I segnali c’erano tutti, ben prima che diventasse il broadcaster esclusivo del campionato italiano. Era agosto di cinque anni fa: i primi esposti di AgCom, associazione dei consumatori (Codacons) e Lega Calcio sui disservizi per la messa in onda delle partite di Serie A da parte di Dazn. Ci fu un diluvio di sfottò sui social dopo il difficoltoso esordio in Lazio-Napoli. In quella stagione l’applicazione dello sport in streaming aveva tre partite del torneo italiano, pagando una quota a Sky, che era ancora titolare del contratto di esclusiva (dieci partite) con la Lega Calcio. Quella rotella che gira a vuoto cominciava a essere una presenza quasi fissa nei weekend dei calciofili italiani. Scriveva il Codacons che le segnalazioni riguardavano in particolare “le interruzioni continue ed improvvise, i ritardi nella connessione, la mancata disponibilità dell’app per alcuni dispositivi e il ritardo nella trasmissione in tempo reale della partita dovuto allo streaming rallentato”. Cosa è cambiato da allora, in quasi cinque anni di servizi e partite che saltano, interamente o in parte? Poco o nulla, se non promesse, promesse e qualche rimborso. Dazn considerò positivo l’avvio con Lazio-Napoli. Problemi ritenuti risolvibili, intoppi fisiologici in una logica di crescita della qualità del servizio. Soprattutto, avendo a disposizione risorse per ingolosire i presidenti di Serie A, inducendoli a chiudere con Sky, dopo 18 anni di collaborazione ininterrotta. Per il mercato italiano, poi, c’era una prospettiva interessante con la potenziale crescita degli utenti banda ultra-larga. Un impatto innovativo su un territorio segnato da un diffuso digital divide. La situazione non è affatto migliorata nelle due stagioni successive. La rotella girava a vuoto. Gli utenti sul piede di guerra. I soldi freschi di Dazn però a un certo punto hanno fatto assai gola. La Serie A era già in bolletta prima dell’avvento della pandemia. Poi ci sono state perdite superiori al miliardo di euro, tra mancati incassi da botteghino, investimenti ridotti degli sponsor. Ecco come l’app olandese è riuscita a dissipare i legittimi dubbi sulla qualità del suo servizio: ha garantito ai club di Serie A 840 milioni di euro annui, contratto triennale, dal 2021 al 2024. Una bella torta per i patron della A, da associare e poi dividere ai 70 milioni garantiti da Sky per tre partite trasmesse in co-esclusiva. Una fetta (340 milioni) di quegli 840 milioni pagati da Dazn per il calcio in esclusiva è stata garantita da Tim.
Il colosso delle comunicazioni aveva deciso di impegnarsi quale operatore di telefonia e pay tv di riferimento e partner tecnologico di Dazn: in poche parole, avrebbe messo a disposizione la propria banda per la trasmissione delle partite. Dazn disponibile solo su Tim Vision, partendo dall’assioma secondo cui è il calcio in Italia a spostare il traffico. L’accordo non ha dato i frutti sperati. Il dossier-Dazn è addirittura finito sulla scrivania di Mario Draghi ad agosto 2021. A novembre 2021, i vertici dell’app sono stati convocati al Mise per i continui disservizi. A marzo dello scorso anno il caso Dazn è finito in Parlamento. È cambiato il governo a settembre, non è migliorato il servizio di Dazn. Dall’avvio della stagione in corso Tim ha voluto modificare i termini dell’accordo: niente più esclusiva, l’app di Dazn è finita su Sky. Nel frattempo, ad agosto 2022, si è riproposto il solito copione: quattro partite di A trasmesse a strappi, segnale debole, ancora quella rotellina. E promesse di Dazn di rimborso per gli utenti. Come avvenuto in questi giorni, per Inter-Napoli proibita a tanti abbonati, cui arriverà il rimborso del 25% della quota mensile pagata alla piattaforma olandese. Ora Dazn, nonostante i debiti (gruppo in rosso di oltre due miliardi di euro nel 2022), i disservizi, gli anatemi dei tifosi e le tiepide minacce della Lega di A, punta a bissare il successo e riottenere i diritti del calcio italiano per altri tre anni (oppure cinque anni), a partire dalla stagione 2024/2025. Sarebbero pronti oltre un miliardo di euro annui per blandire i club di A. Ci sono competitor interessati, come Amazon, che trasmette una gara settimanale di Champions League, oppure Warner Bros, che in Italia controlla il canale Discovery. E poi c’è Sky, che potrebbe sfruttare il servizio internet da casa - Sky WiFi - per proporre un pacchetto assieme al calcio.