Continua il periodo no, giusto per usare un eufemismo, di John Elkann. Dopo il maxi sequestro da quasi 75 milioni di euro legato alla causa in corso per l’eredità dei nonni Gianni Agnelli e Marella Caracciolo (sequestro che ha colpito tutti gli indagati), dopo l’inizio disastroso per Stellantis in questo 2024 e le voci di un possibile cambio dirigente, con Carlos Tavares che potrebbe essere accompagnato alla porta, a rovinare il già difficile momento di Jaky, come viene chiamato da amici e familiari, adesso sono anche i giornalisti del quotidiano la Repubblica, di cui lo stesso Elkann è editore, che con una nota ufficiale hanno indetto uno sciopero di due giorni, “per protestare – come si legge nella dichiarazione – contro le gravi ingerenze nell’attività giornalistica da parte dell’editore, delle aziende a lui riconducibili e di altri soggetti privati avvenuti in occasione dell'evento Italian Tech Week. Da tempo denunciamo i tentativi di piegare colleghe e colleghi a pratiche lontane da una corretta deontologia e dall'osservanza del contratto nazionale [...] nei mesi scorsi è già stata votata una sfiducia all’attuale direttore (Maurizio Molinari, ndr). Ma ci rivolgiamo anche all’editore - e non padrone - di Repubblica John Elkann affinché abbia profondo rispetto della nostra dignità di professionisti e del valore del nostro giornale, testata con una propria storia e identità che non può essere calpestata”. A queste parole ha fatto eco la solidarietà del Comitato di redazione di Gedi Visual, anch’esso parte del Gruppo Exor di Elkann. Ma non è mica finita qui...
In un articolo sul giornale Domani, infatti, il giornalista Vittorio Malagutti ha voluto elencare tutte le (grandi) grane che stanno colpendo John Elkann in questo ultimo periodo. Per il nipote dell’Avvocato, che sembra assomigliare sempre di più a un soldato rimasto solo in guerra, non è aperto solamente il fronte dell’editoria, ma ci sono anche altre zone di battaglia di cui deve preoccuparsi. Oltre allo sciopero dei giornalisti, per esempio, per quanto riguarda Stellantis, “i sindacati hanno deciso di andare allo scontro frontale con la proprietà, proclamando per il prossimo 18 ottobre lo sciopero di tutti i lavoratori [...] e dell’intero settore automotive con manifestazione nazionale a Roma. Non succedeva da quarant’anni che i dipendenti scendessero in piazza tutti insieme per protestare. E giù questo fatto – sottolinea Malagutti – la dice lunga sulla gravità di una situazione che è confermata dai numeri. In base alle stime più recenti, quest’anno dalle fabbriche italiane del gruppo guidato da Tavares dovrebbero uscire circa 300mila auto, un numero lontanissimo dalle 521mila prodotte nel 2023”, alla faccia del milione di veicoli promessi al governo, e a proposito di quest’ultimo... Continuano anche i battibecchi con il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso, che di recente ha tolto a Stellantis i soldi (pubblici) del Pnrr per la famigerata, e ancora inesistente, Gigafactory di Termoli, e direttamente anche con la premier Giorgia Meloni. Inoltre, Jaky deve continuare anche a badare alla lunga causa per l’eredità dei nonni, a cui si legano vari filoni: il rapporto incrinato con la madre Margherita, la dubbia residenza della Caracciolo nei suoi ultimi anni, questione per cui i fratelli Elkann sono stati accusati di furto ai danni dello Stato e frode fiscale, e un’attenzione morbosa da parte del fisco e dei pm che adesso vogliono fare luce sulle presunte proprietà offshore.