Pietro Orlandi, ospite a Torino del Crime Festival del Circolo dei lettori di via Bogino, torna a parlare di Emanuela Orlandi, sua sorella, scomparsa ormai quarant’anni fa e su cui, soprattutto negli ultimi vent’anni, l’attenzione mediatica è stata affiancata e spesso alimentata dai sit-in e dalle attività organizzate proprio dal fratello. L’inchiesta sul caso Orlandi aperta dal Vaticano pochi giorni dopo la morte di Benedetto XVI e il documentario Netflix Vatican girl sembrano aver ridato nuova linfa all’ipotesi di un coinvolgimento della Chiesa nel caso di sparizione della quindicenne il 22 giugno del 1983.
Le parole di Papa Francesco a Pietro Orlandi – “Tua sorella è in cielo” – sembravano, agli occhi di alcuni lettori fortemente interessati alla vicenda, aver chiarito almeno un punto: Emanuela è morte e la Santa Sede lo sa. Pietro Orlandi la pensa diversamente: “Non ci sono prove che mia sorella sia morta e fino a quando queste non emergeranno, io continuerò a credere che sia in vita”. Pietro ha raccontato anche dei suoi tanti incontri con falsi testimoni e persone che si sono tirate indietro: “In questi quarant’anni ho incontrato molte persone. Alcuni mitomani; altri volevano veicolare informazioni non veritiere; altri ancora dicevano di conoscere la verità e poi sono scomparsi, non si sono più fatti vivi o non si sono più fatti trovare. Bene, in tutto questo tempo ho imparato molte cose, prima di tutto a riconoscere chi da questo dramma cerca di approfittarne e di diffondere notizie false”.
In occasione dell’evento di cui era ospite, Pietro Orlandi ha criticato aspramente l’attività di indagine del Vaticano, definendo l’inchiesta alla quale inizialmente aveva dato fiducia “una farsa”. Orlandi sostiene inoltre che “al di là delle responsabilità, è evidente che sia dentro che fuori, c’è chi conosce la verità. E quando mi riferisco al fuori, non intendo ambienti criminali, ma omologhi a coloro che stanno all’interno del sagrato di San Pietro”.
Le ipotesi sostenute da Pietro Orlandi, anche grazie al lavoro di alcuni giornalisti come Andrea Purgatori, sono state recentemente criticate da altre firme interessate alla vicenda, tra cui quella di Pino Nicotri, uscito di recente con un nuovo volume di oltre quattrocento pagine sulle false piste costruite intorno alla sparizione della ragazza. Orlandi ha criticato le posizioni di Nicotri definendo “sparate”: “Dovrebbe vergognarsi”.
“Un giornalista che ormai è al suo quinto libro su Emanuela pieno di falsità e insinuazioni sulla famiglia e su Emanuela”, ha insistito Orlandi in risposta a un commento di Nicotri che si è detto scettico per l’istituzione della commissione parlamentare sul caso Orlandi: “Non servirà a un caz*o anche perché per ‘orientarsi’ hanno consultato giornalisti che di palle sul caso Orlandi ne hanno sparate di enormi. Per giunta sulla bicamerale comanderà Pietro, se interrogano persone a lui sgradite e se non accuseranno il Vaticano lui strepiterà a rotta di collo, seguito dal gregge di pecoroni decerebrati suoi fan”.
Nel frattempo anche Dagospia ha di recente pubblicato i risultati di uno studio condotto da esperti contro l’ipotesi del coinvolgimento Vaticano: “Prendete come centro la Basilica di San Pietro, tracciatevi intorno una circonferenza di un chilometro e mezzo: tra maggio e giugno del 1983, da dentro quel perimetro, sono scomparse sedici ragazze, tra le quali Emanuela Orlandi, con un'età tra i quattordici ed i diciotto anni. […] Se appena appena si allarga il cerchio, ma neanche più di tanto, e vi si aggiungono due o tre quartieri limitrofi, dal 1982 al 1983, lo studio accerta che nell'area geografica presa in considerazione i casi identificati salgono a 34, tutte ragazze con una età media di 15,7 anni. Nessuna è mai stata ritrovata”.