l’economia italiana.

La decisione di Borrelli di lasciare la sua carica è arrivata poco dopo che è emerso che un tax credit era stato concesso a un film prodotto da Francis Kaufmann, soggetto attualmente indagato per il caso dell’omicidio della bambina che sostiene essere sua figlia e per l’occultamento del cadavere della compagna Anastasia Trofimova nel parco di Villa Pamphili, a Roma. Secondo quanto riportato dal quotidiano Open, Kaufmann avrebbe ottenuto un incentivo di circa 836mila euro grazie a documenti falsificati, identità fittizie e per un progetto cinematografico la cui produzione non sarebbe ancora stata avviata con certezza. Su questo episodio la procura ha aperto un’indagine, che ha portato la scorsa settimana al sequestro di documenti negli uffici della Direzione Generale Cinema, un’operazione a cui ha assistito anche il ministro della Cultura, Alessandro Giuli. Quest’ultimo, intervenendo in Senato, ha assicurato che non sarà più permesso a film “fantasma” di usufruire di fondi pubblici.
