I figli, come i diamanti, sono per sempre. Come le pietre preziose, brillano di luce propria e aumentano il loro valore con il tempo che passa. Chiunque possieda un brillante lo custodisce, lo cura, lo indossa ed esibisce in tutta la sua bellezza. Evita che venga sottratto, rubato o perduto, conscio del suo valore economico e, spesso, affettivo. Così fanno anche tutte le madri che partoriscono un figlio: alla sua nascita lo vedono brillare, sognano per lui una vita speciale, si ripromettono di educarlo al meglio, di svilupparne le potenzialità, di renderlo indipendente e di farne emergere la personalità. Si adoperano per accudirlo, per analizzare i suoi bisogni e per evitargli delusioni e dolori. Essere genitori è uno dei mestieri più difficili al mondo. È un’arte complessa che non si può imparare sui libri: si comprende solo vivendo. È un ruolo che si assume all’improvviso, alla nascita di un figlio. È un’esperienza assolutamente nuova, per nulla automatica, che mette a dura prova qualunque madre o padre nel corso degli anni. Il carattere di ogni individuo è impresso nel Dna e si stabilizza entro i tre anni di età. Ogni genitore ha il compito di educarlo, modularlo o ammorbidirlo, ma non di cambiarlo. Anzi: quando si cerca di reprimere la natura di un bambino, spesso si ottiene l’effetto opposto. Ogni bambino ha bisogno di crescere accompagnato dai suoi genitori, per imparare a vivere, a comportarsi e a relazionarsi. L’esempio genitoriale è fondamentale per lo sviluppo, non solo fisico ma anche psicologico. È un imprinting che resterà fissato per il resto della vita. Nel giorno della festa della mamma nasce una riflessione amara. Pensando a quegli adolescenti finiti nelle cronache nere degli ultimi anni — ragazzi che si sono macchiati di reati terribili contro ragazze: bullismo, violenza, stupri, femminicidi — mi domando che madri abbiano avuto. Che tipo di affetto abbiano ricevuto crescendo. Come siano stati seguiti, educati, e in quale contesto familiare e sociale siano vissuti. Educare un figlio significa essere consapevoli delle proprie azioni, nel bene e nel male. Ogni comportamento del genitore, unito al temperamento del figlio, influenzerà in modo decisivo la sua personalità e i suoi comportamenti futuri.

Insegnare a rimediare a un errore, a chiedere scusa, impartire una sgridata o una punizione meritata: sono tutte esperienze fondamentali. Vanno a costruire quella memoria inconscia che guiderà il bambino da adulto. Le madri di figli maschi, spesso, tendono a plasmarli. Li vogliono vincenti, dominanti. Li confortano evitando loro il sapore della sconfitta. Non insegnano a gestire un conflitto, una perdita. Minimizzano i fallimenti relazionali con gli amici. Li esortano a cercare soddisfazioni nella sfera privata e pubblica per ricavarne un motivo d’orgoglio. Ma educare un figlio vuol dire resistere alla tentazione di farlo crescere come desidera il genitore. L’esempio dei genitori è la bussola che aiuterà il bambino ad affrontare le insidie e le meraviglie del mondo. Il rispetto degli altri si insegna in famiglia. È una dottrina che rimane impressa nella mente e nei comportamenti. Significa fornire strumenti per affrontare i conflitti della vita relazionale, senza ricorrere a gesti estremi o irrazionali. Significa trasmettere il valore delle cose, della vita altrui, dei sentimenti. Perché sono i sentimenti il vero motore della vita. Ogni bambino ha bisogno di approvazione e lodi, ma anche di regole, limiti, divieti. Senza regole si cresce allo stato brado, convinti di poter fare tutto ciò che si vuole. Quando la vita presenterà delle difficoltà, ci si troverà impreparati, incapaci di scegliere, di superare gli ostacoli.

Quando i genitori sono sereni, lo sono anche i figli. È un condizionamento emotivo, non verbale. Evita reazioni sbagliate. Ma quando i genitori sono conflittuali, si insultano o si mancano di rispetto, i figli assorbono quel comportamento e lo imitano. Anche se non capiscono il motivo della lite, apprendono che a un comportamento può seguire una conseguenza. Se però il comportamento è violento, il danno è devastante: si perdono i punti di riferimento, si spezza il rispetto. Anche le punizioni devono essere calibrate. Adatte all’età del bambino. Sempre preferibile una punizione educativa rispetto a una punitiva, che non viene compresa, anzi umilia e genera rabbia. Care mamme, nel giorno della vostra festa, un messaggio: L’educazione dei figli richiede dedizione, pazienza, tempo. E soprattutto sensibilità e intelligenza. Non dobbiamo solo preoccuparci per loro, come spesso facciamo istintivamente. Dobbiamo occuparci di loro. Ogni nostro gesto, ogni comportamento — di madri o padri — è educativo e sarà imitato. Solo se pieno d’amore, quell’amore incondizionato che indirizzerà le scelte dei nostri figli. Oggi i social media sono il punto di riferimento di tutti i ragazzi del mondo. Ma se non insegniamo loro a distinguere il bene dal male, a riconoscere ciò che è deprecabile o superfluo, se non spieghiamo il senso della responsabilità personale, rischiamo di lasciarli in balìa delle “stories” sui loro telefoni. Spesso negative e, soprattutto, diseducative. “Mamma” è la prima parola pronunciata da ogni bambino. Ma è anche l’ultima invocata, più o meno inconsciamente, in punto di morte da pazienti di ogni età. A dimostrazione che quel cordone ombelicale non si recide mai davvero: resta nella coscienza dell’anima. Quel legame, solidissimo o assente che sia, rimane impresso nella mente e nel cuore di tutti noi. A dispetto di ogni evento della vita.

