“Il termine ‘giovane’ è usato come una categoria monolitica, come se i giovani fossero un unico blocco. Mi viene in mente quando gli anziani ti dicono: vai tranquillo, che tanto sei giovane. Come se avessi tanto tempo davanti per uscire e rientrare sulla strada giusta. Però quello che stanno vivendo oggi i giovani è incomprensibile per i più grandi. I giovani sono molto incerti sul proprio futuro e lo capiscono molto presto”. Ghali parla così a Vanity Fair. Una lunga intervista legata all’uscita del suo nuovo singolo Niente Panico. Ghali è cambiato, negli ultimi tempi, è evidente, ha assunto legittimamente il ruolo di mente pensante e più che legittimamente, direi piuttosto responsabilmente, prova a calibrare sempre le parole per veicolare messaggi che siano chiari in un’epoca vaporizzata come questa. È probabilmente il solo a esporsi politicamente, le sue posizioni sul genocidio in corso a Gaza sono passate anche dal palco di Sanremo, in effetti in compagnia di quelle di Dargen D’Amico, e non c’è sua uscita che in qualche modo non richiami a quella situazione, fatto che vede il silenzio imbarazzante dei tanti artisti “anziani” che invece da tempo hanno optato per il silenzio. Partiamo però dall’incipit di questa intervista. Nel 2023 ho tenuto un TedX al Castello della Rancia di Tolentino, in realtà all’interno del TedX Macerata. Il titolo del mio speech era “La gioventù è una fake news”. Nei fatti parlavo di tutt’altro, raccontando proprio dell’invenzione del concetto di gioventù nella storia del Novecento, non credo di poter più essere portavoce dei giovani, nonostante un giorno Stefano Benni, oggi settantasettenne e ai tempi cinquantenne, mi disse che sarei sempre stato un giovane scrittore finché fosse stato in vita lui, prototipo del “giovane scrittore”. Quello che mi colpisce delle frasi su riportate di Ghali, che in fondo dice una cosa ovvia e quindi giusta, considerare i giovani come un unico blocco è sbagliato tanto quanto parlare di un gruppo etnico, di uomini e donne o di qualsiasi insieme grossolano, così come è sbagliato fare incoraggiamenti un tot al chilo, basati sul semplice incedere del tempo, è però la seconda parte della prima frase a colpirmi, anche quella in realtà più che condivisibile come concetto, ma che parte da un altrettanto grossolano errore logico. Non è possibile stigmatizzare chi identifica i giovani come un tutto compatto andando a parlare subito dopo di anziani, genericamente, usando esattamente la medesima metodologia. Non esistono i giovani come un unico blocco, è vero, ma non esistono neanche gli anziani come un unico blocco, è evidente. E del resto in tutta l’intervista, va sottolineato imboccato da due intervistatori che evidentemente hanno poi deciso di montare ad minchiam l’intervista o non hanno ben chiara l’incoerenza che hanno messo in campo, Ghali parla genericamente di giovani, si tratti di rapper o più in generale di giovani e basta.
Chiarito questo, va detto che la faccenda del “tanto hai tutta la vita davanti”, che è un po’ un rovesciamento del motto di Lorenzo il Magnifico “del doman non c’è certezza”, quella della Canzone di Bacco, e stiamo parlando del XV secolo, non esattamente roba recente, è sacrosanta. Faceva incazzare noi, che oggi abbiamo sopra cinquant’anni, quando eravamo giovani, e il grunge, i Nirvana e la loro disperazione, mica è lì per caso, e fa incazzare, forse un po’ meno esplicitamente, chi è giovane oggi, a cui il futuro appare ancora più incerto che a Lorenzo il Magnifico alla fine del 1400 e non trova altro modo che vivere questa condizione che perdendo semplicemente fiducia nel futuro, in qualsiasi idea di futuro. È questo, in fondo, il vero assente nelle prospettive di chi oggi si trova ad affrontare anche una vaga idea di vita davanti, il futuro. Pensare a trovare un lavoro, comprare una casa, mettere su famiglia, sembra tutto impossibile, colpito alla figura dai colpi pesanti delle guerre, delle incertezze, della crisi economica, dei cambiamenti climatici, toh, anche delle pandemie. Discorsi, con altre sfumature, che facevamo anche noi negli anni Novanta, imputando alla generazione figlia del Boom Economico, di questo parlo a grandi linee nel mio TedX, le cause e quindi le colpe di quel disagio, per loro, dicevamo, il futuro era visibile anche a occhio nudo, sopra le macerie residue della Seconda Guerra Mondiale, noi eravamo nati con le macchine a targhe alterne e gli anni di piombo, toh, anche con quello che Diego Fusaro oggi chiama toccando vette di ridicolaggine senza fine “turbocapitalismo” che era andato a prendere militarmente il posto del vuoto lasciato dalla caduta delle dittature dell’area ex sovietica, sarà mica un caso che quello che forse è il più grande pensatore della mia generazione, Mark Fischer, come il più grande autore letterario della mia generazione, David Foster Wallace, si siano uccisi. Discorsi che i nostri genitori, quelli nati appunto a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, non potevano certo fare a loro volta, non perché il futuro non fosse incerto anche per loro, Dio santo, erano stati bambini sotto le bombe, o per dirla con Gino Paoli, guardando i cadaveri affastellati in strada, leggi alla voce “esistenzialismo”, il punto è che loro giovani non erano proprio stati, nessuno aveva previsto lo potessero essere, i giovani se li sarebbero inventati in maniera più precisa subito dopo di loro, con Elvis, il rock’n’roll, i blue jeans e via discorrendo.
Anche la musica che gira oggi sembra senza futuro. Lo sembra a me, che sono nato nell’anno di Woodstock, ma credo non sia tanto una sensazione, quanto piuttosto un dato di fatto, ne parlava recentemente anche Claudio Baglioni, che invece è nato nel 1951, proprio su quelle macerie. Non viene pubblicata pensando al futuro, a volte neanche al futuro prossimo, condannando la discografia a continuare a campare su cataloghi infarciti di Beatles e Pink Floyd, ma a streaming appoggiati sul carpe diem. Colpa di noi anziani, che non riusciamo a capire, e di chi era anziano prima di noi. Non è però certo di musica che parla Ghali, e fa bene, è ben altro il futuro che manca allo sguardo. Chi lo ha intervistato avrebbe dovuto fare più attenzione a come raccontarcelo, a mio parere, perché così sembra quasi che sia uno che parla tanto per, invece nell’intervista dice cose assai interessanti, come nella canzone Niente Panico. La polemicuccia sull’ipotetico “plagio” (a Dario Pruonto) per la frase “Se non lascio futuro sono passato per niente” è pretestuosa, nel senso che una frase su un testo rap non è certo un plagio, anche se posta in esergo, le famose otto battute qui non sono neanche due, e soprattutto il rap è genere che fa della citazione la propria cifra sin dalla sua nascita, ci mancherebbe pure che ogni fonte citata venisse contatta per tempo. Per non dire di chi poi prova a spostare l’attenzione sul plagio invece che sul tema trattato e sulle sue prese di posizione, sacrosante. Niente panico, per dirla con parole sue, poi si cresce e si diventa comunque anziani, con un lavoro, una famiglia e una casa, pronti a non capire chi arriverà dopo di noi. Niente panico. E comunque, Dio Santo, stop al genocidio!