Dopo le dimissioni del Ceo di Stellantis Carlos Tavares, il dibattito attorno al gruppo italo-francese sta aumentando. Tra bagarre politiche, che vedono la segretaria del Pd, Elly Schlein, incolpare il Governo, mentre la maggioranza cerca di trovare una soluzione, ci sono problemi ben più ampi che riguardano i posti di lavoro degli operai. Operai che stanno già perdendo il loro stipendio: 97 sono quelli licenziati da Trasnova, la società che si occupa della logistica dei piazzali di diversi stabilimenti. Dopo aver sentito le voci autorevoli di Bianca Carretto e di Valerio Berruri, abbiamo chiesto a un simbolo della Ferrari di spiegarci cosa sia succede: abbiamo parlarto in esclusiva con Cesare Fiorio, per venticinque anni uno dei personaggi decisivi nel mondi del rally, direttore sportivo di Ferrari in Formula 1 dal 1989 al 1991, colui che tentò di portare Ayrton Senna nella scuderia. Ci ha raccontato del rapporto con Enzo Ferrari, di Gianni Agnelli, di cosa ne pensi delle mosse di Tavares, il ricordo di Marchionne e di una possibile fusione del gruppo con Renault. Ma c'è un degno erede di Senna? Sembra di sì, e lo ha individuato in Max Verstappen. Poi ci ha dato un parere su Kimi Antonelli, Lewis Hamilton e Charles Leclerc.
Cesare Fiorio, interpretato in Race for Glory da Riccardo Scamarcio: come ha vissuto l’uscita del film? Che esperienza è stata?
L'esperienza è stata senz'altro positiva, perché Scamarcio ha ricordato una grande vittoria che avevamo effettuato contro le Audi, che avevano le quattro ruote motrici e vincevano tutte le gare, erano campioni del mondo. Io dissi che non avevo la tecnologia pronta per rispondere alle quattro ruote motrici, ma che avrei potuto fare una macchina leggera per contrastarli. Abbiamo realizzato la 037, con due ruote motrici. Tutti mi dicevano che non avrei avuto nessuna possibilità di vincere. Invece abbiamo vinto, abbiamo fatto una macchina molto leggera, avevamo piloti molto bravi, un'assistenza perfetta meccanici più bravi degli altri, perché erano molto più allenati a sostituire parti quando c'era necessità.
Lei è stato il fondatore del programma HF, scrivendo la storia dei rally insieme a Lancia e Fiat. Come valuta il ritorno, da molti criticato, di Lancia nei Rally?
I rally ai tempi miei erano gare importanti come la Formula 1, ma poi gli sport prototipi e i rally sono molto decaduti. Il pubblico si è allontanato da questo sport che era popolarissimo ai miei tempi.
In quest'ottica come valuta l'operato della federazione?
La federazione ha preso molte iniziative di protezione del pubblico che ai nostri tempi era molto vicino alle strade dove si correva, adesso sono tenuti un po' più lontani. Il pubblico però non ha apprezzato il non poter andare vicino alle macchine. Anche le assistenze alle macchine noi le facevamo in mezzo alla strada con tutta la gente intorno. Oggi le assistenze sono in parchi chiusi dove bisogna accedere con un pass, per cui il contatto tra il pubblico e i nostri piloti era molto avvicinato, adesso invece è più lontano.
Con Ferrari ha conquistato 25 podi e 9 vittorie tra il 1989 e il 1991 sfiorando il titolo con Alain Prost. Non averlo vinto è forse il “rimpianto” più grande della sua carriera?
Sicuramente ci siamo andati molto vicini, nella gara definitiva del Giappone dove Senna è venuto addosso a Prost. Senna poi l'ha confessato un anno dopo, quando ormai non si poteva più mettere in discussione tutto. Prost era partito in testa e se avesse vinto la gara avremmo vinto il campionato. Sicuramente è un rimpianto importante perché l'idea di portare a casa il campionato dopo tanti anni alla Lancia, che non lo vinceva da tempo, era importantissimo e ci siamo andati molto vicini.
Cosa c'è di diverso tra la Ferrari di oggi e quella degli anni Novanta?
Da un punto di vista tecnico, la macchina ha seguito l'evoluzione che hanno avuto tutte le macchine e pertanto è aumentata la potenza, l'uso del carburante e l'anno prossimo useranno carburanti meno inquinanti. A livello manageriale mi sembra che negli anni Novanta il manager si prendesse grandi responsabilità, mentre oggi magari non è necessariamente un professionista che ha fatto quello tutta la vita. Io quando sono arrivato alla Ferrari erano trent’anni che facevo la direzione sportiva e avevo già vinto tante gare con la Lancia al suo tempo. Alcuno di questi che arrivano oggi si improvvisano responsabili e invece non hanno il background che si aveva prima.
Berruti, in riferimento ai giovani di Formula 1 ci ha detto che forse di Senna non ne nascono più. È stato lei che aveva cercato in ogni modo di portarlo in Ferrari fin dal suo arrivo a Maranello. Ci furono incontri segreti… poi lei se ne andò dicendo “ho preso la Ferrari in serie C e l’ho portata a lottare per il Mondiale”. Oggi c’è un degno erede di Senna?
La trattativa con Senna la tenevamo abbastanza riservata. Anzi, sono andato a casa sua fino a San Paolo in Brasile, sono stato a casa sua a Montecarlo e avevamo messo a punto un sistema per cui sarebbe potuto venire da noi l'anno successivo. Poi invece la cosa mi è stata impedita e io a quel punto ho lasciato la Ferrari. Non avere Senna in squadra poteva anche andare bene, ma averlo contro era veramente un grosso problema. Non era soltanto avere in squadra il più forte pilota ma era non averlo contro.
Ma chi è che glielo impedì?
Enzo Ferrari era deceduto e la Fiat aveva messo lì un suo dirigente a fare il presidente della Ferrari e questo suo presidente mi impedì di portare a termine questa operazione.
Chi era?
Fusaro.
Ma è vero che non nascono più piloti forti come Senna?
Di piloti che hanno l'opportunità di fare buone gare ci sono ancora e Verstappen è sicuramente un pilota con la stessa caratura che aveva Senna a suo tempo. Però, come allora, anche oggi non ne nascono ogni momento.
C'è il giovane Kimi Antonelli. Cosa ne pensa di lui?
Antonelli ha ancora tutto da dimostrare. Io spero molto in lui perché è italiano, è bravo, però portare a termine le sue battaglie importanti non l'abbiamo ancora visto fare.
E invece Lewis Hamilton e Charles Leclerc?
Hamilton probabilmente non porterà una maggiore velocità della macchina di quello che ha sostituito, però in compenso lui ha militato nelle grandi squadre che hanno vinto i mondiali, ha preso la cultura di queste squadre e sicuramente la trasmetterà alla Ferrari così pure come le strategie di gara che sono una sua specialità. Lui interviene direttamente, ha una visione della gara che difficilmente viene interpretata dal box. Lui da dentro la macchina ha sempre avuto delle intuizioni e delle mosse vincenti. Leclerc sta andando molto bene per cui è tutto da dimostrare che non possa fare quello che deve fare. Certamente la Ferrari avrà due punte e questo è un vantaggio. Ho sempre detto “non voglio avere un pilota molto bravo e uno che mi porta a casa la macchina, voglio avere due piloti che siano in grado di vincere il Gran Premio”. Ecco, la Ferrari con questa mossa ha due piloti che possono aspirare a vincere il Gran Premio.
Lei ha nominato Enzo Ferrari. Rispetto a John Elkann cosa aveva di diverso?
Ho lavorato una volta sola con Enzo Ferrari. Ero alla Lancia e un bel giorno il direttore generale della Lancia ricevette una telefonata da Enzo Ferrari che gli disse: “Per questa gara mi puoi imprestare Fiorio a dirigere la squadra?”. Lui disse che doveva sentire l'interessato e io gli ho detto subito sì, e quella gara lì l'abbiamo vinta. Comunque, rispetto a John ha quarant’anni di competizioni sulle spalle che evidentemente John Elkann non ha ancora.
Ha visto i problemi di Stellantis?
Bisogna vedere a partenza di Tavares che cosa significherà per la società Stellantis. Io non credo che Tavares avesse un'influenza particolare sull'andamento dei Ferrari. È giusto che ognuno si prenda le sue responsabilità. Alla fine, dopo un paio d'anni, risponderà di quello che ha fatto, un po' come succedeva ai tempi miei.
Tavares guadagnava mille volte in più rispetto alla paga di un operaio. Ai suoi tempi Gianni Agnelli come si sarebbe comportato?
Le cifre sui guadagni di Tavares erano assolutamente fuori regola rispetto all'andamento della fabbrica. Io non so fino a che punto avrei preso volentieri delle disposizioni da uno che guadagnava mille volte più di me. Credo che ci sia stato un contrasto tra la gente che lavorava e lui che incassava solo i soldi. Evidentemente era molto bravo a fare le cose bene, però il suo stipendio era assolutamente fuori da ogni interesse dei suoi dipendenti. Gianni Agnelli non credo che avrebbe mai consentito una cosa simile, ma non posso interpretare le idee di Gianni Agnelli adesso. Ma le posso raccontare un aneddoto?
Certo.
Le voglio raccontare che cosa successe quando mi chiamarono per dirigere la Ferrari. Ero in Portogallo, era sabato pomeriggio, e seguivo le nostre gare, eravamo in testa al campionato del mondo. Ho ricevuto una telefonata in cui mi si diceva di rientrare immediatamente perché c'era Romiti, l’allora Ceo, che mi doveva parlare immediatamente. Una domenica mattina sono arrivato a Milano, dove mi sono incontrato con Romiti. A quel punto mi ha detto che aveva bisogno di me alla Ferrari e che se avessi accettato sarei dovuto andare subito, il giorno stesso. Io ero talmente soddisfatto che non ho mai discusso e non ho mai neanche parlato di stipendi o cose simile. A me andava benissimo fare quel lavoro lì ed era un’emozione così grande, che non ho assolutamente neanche avvicinato al discorso di quanto avrei guadagnato, anche se poteva essere più alto, ma non mi importava.
A proposito dell'aneddoto che mi ha raccontato, lei è sempre stato definito un orgoglio italiano. Si può dire ancora lo stesso di Ferrari?
Ferrari sicuramente è e rimarrà per sempre un orgoglio italiano perché la Ferrari anche quando non vince è sempre tra i primi. Però bisogna che si sbrighino e non poco a trovare la via per portare le macchine davanti.
Cosa pensa della possibile fusione di Stellantis con Renault?
Renault è stata una mia grande avversaria ai tempi rally, per cui l'ho sempre considerata tale, anche oggi. Adesso se devono fare un'operazione insieme a Renault non lo so, però qualora si tutto dipenderebbe da chi viene messo a dirigere la squadra corse, quali condizionamenti può avere da una parte e dall'altra. Adesso ci manca solo che ci sia un ulteriore intervento su chi fa queste cose che evidentemente non è portato a raggiungere dei grandi risultati, ma si deve ascoltare tutto quello che viene detto.
Tavares è stato paragonato a Marchionne, eppure Sergio non avrebbe mai voluto cedere una parte della Fiat ai francesi. Da lì c’è stato il vero cambiamento?
Marchionne ha preso la Fiat nel momento in cui era sull’orlo del fallimento e l’ha riportata al livello che gli competeva. Per cui il grande cambiamento del gruppo Stellantis è stato quello di entrare in questa soluzione. D’altra parte, il gruppo Stellantis produce vetture di serie, e ormai se non raggiungi una certa dimensione nella produzione delle macchine, ci si trova in difficoltà rispetto a quello che possono fare altri gruppi.
Cosa pensa della svolta green voluta dall’Europa, e quindi del voler puntare la produzione sull'elettrico?
L'elettrico non è apprezzato da tutti allo stesso modo, ma stanno cercando in tutti i modi di imporla. Sicuramente non è la strada più gradita dei clienti. La svolta verso l'elettrico è stata eccessiva, perché c'erano anche svolte su carburanti sintetici molto meno inquinanti e per tanto avrebbero potuto percorrere anche altre strade.